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‘La mia Hollywood, fra James Cameron... e visti per alieni’

Storia di Nakiya, 22 anni, di Losone, che nella mecca del cinema studia da regista, cerca di cavalcare l’onda e incontra nomi da Oscar (e i loro figli)

Nakiya sul set del suo ‘corto’ di diploma
27 febbraio 2023
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Un giorno Nakiya Martinoni (non siamo parenti) è con un’amica a mangiare da Bob’s Big Boy; «tra l’altro un luogo molto pittoresco, che consiglio a chi si ritrova a passare da qui», dice lei, riferendosi a Hollywood e dintorni. Com’è piuttosto scontato per giovani che bazzicano quell’ambiente, e amano visceralmente il cinema tanto da farne una professione, il tema sono i film. «Insomma – ricorda Nakiya –, io sono saltata fuori a dire che l’ultimo di Tom Hanks, "Elvis", mi aveva lasciata perplessa perché Hanks secondo me non aveva "dato" abbastanza». Taglia giù di qua, taglia giù di là, come si dice in Ticino e forse anche a Los Angeles, il quadro che ne esce dell’ultimo lavoro del grande Tom non è propriamente esaltante. Poi le due sentono forse il suono di un uomo che al tavolo vicino fa come per schiarirsi la gola, si voltano e si ritrovano davanti… Colin Hanks, figlio di cotanto Tom.

«Aveva evidentemente sentito tutto», dice la ragazza, battendosi idealmente il palmo di una mano sulla fronte. Non dice come se la sono cavata lei e l’amica dovendo rispondere allo sguardo inquisitorio del rampollo Hanks (attore anch’egli, tra l’altro). Sappiamo solo che per chi vive nella mecca del cinema situazioni simili sono più o meno all’ordine del giorno. «Un po’ come l’altrieri: cercavano volontari per un evento equivalente all’Oscar degli effetti visivi. Così mi sono offerta e mi sono ritrovata a dover scortare nientemeno che James Cameron, regista di Titanic e dei due Avatar: un gigante». La morale è che «non bisogna lasciarsi impressionare, ma soprattutto è vietato lasciar scappare le occasioni: perché se ne manchi una ne perdi automaticamente altre cinque».

Una casa con le ruote

L’ampio preambolo per introdurre il "mondo" di Nakiya, 22 anni, losonese, che in America, la terra dei sogni per antonomasia, sta per trasformarsi in regista. Lo fa avventurosamente, come si addice al profilo. E la prima avventura quotidiana è svegliarsi nel camper in cui vive, dentro un parcheggio nella San Fernando Valley: «Il posto è tranquillo, a 20 minuti da tutto. Il manager del campeggio è tra l’altro uno che ha fatto "Real Estate" per tutta la vita, quindi sa come decorare i luoghi. Da noi ci sono dei bellissimi murales in tema di cinema, e tante lucine che rallegrano l’ambiente. Insomma, si sta bene».

E immaginiamo si stia bene anche nella pelle di questa giovane ragazza nata con il pallino di fare l’attrice e che si ritroverà a fine mese con un Bachelor in regia in tasca e la prospettiva di poter giocare le proprie carte là dove il cinema è tutto. «È forse curioso ricordare che fin da quando avevo 4 anni dicevo a mia mamma che volevo fare l’attrice. È sempre stato un chiodo fisso: come vedevo un film in televisione, mi venivano le farfalle allo stomaco. Poi sono cresciuta, ho fatto il Liceo e pian piano mi sono resa conto che la vera passione era probabilmente per quanto sta dietro la cinepresa». Ciononostante a 19 anni Nakiya parte con in testa l’idea originaria; destinazione Los Angeles, dove alloggerà appunto nel famoso camper, acquistato da papà Alessio in anticipo rispetto all’antica intenzione di comprarlo per quando, in pensione, potrà girare l’amata America in lungo e in largo.

Da attrice a dietro la cinepresa

A Los Angeles la ragazza si iscrive alla New York Film Academy, dove per 6 mesi frequenta il corso di recitazione, salvo poi virare sul più ricco e affascinante "dietro le quinte" e trasferirsi alla Los Angeles Film School, dove si trova ancora oggi, tre anni dopo aver iniziato, in procinto di conquistare il suo diploma in Film Sciences nel percorso regia. «Qui tutto è possibile, le cose succedono e a noi studenti di cinema spetta il compito di non lasciarcele sfuggire. Bisogna cavalcare l’onda e avere la "garra" di provare continuamente nuove esperienze». Esperienze cercate (Cameron) o meno (Hanks junior). «L’opportunità di essere a Hollywood è straordinaria e anche difficile da interiorizzare. Ad esempio, ogni singolo giorno mi chiedo cosa ci faccia qui io, Nakiya "da Loson", in questo luogo unico. Il segreto è per l’appunto aprire occhi e orecchie e maturare più esperienza che si può».

E nel contempo, se possibile, rimboccarsi le maniche per raggiungere obiettivi concreti, come ad esempio il progetto di tesi di Bachelor, che nel caso di Nakiya è un cortometraggio dal titolo "Risk Factor". «L’ho affrontato – ricorda – dopo aver collaborato sui set di molti miei compagni e aver svolto per loro un sacco di lavoretti da "crew"». "Risk Factor" è stato scritto, co-prodotto e diretto da lei, è attualmente in post-produzione e uscirà a marzo. «È stato impegnativo ma anche molto, molto appagante: basti dire che alle audizioni, per il mio film, c’era fuori la fila di veri attori di Hollywood: tutti professionisti che lavorano normalmente nelle grosse produzioni – ma forse solo come comparse – e si offrono così gratuitamente per i film degli studenti, dove però possono essere i protagonisti».

Una questione di visti

A marzo uscirà dunque il "corto", e con lui arriverà il diploma. È il dopo, che è tutto da costruire. «Il visto da studente decadrà, ma potrò fare l’"application" per il cosiddetto anno Opt, che si traduce in un foglio che ti consente di continuare a lavorare negli Usa», ricorda Nakiya. «Ma vale solo per un anno. Poi hai due possibilità: la prima è rimediare un piano professionale concreto, ovverosia un lavoro stabile, con un capo che garantisca per te. Stando ad Amos Sussigan, un ticinese che qui a Hollywood ha fatto strada, si tratta della soluzione più complicata, perché nasconde molta burocrazia e nel nostro campo parlare di lavoro stabile è piuttosto utopico. Così scatta la seconda possibilità: creare interesse attorno a sé e al proprio operato, a partire dal Paese d’origine, per convincere gli americani che è anche nel loro interesse tenerti negli Usa a lavorare. Arriva in questo caso un visto il cui nome fa un po’ ridere ma funziona, perché ti ritagli un profilo e ti ci puoi costruire un futuro. Il visto si chiama "alieno con talenti particolari"...».

Ed è proprio qui, nello strano, pazzo mondo del cinema, che potrebbero comodamente entrare in scena E.T. e tutto il filone degli omini verdi con le orecchie a cornetta. Ma questa è ancora un’altra storia.

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