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Pittogrammi, cartine, idee: è il mondo di Pierre Pedroli

La riscoperta di una “chicca” romana datata 1924 per sottolineare gli 80 anni del grafico di Aurigeno che (forse) ha deciso di “rallentare”

Pedroli e il suo cimelio
19 marzo 2024
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Piccoli colpi di testa che arrivano dritti al cuore. Sono la perfetta sintesi di Pierre Pedroli, i pittogrammi che il grafico di Aurigeno ha inventato per caratterizzare le sue cartine. C’è l’altalena, la tavolozza, il miglior punto di vista di notte. Ci sono i grotti e c’è l’apicoltura, emblema di un Ticino attaccato al territorio, alle tradizioni: i circa 300 simboli originali realizzati negli anni, nella loro unicità, rispecchiano la creatività dell’autore. Ma anche il suo essere un po’ strampalato, con la testa sempre piena di idee e di ricordi, e gli occhi che si stupiscono, guizzano alla ricerca di uno spunto, o ridono, per una battuta estemporanea.

Ci ha messo due anni e mezzo, Pedroli, per svuotare l’ufficio in cui ha lavorato per una vita. A 80 anni si può accettare di farlo, anche se il lavoro è la vita, e non soltanto una parte di essa.

Curiosamente, scopo dell’incontro è la riscoperta di un piccolo gioiello culturale, storico e naturalmente grafico riemerso dagli ineffabili archivi di casa: la Super Pianta-Guida monumentale di Roma, ideata esattamente 100 anni fa da tale Gino Peroli (guarda un po’ te il caso), che divenne poi parte della collezione di Achille Bertarelli, il quale proprio nel 1924 donò al Comune di Milano il suo patrimonio di circa 300mila pezzi, oggi custodito al Castello Sforzesco.

Sfogliarla – delicatamente, perché ormai fragile e soprattutto introvabile – significa passeggiare, con Pedroli, nella Storia e a tratti immergersi in apparenti contraddizioni che fanno sorridere. Accanto ad inserti come lo “Svolgimento e storia dell’Anno Santo”, o all’elenco dell’intero Corpo diplomatico di allora presso la Santa Sede – con tanto di guida alle Accademie ecclesiastiche e ai seminari capitolini – troviamo in grossolana evidenza pubblicità d’antan allo Sciroppo Pagliano (“ottimo purgativo”), al Cioccolato Anno Santo, ai Fernet-Branca e ai Cinzano; o, ancora, perle d’altri tempi come “L’insuperabile macchina da scrivere Continental”, “Il vero grammofono ‘La voce del padrone’” e i microscopi Koristka, squillante acuto scientifico in un paludato coro clericale.

Sono cose come queste, che ravvivano Pierre Pedroli, mai domo di scoperta e sempre prodigo di spunti. Fra i più recenti, riguardando a se stesso, la partecipazione in giuria per il concorso del nuovo stemma di Verzasca, unitamente a Stefano Vassere e Veronica Provenzale. Constatiamo che nel bel progetto prescelto l’acqua è blu, mentre nell’origine stessa del nome Verzasca potrebbe celarsi l’opportunità, se non proprio l’obbligo, di legare all’immagine del fiume il suo caratteristico colore verde. «Questa è bella – non si scompone il grafico –, ma per modificarlo temo sia ormai troppo tardi».

Prima, legate al mestiere, c’erano state carriole di cartine realizzate per enti pubblici e istituzioni culturali come il Film Festival e caratterizzate, sempre, da un anticonformismo che è la firma inconfondibile del creativo che c’è in Pierre. Ma anche, nello stesso solco, la moltitudine di loghi che disseminano l’anima del grafico, prima del simbolo di un committente. O chicche artistiche da amanuense come “La pastorale del turismo” – modello del Locarnese e Valli in scala 1:25’000, costituito da 3’500 pezzi di legno, poi donato a Cadogno, per generazioni di alunni delle Elementari di Minusio – o, tratto da pierrepedroli.ch, “Tremila turaccioli”, “un Presepe che ricorda la Natività e l’antica storia del vino”.

Per gente come Pedroli la professione esprime una passione, traduce un sentimento. “Senza emozione – è una delle massime che troviamo annotate nel suo fitto caleppino – non si arriva al sentimento”.

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