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Burkini: ‘non rappresenta un problema di ordine pubblico’

Gli avvocati e municipali Salvioni e Cotti danno il loro parere giuridico in merito: una norma lesiva della libertà che comunque non compete al Comune varare

L'esecutivo comunale non ha la competenza di inserire norme nella legge sull'ordine pubblico (foto Flickr)
14 settembre 2020
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«Il Comune di Locarno non può decidere autonomamente di sanzionare l'uso del burkini mediante una disposizione che preveda la contravvenzione nei confronti di coloro che portano in pubblico tale costume, non rappresentando questo indumento neppure un problema di ordine pubblico. Un suo divieto non è inoltre giustificato dai valori costituzionali liberali alla base della Confederazione, né della Repubblica del Cantone Ticino», risponde l'avvocato Niccolò Salvioni - municipale locarnese dimissionario nonché capodicastero Sicurezza, Genio civile e Acqua potabile -, cui abbiamo chiesto un parere giuridico circa la legittimità di regolamentare con un articolo di legge il divieto del burkini nei luoghi di balneazione pubblici del territorio giurisdizionale locarnese (tema nocciolo di una mozione).

E il punto alla questione lo si potrebbe mettere qui. Tuttavia, al di là di legittimità e pertinenza di una norma che dica alle persone come vestirsi; dell'opportunità e della priorità di chinarsi sulla questione a livello comunale sottraendo così tempo e risorse a problemi più urgenti; sorvolando il fatto che i burkini su lidi e spiagge locarnesi sono mosche bianche, è indubbio che il tema abbia sollevato discussioni.

Una questione di competenza legislativa

Quindi: «Un legislativo comunale non ha la competenza di vietare l'uso in pubblico di indumenti o simboli a seguito dei pericoli che questi possono ipoteticamente raffigurare, rappresentare o ricordare», continua il nostro interlocutore spiegando il contesto giuridico cui si fa riferimento. Questa, eventualmente, spetterebbe ai legislativi cantonali, i quali soli possono «per delega federale, emanare le disposizioni materiali necessarie all'interno delle leggi cantonali di polizia e ordine pubblico», precisa ancora. Affinché anche gli enti comunali abbiano una facoltà legislativa di diritto materiale in ambito di ordine pubblico, «la legge cantonale dovrebbe prevedere una delega esplicita, che non c’è». Il Comune dunque «ha esclusivamente le competenze di polizia locale a tutela dell’ordine pubblico di origine federale e cantonale delegate al Municipio quale potere esecutivo ed enumerate dall’art. 107 Loc, in applicazione delle sole norme contravvenzionali materiali federali e cantonali. Il legislativo comunale non può decidere nuove tipologie di comportamenti soggetti a contravvenzioni al di fuori di tali limiti», chiarisce Salvioni.

'Una norma liberticida'

Andando oltre la questione della competenza legislativa dei vari livelli amministrativi, v'è la questione fondamentale del diritto alla libertà. L'avvocato Giuseppe Cotti - anch'egli municipale locarnese, nonché capodicastero Educazione e Cultura - ha proposto la sua analisi riguardo la regolarità di un divieto anti-burkini. Laconicamente: «Per limitare una libertà fondamentale sono necessari una base legale e un interesse pubblico. Inoltre, la misura restrittiva deve rispettare il principio della proporzionalità». Tenendo conto dei tre criteri, «a mio modo di vedere la proibizione del burkini non sta in piedi, non sussistendo l'interesse pubblico». La ragione d'interesse pubblico, infatti, non regge poiché «tale indumento non ‘intralcia’ l'ordine pubblico, in particolare laddove il volto resta scoperto. Ma, a parte le questioni di natura giuridica, personalmente nutro forti dubbi che una norma di questo genere contribuisca allo sviluppo di una cultura democratica. Il tema della libertà e dignità della donna nell'islam è certamente un tema meritevole di essere affrontato, ma non è con norme liberticide che lo si risolve», chiosa Cotti.

