Locarnese

Trosa, quando il nemico corre sotto terra

L'incendio che da giorni tiene impegnati pompieri, elicotteri e forestali è di sottosuolo. Difficile da contrastare se non c'è possbilità di lotta diretta

(Rescue Media)
10 agosto 2020
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Continua a dare filo da torcere ai pompieri, ai forestali e agli elicotteri impegnati, da giorni, nell'opera di spegnimento l'incendio boschivo sulla cima del Trosa. Un rogo, lo ricordiamo, originato da un fulmine abbattutosi sulla zona lo scorso 22 luglio. In queste ore una decina di pompieri della Sezione di montagna di Locarno è stata elitrasportata sul posto per cercare di contrastare le fiamme da terra, spalleggiata da un velivolo.
Se è vero che fortunatamente la situazione è sotto controllo e che i danni ambientali arrecati dal sinistro sono contenuti (l'area interessata è priva di boschi e cascinali), è vero altresì che i tempi necessari ad aver ragione delle fiamme si stanno prolungando e di parecchio. Con qualche, immancabile, critica, soprattutto innescata sui social, legata al mancato impiego di più elicotteri sin dall'inizio. Per capirne di più sulle scelte operative ci siamo rivolti a un ufficiale dei Civici pompieri di Locarno che, nelle scorse settimane, ha seguito da vicino l'evolversi della situazione.

"Zona inaccessibile e incendio di sottosuolo"

«Innanzitutto - spiega - occorre ribadire che per un attacco efficace all'incendio avremmo dovuto poter agire anche da terra. Ma queste pareti rocciose dove si annidano le fiamme sono impervie e di impossibile accesso. Non si può rischiare la vita di un milite. Siamo confrontati, è bene sottolinearlo, con un fuoco di sottosuolo (con combustione lenta delle sostanze vegetali presenti nel terreno, ndr.) , che si propaga sotto la superficie, a una profondità che può raggiungere i 30-40 centimetri. Questo non è dunque un incendio boschivo di quelli classici che siamo abituati a vedere. Tutta l'acqua riversata dagli elicotteri in queste settimane, in pratica, scorre via sul terreno ma non penetra in profondità. L'effetto nel contrasto è quindi limitato. È più volte successo che le fiamme, all'apparenza spente, dopo qualche ora (anche una decina!) spuntassero con nuovi focolai qualche metro più in là. La sera concludiamo il lavoro convinti che la situazione sia risolta, l'indomani siamo costretti a riprendere tutto da capo».

Avanti così, in attesa della pioggia

Ci sono similitudini con altri incendi che hanno colpito il Ticino in questi anni? «Quanto sta accadendo ora sulle creste del Trosa ricorda in particolare due incendi: quello di Someo, nel 2003, che ci ha tenuto in scacco per 2-3 settimane e quello in Valle Calanca, dove addirittura alcune settimane dopo aver dichiarato spento il rogo, le fiamme sono ripartite». Pare di capire che, in attesa di forti precipitazioni piovose (per ora non previste), difficilmente si arriverà a vincere il rogo in alta Val Resa? «Diciamo he la lotta quotidiana proseguirà. Teniamo sempre monitorata la situazione, giorno per giorno. Le alte temperature e il vento sicuramente rendono tutto più difficile». Resta il fatto che il prezioso lavoro degli elicotteri andrà avanti come sin d'ora. «Certo, perché a piedi non possiamo avvicinarci più di quel tanto. Abbiamo tentato negli scorsi giorni un intervento diretto impiegando una pompa ad alta pressione. Siamo stati costretti a ricorrere alle imbragature per non scivolare lungo il pendio. Ripeto, è una zona pericolosa, dove si può fare davvero poco. Impediremo comunque alle fiamme di oltrepassare il versante verso la Vallemaggia. Gli elicotteri (compreso il Super Puma militare), che sin qui hanno volato veramente tanto, continueranno a bagnare dall'alto i pendii con lanci mirati. Di acqua ne hanno gettata a iosa. Decine di migliaia di litri. Più di così, purtroppo, se le condizioni meteo non cambiano non possiamo fare».

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