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Da Brione alle Fiji per prendersi cura della barriera corallina

L’incredibile storia di Alessandro Rossi, locarnese trapiantato nel Sud Pacifico che tenta di aiutare il ‘reef’ a sopravvivere ai cambiamenti climatici

In missione subacquea per la salvezza del “reef”

L’incredibile storia di Alessandro Rossi, locarnese trapiantato nel Sud Pacifico che tenta di aiutare il ‘reef’ a sopravvivere ai cambiamenti climatici

10 marzo 2023
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«Ma… questa è una lotta da don Chisciotte!». «Sì, adesso ti faccio vedere le foto. Mi viene da piangere solo a pensarci». Si può essere tristi vivendo alle Isole Fiji, quell’angolo di mondo che ogni giorno vede il primo Sole sul pianeta Terra e sembra poterti offrire madre natura alla sua massima potenza? Si può. Soprattutto se si è giunti al punto di riporre nel cassetto degli ideali perduti il "pensiero cartolina" fatto soprattutto di cliché turistici, e si è scelto di guardare a quel paradiso per ciò che è veramente: un luogo pieno di problemi ambientali, con generalmente molto poca coscienza ecologica, in balìa di sempre più insistenti minacce commerciali, nonché vittima predestinata di eventi meteorologici disastrosi determinati dai cambiamenti climatici.

Amore e disperazione

Alessandro Rossi, partito definitivamente da Brione sopra Minusio nel 2017 per accasarsi nel Sud Pacifico (terra di origine della moglie), è appunto in quella condizione: si è tolto gli occhiali del romanticismo per mettere, molto più prosaicamente, quelli da sub. Il grande obiettivo: aiutare la barriera corallina a sopravvivere. In effetti, una lotta da don Chisciotte, che tuttavia Alessandro porta avanti bilanciando due sentimenti che non per forza sono antitetici: amore e disperazione.

«Frequento le Fiji già dal 2006 per via della subacquea e della passione per la videografia. Avendo seguito un biologo marino che già allora se ne occupava, mi era nato l’interesse per la propagazione di coralli termoresistenti», dice Rossi. «Poi però le vicissitudini della vita mi hanno portato a vivere in barca vela e a occuparmi di altre cose. Fino a quando, nel 2017 abbiamo "messo su casa" sulla spiaggia di Sekawa Beach, sull’isola di Vanua Levu, nella baia di Savusavu, una piccola cittadina distante una quindicina di chilometri da dove viviamo e gestiamo un piccolo "resort"».

Andandoci finalmente a vivere è scattato l’effetto-casa, e con lui il desiderio di installare le prime "nursery" per i coralli per iniziare delle sperimentazioni. «Con le prime, nel giro di un anno e mezzo da "scriccioli" di 10 centimetri si sono sviluppati coralli maturi che abbiamo poi potuto trapiantare sul "reef". Grazie anche a un corso fatto con Viktor Bonito, fra i massimi esponenti al mondo in fatto di coralli, ho poi imparato le tecniche di selezione per evitare dei conflitti dannosi fra i diversi genomi. Ora ho ingrandito l’operazione, allargando la "nursery". Dalla cinquantina di frammenti iniziali siamo passati ai 500 di oggi. Il che potenzialmente mi permetterà di "ricreare" 100 metri quadrati di barriera corallina. Sembra – ed è – poco, ma se quei coralli sopravviveranno si potranno propagare, regalando al "reef" materiale geneticamente più forte».

L’idea alla base dell’infaticabile azione di Rossi è accelerare il tempo di recupero della barriera corallina, la quale – dice – «deve affrontare sfide enormi, a partire da cicloni sempre più ravvicinati e sempre più devastanti». Ma non è tutto: «Bisogna anche stare molto attenti a cosa si fa con i diserbanti quando si sviluppano terreni da vendere per progetti immobiliari. Un esempio per tutti è una "Real Estate" che opera non lontano da me: per estendere le sue terre e rendere vendibili i suoi lotti se ne infischia di ogni cautela ambientale perché prende l’argilla dalle colline, alza le superfici adiacenti al mare, devia corsi d’acqua costruendo piccole dighe e fa in modo che quando arrivano le inondazioni tutto il materiale viene riversato in mare. Un vero disastro che si ripercuote in primo luogo sulla salute e sulla stabilità del "reef"».

