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Riccardo Lisi nello spazio libero della cultura contemporanea

Interviste telefoniche a coloro che animano il Locarnese: il direttore della rada è curatore e critico d'arte, ma anche un sacco di altre cose...

Riccardo Lisi durante una performance alla Sonnenstube di Lugano (foto Una Szeemann)
14 aprile 2020
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Dal primo ritratto telefonico sono passate poco più di due settimane e sembrano un'eternità. Riprendiamo con la figura eclettica di Riccardo Lisi, uomo dai molteplici interessi artistici e protagonista - conosciuto e riconosciuto - della scena culturale oltre i confini regionali. Curatore e critico d'arte autodidatta e antiautoreferenziale, nonché giurato (fa parte della giuria di selezione della presenza svizzera alle Biennali di Venezia 2021 e 2023). Si definisce "manager culturale specializzato in arte contemporanea e in sviluppo no profit". Nel corso degli anni è stato assistente di diversi artisti, fra i quali Vanessa Beecroft, Marco Poloni, Chiara Dynys. Lisi da sempre opera seguendo una sua spontanea attitudine per cui "il miglior modo per sopravvivere è sviluppare. Ho sempre cercato di puntare in alto, con poche risorse". E non solo in ambito culturale: condurre una vita anticonsumista è scelta esistenziale consapevole e voluta.

Dal Tunnel d'arte alla Rada, passando per la Fabbrica

"Anche se faccio una vita da giovane, quest'anno compio 57 anni", risponde Riccardo quando, un po' sfacciatamente, gli chiediamo quando sia nato (per inciso, nel 1963). Viaggiamo sulle coordinate spaziali. A dargli i natali la città di Pescara, dove "in realtà ho vissuto poco, fino ai sei anni. Dopodiché, con la famiglia mi sono trasferito nelle Marche". All'Università di Bologna si laurea in statistica. Arriva quindi in Lombardia, dove vive e lavora come consulente statistico. Da lì al Ticino, il passo è breve: "Lavoravo come consulente anche a Lugano"; mestiere iniziato 33 anni fa e che ha portato avanti fino al 2003.

"Sono sempre stato molto interessato e curioso della cultura contemporanea in generale, partendo da musica e teatro. L'arte visiva è arrivata dopo". Dalla statistica all'arte (alla diffusione e alla mediazione) tuttavia il passaggio non è così scontato e il periodo di cesura sono gli anni Novanta. "Un cliente di Lugano richiese una presenza costante, così decisi di andare a vivere a Porlezza. Lì nella zona, ci sono alcuni tunnel abbandonati: ho avuto l'idea di usarli per organizzarvi una mostra, chiamata appunto 'Tunnel d'arte'. Era il 1996. Da lì nasce il mio impegno come curatore".

Dopo quella prima esposizione (ripetuta nel 1998), Riccardo avvia una collaborazione con i centri sociali in Ticino e Lombardia e, nell'inverno del duemila, inizia a frequentare la Fabbrica di Losone, quando (qualcuno ricorderà) in calendario c'erano le Friday's Nights. "Serate di happening con mostre temporanee di una notte, concerti e performance", cui Riccardo partecipa attivamente in un paio di occasioni, curando una mostra e vestendo i panni del dj sperimentale. Un'esperienza che segna il nostro interlocutore e lo spinge a interessarsi della continuità della proposta culturale della Fabbrica. Michele Tognetti, realizzatore del centro culturale, gli affida così l'incarico di coordinatore degli eventi e addetto alla comunicazione. Impegno che occupa Lisi dalla stagione invernale 2001 sino a inizio 2007. "È stato lì che sono diventato un professionista: grazie al ruolo di mecenate di Tognetti ho potuto svilupparmi come curatore".