La mozione Udc-Lega del 2017

Ricordiamo che il costume da bagno per le donne musulmane è tema di una mozione del 2017 - 'Divieto burkini' -, inoltrata all'esecutivo cittadino da Aron D'Errico (Lega dei ticinesi) e cofirmatari Roberto Bottani, Philippe Jaquet-Richardet (Udc), Omar Caldara, Roberto e Valentina Ceschi (Lega dei ticinesi). Nell'atto parlamentare si chiede il divieto del costume nei luoghi pubblici perché, fra le altre motivazioni, andrebbe "contro il principio di adattamento agli usi e costumi locali", sarebbe "un indumento ideologico, fondamentalista, retrogrado e barbaro". La Commissione della legislazione della Città di Locarno si è chinata sulla mozione a più riprese; il 25 agosto 2020 è stato pubblicato il rapporto di maggioranza che preavvisa favorevolmente la richiesta dei mozionanti. Il rapporto di minoranza è ancora atteso sui tavoli del Municipio. Una volta che entrambi i rapporti saranno stati analizzati, l'esecutivo redigerà le sue osservazioni a riguardo.

Parere delle Nazioni Unite

‘Un'illegale e grave violazione della libertà’

«Il divieto costituisce una grave e illegale violazione della libertà», aveva dichiarato nell'agosto del 2016 Rupert Colville, portavoce dell'Ufficio dell'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, in merito alla proibizione dell'uso del burkini in alcune località balneari francesi (aliti di battaglia contro il costume sono soffiati anche in Italia). Colville aveva quindi aggiunto che «secondo gli standard internazionali sui diritti umani, le limitazioni alle manifestazioni di religione o credo, inclusa la scelta dell'abbigliamento, sono consentite solo in circostanze molto limitate, tra cui sicurezza pubblica, ordine pubblico e salute pubblica o morale». Il portavoce aveva inoltre osservato che tali decreti «non migliorano la situazione della sicurezza, quanto piuttosto alimentano l'intolleranza religiosa e la discriminazione», aggiungendo che la parità di genere non si ottiene regolamentando i vestiti che le donne indossano. Oltre a ciò, il burkini è una possibilità per molte donne di fede islamica di «camminare sulla spiaggia o fare una nuotata indossando abiti in cui si sentono a proprio agio».

L'indumento da bagno, lo ricordiamo, è simile a una muta subacquea con cuffia e poiché non dissimula il volto non rappresenta un problema di ordine pubblico. Inoltre, l'equivoco dell'assimilazione del burkini al burqa (vietato in Ticino dalla Legge cantonale sulla dissimulazione del volto negli spazi pubblici, dal 2015) nasce dal neologismo formato dalla concrezione delle due parole, oltre a essere alimentata da islamofobia.
In ultima battuta, ci permettiamo una riflessione. Torniamo ad alcuni passaggi della mozione in cui, facendo appello ai diritti delle donne e a una serie di citazioni, si legge che esse devono poter essere libere affrancandosi dalle gabbie oppressive imposte dagli uomini, come il burkini che è "la traduzione di un progetto politico di contro-società fondata sulla sottomissione della donna", "uno strumento di oppressione che calpesta la loro dignità". Quindi, in sintesi, fra gli argomenti a favore di un suo divieto vi sarebbero la tutela della dignità femminile e la liberazione della donna.

Alla luce di ciò, ci chiediamo se espulsione e multa, possibili conseguenze dell'ipotizzata norma, vadano fatti scontare alla donna che porta il burkini oppure a chi le avrebbe imposto di indossarlo. Ma non è così semplice; gli elementi da considerare sono molteplici. Al di là di una presunta o effettiva imposizione, ci sono donne che si sentono e sono più libere indossando un costume da bagno alternativo ai nostri, diremmo "occidentali", che permette loro di andare in spiaggia, nuotare oppure portare i propri figli a fare il bagno o ai corsi di nuoto. La norma quindi potrebbe limitare ulteriormente la libertà di queste donne che si vogliono già oppresse e soggiogate.

E azzardiamo di più. A chi non è capitato, al lido, in spiaggia o in piscina, di vedere ragazze fare il bagno in maglietta e calzoncini? Ragazze "occidentali" (permetteteci il distinguo) che non rientrano nei misurati canoni di bellezza reiterati da pubblicità, mondo dello spettacolo eccetera; ragazze - scrivevamo - che preferiscono quindi indossare maglietta e calzoncini a un bikini, che le fa sentire a disagio perché non hanno il fisico a prova di costume.

Che sia troppo o troppo poco coperto, il corpo femminile è un corpo normato per definizione ed è sempre qualcun altro a decidere se sia lecito per una donna coprirsi eccessivamente - a detta di alcuni - o stare col seno al vento. Ieri e oggi; qui e altrove.

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