Luganese

Venti intensi anni di Temus Club

Lo storico locale di Serocca d'Agno, punto di riferimento della movida ticinese, taglia l'invidiato traguardo. Bilancio all'insegna della nostalgia.

Ti-Press
22 febbraio 2018
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Colori sgargianti, luci ammalianti, grafica accattivante. È metà pomeriggio, ma al Temus Club di Serocca d’Agno è buio pesto, finché il banner preparato appositamente per festeggiare i vent’anni di uno dei locali più famosi del Ticino non prende vita, illuminando la chiacchierata con il direttore Mirko Jemini (38 anni).

Vent’anni per un locale pubblico nella movida ticinese sono un’infinità. Qual è il segreto del Temus? Ha saputo evolversi e adattarsi al mercato, mantenendo la sua personalità e i propri punti di forza. In particolare, il nostro più grande successo è stato farlo diventare locale notturno (tre anni fa, ndr) conservando la formula che ci ha fatto conoscere e amare dal pubblico.

Tra i punti di forza c’è anche la serata karaoke del lunedì... Quella è intoccabile! Esiste dall’inizio e fa parte dei pilastri della nostra offerta. Abbiamo mantenuto anche la musica live, siamo gli unici in Ticino oltre al Woodstock di Bellinzona a proporla. In generale, da quando ho preso la gestione (nel 2008, ndr) ho cercato di portare avanti le serate storiche. Alcune però sono scomparse, o quasi, come il cabaret del giovedì: morto a causa di Zelig e Colorado.

Quant’è importante il fattore identitario per un locale? È centrale, dà credibilità. L’identità viene plasmata non solo da chi lo frequenta ma anche da chi lo gestisce: non potrei fare questo lavoro, se non mi divertissi. È un plusvalore e in generale prestiamo molta attenzione alla qualità. Non essendo in centro, dobbiamo dare quel qualcosa di più: ospiti, marketing.

Cosa puoi dire quindi che ci sia di tuo nell’identità del Temus? Il legame è prima di tutto affettivo: è stato uno dei primi locali in cui ho suonato a 18 anni. Nasco come dj, vengo dal mondo delle discoteche (ex direttore artistico del Titanic e dj all’Altromondo Studios di Rimini per esempio, ndr): lo stile scenografico attuale è una conseguenza di questo background. Sono bleniese e il salto dai bar di zona al Temus non è stato evidente.

Siete anche un punto di riferimento per le band emergenti e non... Non c’è gruppo ticinese che non sia passato di qui. Teniamo a loro e spesso gli facciamo fare da opening act. E non sempre è facile abbinare perché sono in aumento le band che fanno punk, trash; il rock classico è meno suonato. 

L’impronta nostalgica è parte importante della vostra offerta. Perché? Sembrerà banale, ma è perché c’è interesse. Le serate a tema anni 80 e 90 sono quelle sulle quali stiamo investendo di più negli ultimi 4-5 anni. Stiamo richiamando tanti artisti di quel periodo, dal rock alla disco, nomi importanti che all’epoca erano all’apice del successo e irraggiungibili. Oggi sono ancora di grande richiamo per il target degli over 30, ma più abbordabili. È stata anche una scelta di riorientamento, perché c’è stato un periodo – tra il 2008 e il 2012 – in cui il Temus è stato frequentato soprattutto da giovanissimi (16-18enni).

Tra i cambiamenti più grandi, la nuova Legge sugli esercizi pubblici, che ha modificato gli orari di apertura. Un primo bilancio? Per noi è un problema, ne soffriamo molto. Abbiamo il permesso di tenere aperto fino alle 6, ma di fatto dalle 4 i locali si svuotano. Per i discobar è una bella cosa, ma noi soffriamo perché mina l’ora più importante: il pre-serata. Per fortuna abbiamo i concerti e gli altri eventi. I locali che ne traggono vantaggio sono pochi.

Volgendo lo sguardo al futuro, ti vedi ancora alla guida del Temus? Sì, mi vedo qui. Mi spiacerebbe chiudesse e se qualcuno mi dovesse sostituire mi piacerebbe che portasse avanti la stessa linea, mantenendo il target di età medio-alto. Manterremo i live e anzi cercheremo di migliorarli, ma non diventeremo solo discoteca: in tal caso, altri vent’anni sarebbero da escludere.