L'approdo

Arte contemporanea vuol dire molteplicità di media, spesso non contenibile in argini; la determinano tuttavia l'intenzione e la modalità di fruizione. Figlia della cultura contemporanea, è espressione del mondo in cui viviamo. "È uno spazio di libertà e fantasia, legato in qualche modo anche alla disponibilità delle società più aperte. E gli spazi indipendenti sono quei luoghi dov'è possibile proporre al pubblico opere contemporanee, nuove forme di creatività che non siano dipendenti dalla vendita o dalla legittimazione istituzionale". Questo è anche il ruolo della rada (via alla Morettina 2 a Locarno), di cui da otto anni è il direttore infaticabile.

"La rada ha una storia molto lunga. È nata nel 1996, come tante altre cose in Ticino; che in quell'anno è cambiato molto", racconta Riccardo. Mentre è coordinatore alla Fabbrica, segue le vicissitudini dello spazio per l'arte contemporanea partecipando alle sue assemblee come socio. In seguito inizia a collaborare come revisore dei conti. Gli anni cruciali sono il 2011 e il 2012, quando prende sempre più corpo il rischio che lo spazio chiuda i battenti. Durante un'assemblea, Lisi si propone quindi come direttore: "Vengo accettato, con incarico ad interim, per farla sopravvivere. Col passare degli anni, sembra però sia diventato apparentemente insostituibile", spiega Riccardo, non con supponenza, bensì con rammarico. "In realtà, non mi piace l'idea di essere insostituibile. Non c'è peggior manager di chi imprigiona la struttura per cui ha lavorato nel proprio modello e nella propria direzione".

Il ruolo non riconosciuto degli spazi indipendenti

Ora la rada - spiega il direttore - è in una fase di transizione. E come lo spazio, anche lui confessa che si sta "guardando in giro", benché vorrebbe continuare a contribuire allo spazio "impegnandomi di più nel procurargli risorse economiche". Dopo tutti questi anni, il suo desiderio è lasciare la direzione al gruppo di giovani curatrici che già collaborano con lo spazio (come Elisa Rusca e Carolina Sanchez) e che ha contribuito a formare. Una collegialità che potrebbe gestire lo spazio alla maniera delle "Kunstverein".

Un parziale distacco dall'attività curatoriale è determinato da un lato dal desiderio di fare altro; ma anche perché provato da due criticità che soffocano la rada. La prima è l'insufficiente riconoscimento del ruolo degli spazi indipendenti, non solo a Locarno (con cui purtroppo c'è maretta) ma in tutto il Cantone. Il secondo aspetto problematico è la mancanza di liquidità: "Trovare i soldi per le spese vive è sempre un problema. Essendo gli spazi indipendenti no profit, il rischio è non riuscire a pagare collaboratori e artisti (come giustamente vorrebbero Pro Helvetia e Visarte)". I fondi sono sempre esigui e - denuncia il nostro interlocutore - alcuni direttori di spazi culturali vivono una forte competitività nel loro reperimento. Per Lisi invece la sinergia fra i centri per l'arte "è fondamentale. Per me è molto importante rimanere sempre in ascolto, dando disponibilità e supporto concreto" ad artisti, curatori, spazi.

Non possiamo non ricordarlo essendo la figura raccontata interconnessa al luogo: la rada propone e produce in media otto mostre all'anno, così come film d'arte e altri prodotti culturali ed editoriali, puntando su artisti under 35 svizzeri o che operano nella Confederazione. Tuttavia, "dal Ticino si fugge; i curatori 'locali' sono pochi. Due le ragioni. Da una parte manca un equivalente delle grandi scuole d'arte a livello post-superiore e quindi i giovani vanno a Zurigo, Ginevra, Losanna e Milano. Scelte utili che però impoveriscono il territorio. L'altro aspetto di carenza è la mancanza di case di atelier (a basso costo e con mezzi di lavoro)". Se queste lacune venissero colmate, anche il Cantone potrebbe essere fra i territori di riferimento per giovani artisti e curatori, rendendo ancora più fervido il sostrato culturale.

In ultima battuta, Lisi ricorda che l'attuale mostra di pittura, 'The Kids Aren't Alright' (curata da Elisa Rusca e in calendario dal 21 febbraio al 28 marzo) non è ancora smontata; anzi sarà riaperta almeno per un fine settimana in maggio, a dipendenza della situazione.

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