Luganese

Il poliziotto condannato ricorre in appello

Impugna la sentenza l'agente della polcomunale di Lugano che si è visto infliggere 9 mesi sospesi per abuso di autorità. Prosegue l'inchiesta amministrativa

((foto Ti-Press))
23 febbraio 2018
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«Ricorriamo». Telegrafico, quanto chiaro, l'avvocato Marco Bertoli, legale dell’agente di polizia comunale di Lugano in servizio da 14 anni condannato per abuso di autorità giovedì davanti alla Corte delle Assise correzionali di Lugano, dichiara a laRegione di aver deciso di impugnare la sentenza davanti alla Corte di Appello. Non è dunque scritto il punto finale sulla vicenda del poliziotto, 33 anni, che nel maggio 2016 ha fermato all'alba un giovane ubriaco e, dopo che questi era stato ammanettato, lo ha preso a calci e colpi al volto - come documentano le immagini della videosorveglianza messe agli atti dell’inchiesta penale, condotta dal procuratore generale, John Noseda.
Intanto, sul caso - dichiara da noi interpellato, il capo dicastero polizia della città di Lugano, Michele Bertini - «al momento dei fatti, è stata immediatamente aperta un’inchiesta amministrativa». Ora l’iter quali passi prevede? «Subito dopo la vicenda, l’agente, dalla strada è stato trasferito in seno all'amministrazione. Solo una volta che la sentenza sarà cresciuta in giudicato potremo determinarci, e, se la condanna sarà confermata, l’agente avrà diritto di essere sentito dall'ufficio del personale. Poi, spetterà a quel punto al Municipio prendere eventuali sanzioni, incluso il licenziamento».
La procedura è identica per tutti i dipendenti della città di Lugano. Il processo svoltosi giovedì in tribunale ha messo in luce quanto - a giudizio della Corte, presieduta dal giudice Mauro Ermani - l’agente della polizia comunale cittadina abbia oltrepassato il principio di proporzionalità. Osserva il capo dicastero polizia, Michele Bertini: «Per essere esigenti con i cittadini bisogna innanzitutto essere esigenti con se stessi. Sempre. E questo vale soprattutto per chi rappresenta le istituzioni, per chi fa politica e per chi ha scelto una professione come quella dell’agente di polizia o quella di funzionario pubblico. Il fatto di compiere una professione a rischio non può giustificare comportamenti sproporzionati».
Dopo l’annunciato ricorso in Appello della difesa, della vicenda si tornerà dunque a parlare.

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