Intenzione di Alessandro Rossi è coinvolgere le comunità dei villaggi vicini, sensibilizzandoli sull’importanza vitale dei coralli per tutto l’ecosistema marino e, di riflesso, anche per l’economia dell’arcipelago. Interessante è anche come il ticinese si sia preparato il terreno: «Va detto che alle Fiji non puoi improvvisare: devi procedere per gradi. Grazie al giardiniere che si occupa del mio terreno ho potuto entrare in contatto con il "re" della provincia in cui vivo, che è in pratica il capo di tutti i capi villaggio. Ratu Tui Jovesa Maivilili, così si chiama, per fortuna è molto sensibile alle tematiche ambientali, quindi anche alla questione della barriera corallina. Me lo ha dimostrato quando l’ho potuto incontrare prima di iniziare con la mia azione».

Durante l’incontro – tra l’altro molto ritualizzato – Rossi aveva dovuto chiedere formalmente il permesso di agire. «Lui me l’ha concesso e così mi sono mosso. Dopo un anno gli ho portato le foto dei primi risultati ottenuti e lui mi ha invitato alla riunione dei capi villaggio, che si tiene un paio di volte all’anno per discutere un po’ tutte le problematiche comuni. Quello è stato un giorno importante, perché ho avuto la possibilità di spiegare il mio progetto, attirando l’attenzione e suscitando l’interesse dei capi. In questo modo diciamo che mi si è aperta la possibilità di espandermi a livello "regionale", ed è ciò che intendo fare».

Rivolgendosi alle comunità Alessandro Rossi ricorderà concetti e cifre inconfutabili: «I coralli sono la base della vita nell’Oceano: occupano meno dell’1% dello spazio ma provvedono alla vita del 75% delle specie marine. Sono un aspetto basilare per la vita del mare. Senza coralli non c’è nutrimento per i pesci. Senza pesci piccoli quelli grossi non arrivano più e la vita del villaggio ne risente profondamente, con tutte le conseguenze che possiamo immaginare».

Poi c’è la questione del surriscaldamento delle acque: «Sappiamo che quando la temperatura supera i 28° gradi la situazione diventa critica. Adesso abbiamo 32° a 5 metri e 30° a 20 metri. Intere colonie di coralli stanno perdendo un’alga che vive in simbiosi con loro e che grazie alla fotosintesi provvede a nutrirle. Il risultato è visibile a tutti, a partire dalla barriera corallina su cui i turisti fanno lo snorkeling. Quando si sbianca significa che l’alga se n’è andata, lasciando lo scheletro in balia dei parassiti, che nel giro di due settimane lo attaccano, così come le alghe infestanti. Questo "attacco" combinato altro non fa se non uccidere il corallo».

Censimenti sui coralli più resistenti

Ciò che l’esperienza e l’amore per il mare consentono di fare ad Alessandro Rossi è «effettuare dei censimenti per individuare i coralli che non hanno perso l’alga e sono quindi più resistenti ai cambiamenti climatici e agli sbalzi di temperatura; io, ad esempio, lavoro sui coralli che scampano alla furia di eventi estremi come ad esempio il ciclone Yasa del 2020, che ha portato venti a 300 chilometri orari. Sono quelli, i coralli che mi interessa propagare per dare alla barriera una "chance" in più per resistere al surriscaldamento. Questo in base al principio che se un corallo si sviluppa e si riproduce, manderà in giro cellule con geni più resistenti».

Che lo si chiami Don Chisciotte o visionario, il ticinese non ha intenzione di arrendersi perché sa che il mare, quello ideale, è comunque e sempre formato da tante piccole gocce. Una, alla portata di tutti, è testimoniare vicinanza e partecipazione. Basta un’email: alerossi30874@gmail.com.