E il ventennale come sarà? È già iniziato (dura tutta la stagione, ndr). Stiamo cercando di portare più ospiti possibili e di riportare i nomi che hanno fatto la nostra storia. In cantiere c’è anche una serata particolare: per le coppie che si sono conosciute qui.

#Memories1: «Perché San Silvestro non poteva essere tutti i giorni?». Intervista al fondatore Daniele Zürcher

Daniele Zürcher, 55 anni da poco compiuti, c’era quel 1° maggio 1998 in cui l’avventura del Temus è iniziata. C’era, perché fu lui a rilevare l’attività precedente e a fare del locale uno dei punti di riferimento della movida ticinese.

Com’è arrivato ad aprire il Temus? Avevo sondato diversi posti, perché cercavo uno spazio per fare quello che avevo in mente, che riassumesse la mia filosofia: perché San Silvestro non potesse essere tutti i giorni? Quando ero giovane io, c’erano i bar, qualcuno magari metteva musica, ma c’era poco. Volevo che si potesse far festa tutte le sere, in forme anche diverse: dj, live, qualsiasi tipo di intrattenimento musicale.

E siete riusciti in questo intento? Secondo me sì. Non proprio tutte le sere chiaramente, sarebbe stata un’impresa titanica (ride, ndr). Però siamo arrivati a riempire il locale in diverse serate diventate appuntamenti fissi per anni: oltre che con gli ospiti musicali, con il karaoke e con il cabaret. Non mi sarei aspettato il successo che abbiamo ottenuto.

Qual è il successo del karaoke? Da noi era diventato quasi uno spettacolo. Abbiamo introdotto, ispirandoci alla Gialappa’s Band, l’idea della voce fuori campo che interagisse coi cantanti amatoriali sul palco. Era diventato divertente anche per gli stonati (ride, ndr). E per un periodo (nei primi anni 2000, ndr) siamo andati anche in onda su Radio Studio Star: quello che succedeva al Temus veniva trasmesso nel cantone.

Perché l’addio, nel 2008? Probabilmente avevo raggiunto una certa età e alcune cose le facevo meno volentieri. Però è stato un passaggio indolore: i miei undici anni sono stati con il supporto di Mirko, in cui ho grande fiducia. Non avrei affittato ad altri, avrei venduto e il locale avrebbe chiuso.

Oggi frequenti ancora il Temus? Senti l’effetto ‘nostalgia’? Sì, vado soprattutto ad alcuni live che mi interessano. Non rimpiango la scelta che ho fatto, ma a volte ho nostalgia delle serate che nascevano. Diverse di queste erano davvero memorabili!

#Memories2: Una «seconda casa», dove c'è anche chi trova... l'amore

Un locale che ha preso vita grazie all’ambiente particolare che vi si respirava e tuttora si percepisce, noto – nonostante la sua longevità – per essere un posto sicuro in cui uscire. L’immagine del Temus non è infatti mai stata legata a episodi di violenza. Anzi. «Grazie all’open-air organizzato dal Temus ho conosciuto mia moglie Paola – ricorda Lello De Tata, storico cliente del ritrovo –, ci siamo conosciuti una sera in estate e adesso siamo sposati da quattro anni e mezzo». Detto ‘Caparezza’ per la somiglianza con il noto cantante italiano, De Tata è stato anche prima cliente e poi presentatore del karaoke. «Ho iniziato ad andarci almeno dieci anni fa, intorno ai 16-17 anni – racconta –, poi dal 2014 l’ho condotto per un anno e mezzo. È un locale che va avanti perché si rinnova sempre, ma allo stesso tempo resta lo stesso degli inizi. E anche lavorarci è un’esperienza unica, ci si fa il mazzo ma ci si diverte anche tantissimo: è un bel team». «Ho sempre considerato il Temus come la mia ‘seconda casa’ – ci dice invece Andy, che lo frequenta dal 2001 –, ho molti ricordi e amicizie che porto nel cuore a cui il Temus ha fatto da cornice». Secondo Andy, tra i punti di forza del club ci sono la varietà della programmazione («ha saputo farmi apprezzare artisti o generi musicali che mai avrei pensato»), lo staff («fa sentire il cliente come in famiglia, a suo agio») e poi un aspetto che non esita a definire «surreale»: «Un giorno puoi essere tu sul palco a cantare durante il karaoke e il giorno dopo, sullo stesso palco con lo stesso light show, ti trovi personaggi come Chris Slade, Ian Paice (Deep Purple) o i Gotthard. Questo non capita certo da tutte le parti!».

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