Bellinzonese

I 31 giorni dello sciopero raccontati dagli operai

Mobilitazione del 2008 alle Officine Ffs: pubblicato il libro 'Qui erano tutti ferrovieri' sul vissuto e sulle percezioni dei protagonisti

Ti-Press/Golay
26 settembre 2019
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“Arrivavano pacchi di pasta, riso, forme di formaggio. I guardiacaccia ci regalavano i cervi investisti sulle strade. Facevamo pagare i pasti 10 franchi e la polizia mangiava con noi. Una cosa grandiosa”. Lo sciopero che dal 7 marzo 2008 ha mobilitato per 31 giorni i 400 dipendenti delle Officine Ffs di Bellinzona e con essi mezza Svizzera italiana, tanto da rappresentare uno spartiacque nella lotta operaia e sindacale alle nostre latitudini, viene raccontato oggi nelle 134 pagine di ‘Qui erano tutti ferrovieri’, libro con cui le Edizioni Casagrande per la penna dei ricercatori e docenti alla Supsi Maël Dif-Pradalier, Angelica Lepori e Agnese Strozzega ripercorre gli eventi che portarono le Ferrovie a capitolare il 5 aprile optando per il mantenimento dello stabilimento e una sua trasformazione a lunga gittata. Un esercizio quello odierno, finanziato per il decennale dall’associazione ‘Giù le mani dall’officina’, che dà voce ai protagonisti di una resistenza non improvvisata ma partita dal basso anni prima, con l’organizzazione interna delle maestranze volta a difendere giorno dopo giorno produttività e posti di lavoro di qualità. Un processo graduale che verso le fine di quell’inverno caratterizzato da crescenti tensioni subì un’impennata sfociando nella dichiarazione di sciopero: “Doveva essere un’informazione di dieci minuti e invece siamo stati giù un mese”, ripercorre nel libro un membro del comitato di sciopero. Cosa rappresentano quegli eventi per l’odierno ‘Ticino 2.0’? «Sono stati la cosa più bella della mia vita», risponde l’economista Christian Marazzi intervenuto alla conferenza stampa di presentazione dello studio: «Lo sciopero ha trasformato in un bene comune quello che era un monopolio naturale sottoposto alle logiche economiche superiori. Un bene che può sopravvivere se lo si ama e se riesce a superare la polarizzazione fra pubblico e privato». Il quadro occupazionale odierno in Ticino non sembra però averne beneficiato. «In effetti – sottolinea Angelica Lepori – i sindacati faticano a seguire i cambiamenti in atto. Tuttavia la mobilitazione delle donne, lo scorso giugno, non a caso è stata organizzata come ‘sciopero’, quale attaccamento al bene comune chiamato ‘lavoro’». Lo sciopero del 2008 «è stato un faro che illumina la necessità di allearsi tra lavoratori», evidenzia Maël Dif-Pradalier. Ma il risultato – aggiunge il leader dello sciopero Gianni Frizzo – lo si ottiene «solo coinvolgendo persone determinate. Non basta timbrare e lavorare, bisogna far maturare una ‘coscienza’ partecipando criticamente alla crescita dell’azienda».