Locarnese

Psicoterapeuti ‘indipendenti’ chiesti fino a tre anni

Il medico delegante ci metteva il nome senza essere operativo. Ma la legge è cambiata

Un lettino psichiatrico
(Keystone)
24 marzo 2023
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Un'intera generazione di psicoterapeuti ha svolto il proprio lavoro alle dipendenze di un medico psichiatra. Ciò era in particolare previsto nel caso il paziente intendesse ottenere il rimborso dalla propria assicurazione di base della cassa malati. Era la cosiddetta ‘terapia delegata’: una subordinazione controversa e spesso male accetta dai diretti interessati, terminata in sostanza il primo luglio del 2022 con l'entrata in vigore della nuova normativa. Due anziani coniugi, psicoterapeuti locarnesi, ormai ultraottantenni, con l'appoggio di altrettanti medici psichiatri (uno nel frattempo deceduto, e sostituito dal secondo), per anni interpretarono in modo molto libero le vecchie restrizioni. Operando in un proprio studio - ma intestato al medico - trasmettevano direttamente i conteggi delle prestazioni alla cassa malati, attraverso un servizio della Swisscom, mentre il medico psichiatra forniva la propria ’garanzia‘ senza però rapportarsi direttamente con i pazienti. Risultato: un'accusa di truffa per mestiere e il rischio concreto di finire in carcere, con un pesante risarcimento danni verso gli assicuratori malattia. Oltre un milione e mezzo di franchi la cifra incassata - e ora contestata - da una dozzina di casse malati nel giro di nove anni, fino al 2017 quando la situazione venne scoperta. Anche lo psichiatra "comprensivo" è accusato di truffa. La sentenza verrà comunicata martedì prossimo. Al termine del processo tenutosi a Lugano, l'accusa chiede pene fino a 3 anni, mentre le difese invocano l'assoluzione.

Il ‘transfert’

Ma perché metterci il nome e lasciare ‘briglia sciolta’ agli psicoterapeuti? Lo psichiatra, pure lui locarnese e quasi ottantenne, la spiega come una specie di disobbedienza a una prassi ingiusta: «Nel ’96 fummo tra i cofondatori dell'Accademia di psicoterapia psicoanalitica della Svizzera italiana (Appsi), che era contrapposta alla terapia cognitivo-comportamentale che oggi sta dilagando». Nella ’psicoanalitica‘ un ruolo centrale ha la relazione di ’transfert’, sorta di viaggio nell'inconscio e nel passato del paziente, «che necessità di una continuità e di una frequenza ravvicinata delle sedute. Questo aiuta a capire perché ho voluto sistemare, regolarizzandola, la situazione dei coniugi in modo spedito» dopo che per loro era venuta meno la supervisione del medico delegante precedente. Vi è comunque un rifiuto della precedente normativa: «Lo psichiatra non pratica più, ma continua a prescrivere medicamenti, condurre qualche valutazione, all’occasione a sostituire il medico di famiglia. E decide quale percentuale attribuire al suo dipendente, lo psicoterapeuta, mentre il resto lo tiene per sé», dice, mentre confrontando liberamente e paritariamente i punti di vista si possono ottenere risultati migliori.

Ma il processo non riguarda la qualità delle cure, ricorda la procuratrice pubblica Raffaella Rigamonti. L'inchiesta nasce nel giugno del 2017 in seguito alla denuncia di una cassa malati; oggi la situazione è cambiata, ma la psicoterapia delegata prevedeva che lo psicoterapeuta lavorasse alle dirette dipendenze del medico, nei suoi locali, era il medico a essere responsabile delle cure e a incassare dall'assicurazione malattia secondo le norme LAMal. Nel caso degli anziani professionisti locarnesi, lo psichiatra non effettuava quasi mai la diagnosi iniziale e non visitava i pazienti. Cosa del resto confermata dalla psicoterapeuta, che ha detto di essere lei di norma a effettuare la prima visita, per poi chiedere la delega. «Penso che fosse una mia competenza» ha affermato in aula. «Ma le regole vanno rispettate» incalza la procuratrice pubblica «e questo è un inganno alle casse malati, che hanno una limitata capacità di controllo e di contestazione delle cure. Gli imputati si sono sentiti al di sopra della legge». Ecco dunque le richieste di pena: per la psicoterapeuta: 30 mesi di detenzione, l'accusa non si oppone a una sospensione parziale, ma almeno 6 mesi andrebbero scontati, magari agli arresti domiciliari vista l'età. Per il marito dello psicoterapeuta sono stati chiesti 20 mesi con la condizionale, per lo psichiatra 150 aliquote giornaliere con la condizionale. Sette delle casse malati si sono costituite accusatrici private chiedendo il risarcimento di quanto di loro spettanza.

Le difese invocano l'assoluzione

Proprio la nuova legislazione, in vigore dall’anno scorso, è alla base dell'eccezione di carattere giuridico presentata dal legale dei due anziani psicoterapeuti, Andrea Giudici. Con l'attuale normativa, i due verrebbero condannati? Secondo la difesa no, e a supporto di questa tesi l'avvocato porta sentenze del Tribunale federale secondo cui in situazioni di transizione deve valere la legislazione più favorevole all'imputato. Il caso in oggetto è evidente, secondo Andrea Giudici: lo psicologo oggi è autonomo, pratica nel proprio studio e fattura direttamente alla cassa malati. Come fanno gli stessi imputati, ancora attivi nonostante l'età avanzata. Neppure nella legge sull'assicurazione malattia (LAMal) vi sarebbero obblighi di visita dei pazienti da parte del medico delegante. Invoca l'assoluzione pure l'avvocato difensore dello psichiatra, Giovanni Celio. Anch'egli fa riferimento alla nuova normativa, entrata in vigore l'anno scorso, in seguito alla quale è venuto meno il dovere di sorveglianza e la responsabilità del medico. In ogni caso non è detto, secondo la giurisprudenza, che il medico delegante dovesse essere costantemente presente nello studio. Insomma un processo al replay, su fatti vecchi e una prassi giuridica non più in vigore. La parola passa alla Corte delle Assise criminali, presieduta dalla giudice Francesca Verda Chiocchetti.

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