
Non hanno dovuto cercare troppo lontano gli inquirenti per scovare il consistente bottino racimolato da un ex impiegato della Bsi: aveva rubato dalle cassette di sicurezza dei clienti e, senza spostarsi di molto, aveva riposto il maltolto nella sua di cassetta di sicurezza: mezzo milione di franchi, tra banconote in contanti e oggetti e lingotti in oro. All’appello tuttavia rimane la seconda metà della somma sottratta, un altro mezzo milione di franchi, verosimilmente spesi dall’imputato. Il caso giudiziario approderà in aula oggi, lunedì, davanti alla Corte delle assise criminali. Sul banco degli imputati, un ticinese trentenne, in carcere e in espiazione anticipata della pena dal momento che ha ammesso ogni responsabilità. Il processo avrebbe dovuto svolgersi nel 2014 con rito abbreviato, ma poi l’uomo mentre era in attesa del dibattimento ha compiuto un altro reato – una ripetuta falsità in documenti in ambito locativo –, ciò che ha provocato il suo arresto e l’apertura da parte del procuratore pubblico Andrea Maria Balerna di una nuova inchiesta. Difeso dall’avvocatessa Sara Sabina Schlegel, il trentenne dovrà rispondere davanti ai giudici Marco Villa, Renata Loss Campana e Fabrizio Filippo Monaci di ripetuto furto, consumato e tentato, infrazione alla legge federale sull’assicurazione per la vecchiaia e per i superstiti, falsità in documenti, ripetuta appropriazione indebita e truffa ripetuta. Il trentenne ha agito nel caveau della Bsi indisturbato: quando il cliente lasciava la sala dopo aver contemplato i propri tesori riposti nella sua cassetta di sicurezza, l’impiegato tornava ad aprire la cassetta e vi affondava le mani fino ad impossessarsi del contenuto o di parte di esso, finché non è stato scoperto e denunciato.