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Losone, aiuto cuoca in pensione: nei suoi menu... l’inclusione

Intervista a Gianna Buzzini, che per 27 anni ha lavorato nelle cucine della scuola dell'infanzia: ‘Stare vicino ai piccoli, un'esperienza bellissima’

Festeggiata alla partenza
17 luglio 2021
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«Come aiuto cuoca facevo un po’ di tutto. Sbucciavo le patate, affettavo le mele per le torte, sparecchiavo e pulivo i tavoli. Mi piaceva tutto del mio lavoro, anche se, detto fra noi, la cosa che preferivo era stare in cucina».

Inizia a raccontarsi così, con il sorriso e con la sua voce cristallina, Gianna Buzzini, in forza al personale di cucina e dei refettori della scuola dell’infanzia di Losone dal 1994. Nata e cresciuta in Valle Verzasca, a Brione, dove risiede tutt’ora, ha una passione per gli animali e la natura. La sua storia speciale è imperniata sull’integrazione nel mondo del lavoro di una persona portatrice di handicap.

«Le colleghe e i colleghi con me sono sempre stati gentili, con molti ho stretto anche dei legami di amicizia – afferma, ripercorrendo con la memoria tanti bei momenti –. Anche con i bambini ho sempre avuto un buon rapporto. Sono ancora piccoli, ma davvero molto svegli e simpatici. Stare vicino a loro e cucinare per loro è stata un’esperienza bellissima».

Ha lavorato alla scuola dell’infanzia come aiuto cuoca per 27 anni; dall’inizio della pandemia di coronavirus si è però vista costretta a interrompere l’attività per ragioni di sicurezza. «Mi è dispiaciuto non continuare fino al momento del pensionamento. Però quando sono ritornata e ho visto i bambini, le maestre e i miei colleghi tutti riuniti per salutarmi, mi si è aperto il cuore dalla gioia!».

Gianna ci parla della sua festa, che si è svolta qualche lunedì fa. Una cerimonia semplice, ma ricca di calore umano e relazione vera. Ad aspettarla c’erano tutti i bambini, seduti sul prato, in trepida attesa di poterle dedicare una canzone. Dopo i canti e i meritati applausi, il direttore dell’istituto scolastico Doriano Buffi ha voluto ringraziarla, consegnandole un mazzo di fiori.

«Gianna Buzzini ha lavorato con noi per moltissimi anni. Si è inserita in maniera armoniosa nel team di cucina, dimostrando anche una grossa sensibilità nell’interagire con gli allievi e le docenti. Inoltre ha sempre saputo portare un contributo operativo importante, grazie al suo costante impegno – afferma il direttore Buffi –. L’abbiamo salutata con un bel momento di canto da parte dei bambini nel nostro giardino scolastico, alla presenza, oltre che delle maestre e dei suoi colleghi attuali, pure dei colleghi che hanno avuto piacere di lavorare con lei in tutti gli anni passati».

La scuola, antidoto contro i pregiudizi

L’intervistata è una lavoratrice speciale, portatrice di handicap. Una condizione che talvolta ancora oggi è accompagnata da pregiudizi. La disabilità, o meglio, le disabilità sono parole difficili e delicate. Si parla spesso d’inclusione, anche se, al momento dell’integrazione nel tessuto sociale, l’accento ricade sulla “diversità”. Questo soprattutto quando si parla del contesto lavorativo.

Abbiamo chiesto un parere al direttore Buffi. «L’istituto scolastico nel quale ho la fortuna di operare, fra i vari valori pedagogici sul quale si fonda, promuove con convinzione un concetto globale d’inclusione. Mi spiego meglio: per noi includere una persona con bisogni specifici significa creare dei progetti pedagogici che non rispondano solo alle necessità particolari di questa persona, ma che consentano a tutte le altre persone che interagiscono con lei di maturare delle esperienze qualificanti e arricchenti per il proprio percorso evolutivo. Per coerenza e per convinzione, promuoviamo questo principio pedagogico all’interno delle aule di scuola dell’infanzia e di scuola elementare, ma pure nella gestione delle relazioni professionali con i nostri dipendenti. Questo perché, in fondo, siamo tutti diversi, ognuno di noi ha i propri bisogni particolari e, se da adulti riusciamo a comportarci in tal senso con accoglienza gli uni verso gli altri, imparando a vicenda da questo tipo di relazione, forniamo ai nostri allievi un esempio dall’enorme valore educativo. La scuola, così come la intendiamo noi, è dunque, per così dire, un luogo nel quale si costruisce ogni giorno, nell’intreccio di relazioni orientate pedagogicamente, un antidoto potente a questo tipo di pregiudizi».

Torniamo all’intervistata. Prima di salutarla, le poniamo un’ultima domanda: cosa farà ora che può godersi la meritata pensione? «Passerò le giornate qua, nella mia adorata Valle Verzasca. Ma non sarò da sola, oltre a mia sorella, con me ho anche Pinki, un dolce micino bianco e rosso. È un vero monello».

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