La ballerina, pittrice e scrittrice milanese, nata senza le braccia, ospite ieri sera dell'associazione 'Insieme per ricevere e donare' con il suo terzo libro

«Un linguaggio è come un abbraccio. Poco importa se le braccia io non le ho». Sono parole estrapolate dal video di presentazione di Simona Atzori, 43enne milanese nata con un grave handicap, la mancanza delle braccia, ma malgrado ciò capace di conquistarsi una vita intensa e fuori dal comune. Vita che l’ha portata, con l’ottimismo, il sorriso e la gioia contagiosa che sempre l’accompagnano, a diventare un’affermata ballerina, una pittrice, una scrittrice. Un personaggio conosciuto (ha partecipato, danzando, al Festival di Sanremo, è stata protagonista della cerimonia inaugurale delle Paralimpiadi di Torino del 2006, ha incontrato due pontefici, ha preso parte a programmi televisivi e via dicendo), che ha dato dimostrazione, nel corso della sua vita, di saper affrontare e superare le barriere a modo suo. Simona Atzori martedì sera, nella Sala della Sopracenerina, è stata ospite dell’associazione “Insieme per ricevere e donare” (rappresentata da Mauro Giovanelli), costituita nel 2012 da un gruppo di persone unite dallo stesso intento: quello di divulgare, soprattutto tra i giovani, il delicato tema del dono e del trapianto di organi. L’occasione per presentare, al pubblico locarnese, la sua terza fatica libraria, il volume intitolato “La strada nuova”. In una chiacchierata con il giornalista televisivo Giancarlo Dionisio, Atzori ha dapprima ripercorso – con l’ausilio di un video televisivo (un concentrato di emozioni straordinarie) – la sua vita. «Non dobbiamo arrovellarci su ciò che non abbiamo – ha osservato a mo’ di conclusione l’artista milanese – ma su ciò che abbiamo».
Pensieri, affetti, sfide e desideri sono presenti anche nel terzo libro che, per dirla con parole di Dionisio, «non è né un romanzo, né una biografia, né un saggio, bensì un viaggio». Quella del viaggio, secondo Simona Atzori, «non è una metafora ma una realtà. Tutti noi ad un certo punto della nostra vita ci siamo trovati dinnanzi a una partenza, voluta o meno, amata o detestata. Io dinnanzi all’ennesima partenza ho voluto provare il viaggio con un’amica: la consapevolezza. A quel punto ho capito che stavo affrontando una strada nuova…». Se la scrittrice ha saputo uscire dal tunnel che il destino l’ha costretta a percorrere, senza sprecare tempo ad autocompiangersi o a urlare domande inutili, è grazie alla sua capacità di cambiare la prospettiva di vedere le cose. «Il primo cambio di prospettiva l’ho mostrato io ai miei genitori, i quali hanno cominciato a chiedersi “che cosa abbiamo e non che cosa ci manca”».
Questa bimba, oggi donna, venuta su meglio di tanti suoi coetanei, capace di vivere nel modo più naturale e soave possibile malgrado la diversità, ha ricordato alla platea quanto sia importante «vivere sereni internamente, con se stessi» e considerare «il nostro corpo come uno strumento, all’interno del quale noi siamo». Con scioltezza, muovendo quasi fossero mani i suoi piedini («gesticolo un sacco, lo so, sono italiana» ha commentato ridendo) Simona Atzori guarda la realtà con ottimismo e fiducia: «La nostra vita è un dono grande che abbiamo il diritto di vivere e il dovere di farlo. Dobbiamo renderla un capolavoro non solo per noi stessi, in modo da essere felici per ciò che affrontiamo ogni giorno». Capace di amare e valorizzare il proprio corpo come qualsiasi altra cosa, malgrado l’inevitabile imperfezione, questa talentuosa danzatrice, accettata dai genitori come un dono, a luglio salirà sul palco per un nuovo spettacolo, intitolato “Disegnati così”. L’arte nelle sue molteplici forme come mezzo di autoespressione e comunicazione, fine e mezzo. Come trionfo sul limite fisico per quella che, qualcuno, ha definito come “una farfalla dalle ali invisibili”.