Locarnese

Eravamo 8 amici in Nepal: 20 anni di Kam for Sud

In due decenni si sono alternate 150 persone, tutte con un unico obiettivo: la ‘felicità interna lorda del pianeta’. Si brinda mercoledì 26 dicembre in Piazza Grande

23 dicembre 1998
22 dicembre 2018
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«Sono sincera, non avevo immaginato un simile sviluppo. Quando siamo partiti, nessuno di noi vedeva così lontano. Perché quando si comincia da zero si possono avere grandi sogni, ma è difficile rendersi conto di quante forze si hanno a disposizione, di chi è veramente disposto a implicarsi nel tempo. Si parte, l’entusiasmo iniziale è percepibile, poi è soltanto strada facendo che si può prendere coscienza di avere energia, entusiasmo, e pensare a proiettarsi un po’ più in là negli anni, con la consapevolezza che si sta construendo una struttura solida e non una piccola inziativa destinata a finire un paio d’anni più tardi».

Per usare argomentazioni natalizie, Silvia Lafranchi Pittet ci ha tolto le castagne dal fuoco, fornendoci una sintesi che più fedele non si può della genesi di Kam for Sud, associazione della quale è coordinatrice progetti, oltre che co-fondatrice. Un’associazione “non di aiuto ai poveri, ma un gruppo di amici nepalesi e svizzeri che lavora per contribuire ad aumentare la felicità interna lorda del pianeta”, come recita il sito alla voce “Metodo di lavoro”. Kam for Sud compie vent’anni il prossimo 26 dicembre, ma i festeggiamenti sono inziati molto prima, ci racconta Lafranchi Pittet. «Con un pranzo per tutti i collaboratori di questi 20 anni, tenutosi a inizio ottobre, e poi il momento clou, il concerto del 25 novembre nell’auditorio di ReteDue, con il coro ‘Goccia di voci’ diretto da Oskar Boldre». Festa che si concluderà mercoledì prossimo alle 17 in Piazza Grande, in uno degli igloo di Locarno on Ice, per un incontro «con i soci fondatori, il Comitato e tutti i simpatizzanti che vorranno passare a bere un bicchiere con noi, ricordando la data di fondazione».

Ricostruzione post-terremoto

Tantissimi sono i donatori ticinesi. E per la coordinatrice, il ventennale è l’occasione per aggiornare tutti i sostenitori sull’andamento dei progetti. A cominciare da Saipu, villaggio rinato dopo il sisma che l’aveva raso al suolo: «A distanza di 3 anni e mezzo il villaggio è attualmente ricostruito per il 90%, quota tra le più alte del Nepal. Nel 2019 raggiungeremo il 100 %, portando così a completamento le 600 case, le 2 scuole e l’ambulatorio medico». Fondamentale è stata l’iniziale formazione di un centinaio di artigiani nepalesi: «Il motivo di questa rapidità sta proprio nell’avere formato artigiani sul posto tramite un istituto tecnico nepalese, un corso intensivo per muratori, carpentieri e falegnami che poi hanno lavorato a tempo pieno per tre anni, in collaborazione con artigiani ticinesi e svizzeri che hanno partecipato ai lavori come volontari o civilisti ». In questi vent’anni di cooperazione, Kam For Sud ha avuto il viavai di un ‘porto di mare’, circa «150 persone contando tutti, fondatori, collaboratori, volontari, civilisti, qualche partner cruciale che ha reso possibili piccoli e grandi passi. Che si siano mobilitati per un minuto oppure per anni, sono stati tutti contributi preziosi che hanno portato Kam For Sud ad essere la vivace associazione che è oggi».

Moda sostenibile e progetti ‘sui binari’

Tra i progetti partiti tempo fa c’è il sostegno alla comunità dell’alto Mustang, alle prese con l’aridità di un ecosistema d’alta quota messo sotto pressione dai cambiamenti climatici. A questo proposito, alle famiglie più povere è stato donato un gregge di capre pashmina, mentre un frutteto di alberi di mele resistenti al clima montano accrescerà la diversità biologica locale, dando la possibilità di diversificare le attività economiche della regione. ‘Wear With Ease’, invece, è il progetto più recente di Kam For Sud, una linea di moda etica che permette a molti nepalesi di lavorare nel settore dell’abbigliamento in condizioni dignitose, eque ed ecologiche. «È un campo difficile», premette Lafranchi Pittet. «L’industria della moda e del tessile è un settore molto problematico a livello di inquinamento e sfruttamento della forza lavoro. È una lotta tra uno gnomo e un gigante. Ma mi rallegra constatare come ci sia però sempre più sensibilità su questi temi. La casa Monn di Lugano e Bellinzona, per esempio, ha acquistato questa collezione e per noi è stata una soddisfazione. Altre boutiques in altre città svizzere hanno fatto altrettanto. Ci vuole perseveranza, e vale la pena di insistere». La collezione è stata inizialmente disegnata da Coty Jeronimus, che ha impostato il progetto dal lato creativo, ma Kam For Sud collabora anche con giovani creatori nepalesi, dando forma alle loro idee.

«E poi ci sono i progetti sui binari – continua la coordinatrice – che viaggiano spediti da tempo e ormai sono consolidati, come i padrinati a distanza. E l’orfanotrofio-fattoria di Tathali con i suoi 45 bimbi orfani o abbandonati che piano piano stanno diventando grandi. Alcuni sono ormai adolescenti. O il progetto per bambini in strada di Kathmandu, che fa sì che i piccoli, altrimenti destinati a restare in strada tutto il giorno, possano andare a scuola ed essere accuditi fino a sera. Due progetti che funzionano da anni con un personale che svolge un ruolo fondamentale e lavora molto bene». Alcuni ragazzi seguono oggi studi superiori e altri stanno per affacciarsi a una professione: «Il nostro impegno futuro si concentrerà sempre di più sulla loro formazione professionale; d’altronde, anche il progetto di moda etica è stato pensato e realizzato con l’idea di avere laboratori nei quali inserire ragazzi e ragazze sostenuti dall’associazione . Per altri settori professionali siamo in fase di elaborazione di idee».

Rajan, dal padrinato alla professione

C’è una figura che bene riassume il funzionamento di un’associazione cresciuta sulla base di relazioni forti, strette in quella terra, su cui poter contare. È Rajan Shrestha, coordinatore dei progetti in Nepal. Racconta Lafranchi Pittet: «Supportato da un padrinato di Kam For Sud, Rajan è stato aiutato nel completare gli studi. Una volta terminati, gli abbiamo affidato la contabilità dell’associazione in Nepal. Poi, con gli anni, ha assunto sempre più responsabilità. È una persona profondamente onesta e competente, che è stata capace di distinguersi anche in ambiti meno tecnici, dimostrando doti comunicative e notevoli capacità di gestione delle risorse umane. E poi ci sono molte persone che lavorano in modo meno visibile, dietro le quinte, ma che fanno un lavoro preziosissimo». Ci sono parole di Rajan che bene possono portare a termine questo racconto. «Mi sono talmente affezionato a questi progetti che dopo una giornata di lavoro non ho nemmeno l’impressione di aver lavorato. Sono trascorsi 10 anni così in fretta che non mi sembra vero», dice il nepalese di Kam For Sud nel reportage di Francesco Chiesa, che in 20 minuti illustra i progetti in corso, quelli di un’avventura iniziata il 26 dicembre del 1998, in un salotto pieno d’amici, ricordando un viaggio in Himalaya.

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