Luganese

Da 'O chiacchierone ai milioni di euro 'ripuliti' e messi… al sicuro a Lugano

(Pablo Gianinazzi)
3 aprile 2017
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Le perquisizioni nella sede della Bsi di Lugano partono da una precedente e articolata indagine condotta dal Centro operativo della Divisione investigativa antimafia di Napoli nel giugno 2011, che vide l’esecuzione di numerose ordinanze di custodia cautelare nei confronti, tra gli altri, dei fratelli Potenza nonché del capostipite Mario (già destinatario di un provvedimento ablatorio emesso dal Tribunale di Napoli, sempre nel giugno 2011, che vide il sequestro di beni per un valore di 10 milioni di euro, di cui ben otto milioni in banconote ritrovate nel corso di una perquisizione nella sua abitazione, nascoste fra le intercapedini delle mura domestiche. Tale somma di denaro, di valore molto rilevante, non aveva trovato giustificazione alcuna nei redditi lecitamente percepiti dall’interessato e consistenti in una pensione sociale Inps e in un’altra da invalidità civile).

Con le nuove indagini patrimoniali, è venuto alla luce che una parte consistente delle principali attività di ristorazione del lungomare di via Caracciolo e del quartiere di Chiaia a Napoli costituivano il frutto del reimpiego di capitali illeciti, in parte anche riferibili a Salvatore Lo Russo, al vertice dell’omonimo sodalizio camorristico di Miano e oggi collaboratore di giustizia, nonché della stessa famiglia Potenza, in particolare a Mario (o’ chiacchierone) e Bruno, i quali, esponenti storici fino a tutti gli anni ’90 del contrabbando di sigarette, si sono poi dedicati stabilmente all’usura nel cui ambito reinvestivano gli stessi proventi così accumulati nel corso degli anni.

La ricostruzione offerta da vari collaboratori di giustizia – hanno spiegato gli inquirenti – trovava pieno riscontro nelle attività tecniche di intercettazione, nonché dalle investigazioni all’epoca effettuate. Con l’accoglimento delle proposte di sequestro presentate dal direttore della Dia si chiude il cerchio investigativo nei confronti della famiglia Potenza scoprendo l’esistenza di una diffusa economia criminale mascherata, le cui finalità erano volte al riciclaggio del denaro, proveniente dalle attività illecite e dal flusso dello stesso da “pulire”.
In questa attività di riciclaggio, un ruolo cardine era svolto dalla famiglia Potenza, i cui componenti risultano, attualmente, intestatari sia di quote societarie relative ad attività in campo immobiliare che in quello della ristorazione nella città di Napoli ma anche in quella di Milano. Le attività investigative, confortate anche dalle sentenze di condanna penale definitive, hanno fatto emerge che i Potenza hanno impiegato in attività economiche e immobiliari il denaro proveniente dalle loro intraprese attività illecite, proseguite anche dopo il decesso del capostipite Mario, alias “o chiacchierone”: le indagini societarie e finanziarie hanno, infatti, disvelato un ingente patrimonio accumulato nel corso degli anni - frutto delle attività illecite che hanno portato alla condanna dei fratelli Bruno, Salvatore ed Assunta - che è stato reinvestito in numerosi immobili e locali commerciali ma, anche, in parte “collocato” su rapporti finanziari riconducibili agli stessi ed accesi presso istituti bancari elvetici, fra cui la Bsi di Lugano.