Locarnese

Addio a Tiziano Baccaglio, uomo di passi e di passioni

Minusio, aveva 87 anni. Fu fra i primi ticinesi a conquistare tutti e 82 i 4'000 delle Alpi e fra i fondatori della Colonna di soccorso del Club alpino svizzero

20 novembre 2020
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È una storia soprattutto di montagna, quella raccontata dalla vita di Tiziano Baccaglio, morto a Minusio all'età di 87 anni. La montagna come vocazione, credo e passione, e sempre declinata nel senso dell'avventura, della conquista di qualcosa che si trova dentro se stessi, prima che fuori, in una bandierina piantata in vetta.

Fra i primi alpinisti ticinesi a conquistare tutti e 82 i 4'000 delle Alpi, Baccaglio è stato un pioniere a più livelli, come ricorda l'amico Renato Simona, che l'aveva conosciuto quasi 60 anni fa e che con Tiziano aveva partecipato alla prima spedizione ticinese extraeuropea (e in generale ad almeno tre quarti delle esperienze di montagna dell'amico). «Era il 1973 – racconta Simona – e l'obiettivo del nostro gruppo, composto da 6 persone, era scalare la vetta peruviana dell'Huascaran (6'768 metri). Poi per motivi di soldi e di attrezzatura ripiegammo sul Chopicalqui, di 6'354 metri. Erano tempi di sperimentazione alpinistica, se mi si passa il termine, contraddistinti da lunghe preparazioni e, appunto, pochi soldi a disposizione. Per recuperare i finanziamenti, prima di partire dovemmo raccogliere la carta e rivenderla per il riciclo».

Una spedizione, quella peruviana, che si rivelerà epica, poiché realizzata interamente a piedi, con l'ausilio di soli due portatori e prima, fino al campo base, accompagnati dagli asini. «L'obiettivo era scalare la cima in stile alpinistico. Rimanemmo in Perù per 1 mese e mezzo. Una caratteristica di Tiziano, sempre preservata, era quella di mettere l'aiuto reciproco davanti a tutto: tutti si partiva e tutti bisognava arrivare in vetta. In quell'occasione uno di noi dovette rinunciare, ma fu per sua precisa scelta. Tiziano, da capo spedizione, era stato come sempre molto calmo, anche se in azione aveva il passo veloce e in qualche modo bisognava stargli dietro». Il Perù ma non solo: c'è anche l'Africa, fra le tappe più avventurose, con il Mount Kenya (5'199 metri) e la scalata di una parete di roccia di 400 metri, il Kilimangiaro e il Ruwenzori. Anni prima, in Ticino, furono la parete verticale di 150 metri che conduceva al Piz Pegora, a sinistra del Basodino, a far parlare di Baccaglio, che con Renato Simona e altri amici fu il primo (e ultimo) a scalarla in invernale; ma anche la parete nord del Piz Palü, lungo la via Kuffner, anch'essa percorsa in invernale a 30° sotto zero. «Quando giravamo per capanne – dice Simona – i capannari, che erano anche guide, ci riconoscevano come parte del paesaggio...».

Un paesaggio montano che Baccaglio conosceva tanto bene da venir chiamato da Aldo Poncioni per la fondazione della Colonna di soccorso del Cas, di cui divenne capo per diversi anni, ma anche presidente della commissione gite e capogita.

La predisposizione per gli spostamenti a piedi Baccaglio l'ha dimostrata anche nei pellegrinaggi. Vengono ricordati quello sul cammino di Santiago de Compostela, fino a Finisterre, lungo 800 chilometri, ma anche quello, realizzato con la moglie Gaby, da Minusio a Roma, su una distanza simile, «in tempi in cui i pellegrini non erano serviti e riveriti come oggi», ricorda la figlia Fiorenza. A Tiziano si deve anche la prima camminata a Re che si tiene ogni 6 di gennaio. La istituì negli anni '70 ed esiste ancora oggi.

Un altro figlio, Davide, ricorda infine quel Tiziano papà «che non abbiamo mai capito come facesse a fare tutto quello che faceva. Aveva rilevato l'impresa di pittura di nonno Silvio, dal quale aveva anche ereditato la dote artistica, sperimentata però solo negli anni giovanili. Poi era padre di 4 figli (con Fiorenza e Davide ci sono Penelope e Selene, ndr.), amava fortissimamente la montagna e sviluppava suoi singolari progetti, nei quali coinvolgeva tutti, familiari e amici, con un entusiasmo contagioso». Uno era la “casetta in Canadà”, che sognava da una vita. «Ne parlava sempre, era un suo pallino. Così un giorno del '69, recuperate le bore di legno che servivano, cominciò a costruirsela nell'orto di casa, a Minusio, pezzo dopo pezzo, numerandole tutte e facendole poi trasportare in elicottero a Cordonico, dove la ricostruì tale e quale. Lì la possiamo trovare ancora oggi».

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