Locarnese

A piedi da Locarno a Berna 'solo per ottenere giustizia'

La disperazione di Lokman Kadak, curdo oppresso in Turchia, cui la Segreteria di Stato della migrazione ha già respinto la domanda d'asilo politico

Tempi felici
19 giugno 2020
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Ronia, 12 anni, un mese fa al telefono gli ha detto che vorrebbe tanto fare la dottoressa. «Ma se non posso andare a scuola - ha aggiunto subito dopo - come faccio?». Poi, disperata, è giunta a parlare di suicidio «perché non ce la faccio più». Da Suwar, 15 anni, si è sentito dire: «Papà, quando sei partito ero un bambino, adesso sto diventando un uomo». Frasi che spezzano il cuore, e alimentano un sentimento di nostalgia che pervade, incombe, annienta.

È con queste sensazioni addosso che Lokman Kadak, 42 anni, turco di etnia curda, lunedì partirà da Locarno per Berna. A piedi. Nella capitale cercherà di sensibilizzare le autorità federali, e in particolare la Segreteria di Stato della migrazione (Sem), che ha respinto la sua domanda d’asilo sostenendo che la procedura giudiziaria messa in atto da Ankara nei suoi confronti per presunta affiliazione al Pkk si sarebbe svolta nel quadro dello Stato diritto. E questo per il semplice fatto che Lokman aveva potuto essere assistito da un avvocato. Questo, ovviamente, tacendo della feroce repressione messa in atto dal regime di Erdogan nei confronti dei curdi e, più in generale, delle minoranze e di chi non è in sintonia con le idee dell’Akp del presidente.

’Il futuro rubato ai miei figli’

Lokman è fra questi. In Turchia ha già scontato alcuni periodi di prigionia: il primo oltre vent’anni fa, il secondo fra il dicembre del 2016 e il maggio del 2018, dopo essere stato estradato dall’Ucraina, su mandato dell’Interpol, in quanto ancora considerato affiliato al Pkk. Poi era arrivata una condanna in prima istanza a 6 anni e 3 mesi di reclusione, cui Lokman ha dovuto rispondere con la fuga e l’espatrio in Svizzera - utilizzando il passaporto del fratello, visto che il suo gli era stato confiscato - dove ha depositato la sua richiesta di asilo politico.

L’entrata nel nostro Paese risale al settembre del 2018; a dicembre è arrivata la condanna in via definitiva da parte della Cassazione turca; e ad aprile 2019 il "no" della Sem alla domanda d’asilo. Intanto Ronia, Suwar e Nelli, la loro madre, moglie di Lokman, languono in Turchia senza permesso di soggiorno. «Mia moglie è una donna forte, resiste - dice Lokman - ma i bambini soffrono. E non possono neppure andare a scuola. Ogni giorno che passa viene rubato un pezzo del loro futuro».

In una lettera indirizzata alla Sem con la richiesta di rivedere la decisione, Lokman sottolinea evidenze che soltanto la burocrazia può ostinarsi a non considerare: la Turchia è il Paese del Consiglio d’Europa con il più alto numero di condanne da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo. Le purghe che hanno colpito vastissime fasce di popolazione dopo il fallito colpo di Stato del 2016 dimostrano in modo lapalissiano come sotto Erdogan non ci sia alcuno spazio per la diversità d’opinione, per la libertà d’espressione. «Non capisco come mai la Sem consideri la Turchia come un Paese che rispetta i diritti dei suoi cittadini, quando sono veramente tanti i richiedenti l'asilo che in questi ultimi anni hanno ricevuto protezione proprio perché la Turchia non rispetta lo Stato di diritto. Sono sicuro che la Sem disponga delle informazioni necessarie per stabilire se le procedure in Turchia siano corrette o se non ci sia accanimento giudiziario nei miei confronti». E ancora: «Da Berna mi è stato detto che potrei stabilirmi in Russia, vista la cittadinanza russa dei miei figli. Ma lì ho già provato a vivere, nel 2016. Abbiamo dovuto fuggire dopo le reiterate irruzioni in casa da parte della polizia, che continuamente ci minacciava di rimetterci nelle mani delle autorità turche».

Duecentottanta chilometri in 14 giorni

Da Locarno a Berna Lokman percorrerà una sorta di cammino della speranza e della sensibilizzazione, programmato su 2 settimane, varcando le Alpi e coprendo a piedi una distanza di poco inferiore ai 280 chilometri. In Ticino sarà a Bellinzona lunedi 22 giugno, a Biasca il 23 giugno, a Faido il 24, ad Airolo il 25 e a Bedretto il 26. Superate le Alpi, toccherà Ulrichen, Fiesch, Briga, Gampel, Leukerbad, Kandersteg, Spiez, Wichtrach, per giungere infine, domenica 5 luglio, nella capitale federale. «Durante il mio viaggio dormirò in tenda - ci dice - o ovunque la gente sarà disposta ad accogliermi». Ma il gesto d’accoglienza più importante, Lokman lo attende dal nostro Paese: «Credo nella giustizia svizzera. È uno Stato che tiene conto del principio di “non refoulement” sancito dal dritto imperativo, dalla convenzione di Ginevra relativa ai rifugiati e dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, con il suo articolo 3. In Turchia non posso vivere da uomo libero con la mia famiglia».

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