Chiesti tre anni e mezzo di carcere per un 23enne, vittima una sua amica. L’Accusa parla di stupro ma lui si difende: ‘Era consenziente’
Un rapporto sessuale completo e forzato che rischia di costare caro al 23enne del Bellinzonese comparso stamane davanti alla Corte delle Assise criminali per rispondere del reato di violenza carnale. Vittima una giovane, sua amica sin dall’infanzia, con cui si era incontrato dopo una serata trascorsa separatamente al Carnevale. Era il 18 febbraio 2023 e da allora la ragazza ha dovuto affrontare un lungo e difficile percorso riabilitativo di tipo psicologico e psichiatrico per poter superare il trauma. Al termine della requisitoria la procuratrice pubblica Anna Fumagalli ha proposto una condanna a tre anni e mezzo di reclusione effettiva da scontare in carcere. Richiesta condivisa dall’avvocato della vittima, Arturo Garzoni, che ha sollecitato un risarcimento per torto morale di 8mila franchi. L’imputato dal canto suo respinge l’accusa e ribadisce che si sarebbe trattato di un rapporto consenziente. Nel pomeriggio l’arringa difensiva dell’avvocato Niccolò Giovanettina.
Secondo l’Accusa il 23enne durante l’incontro avuto nella sua automobile ha approfittato della fiducia che lei riponeva in lui e ha soddisfatto le proprie pulsioni sessuali infischiandosene del chiaro dissenso espresso in modo ripetuto. Non è chiaro chi fra i due, poco prima, abbia invitato l’altro o l’altra a fare due chiacchiere e a fumare una sigaretta, com’era già accaduto in passato, quando non erano mancati baci e toccamenti. Una volta giunto all’alba nei pressi della sua abitazione, lei è salita a bordo e a un certo punto sono cominciati i primi approcci cui lei si è opposta in modo deciso. Ciò nonostante è seguito un rapporto completo – impostole, stando all’Accusa – cui lei si è infine sottratta interrompendolo e andandosene arrabbiata. Stando al 23enne il tutto sarebbe invece avvenuto in modo consensuale e senza alcuna imposizione o violenza.
Una versione, la sua, che appare tuttavia non lineare e a tratti contraddittoria, ha fatto notare il giudice Amos Pagnamenta mettendo in dubbio la credibilità dell’imputato. Il cui racconto, stando alla procuratrice, è infarcito di bugie. Al contrario di quello della vittima, ritenuto lineare e coerente sin dalla prima ora quando ne ha parlato con delle amiche, la madre, i medici e la polizia al momento di presentare denuncia. Rischiano di pesare anche i vari messaggi che lui le ha inviato qualche ora dopo l’incontro scusandosi e dicendo che non era sua intenzione fare quello che è invece successo. Secondo la procuratrice un chiaro segnale di ammissione di colpa.