Bellinzonese

'Non potevano servire per scopi militari'

Continua il processo per i due elicotteri confiscati a un imprenditore ticinese. Ha testimoniato un esperto del settore, ora parola al perito della difesa

10 settembre 2019
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Presegue nell’aula del Tribunale penale federale di Bellinzona il processo nei confronti dell’imprenditore della Riviera accusato di tentata infrazione alla Legge sul materiale bellico. Il tutto per aver tentato di importare dall’Italia due elicotteri militari (modello Agusta Bell 212 ASW), privi di motore, equipaggiamento e armamenti, ma considerati dal Ministero pubblico della Confederazione (che aveva condannato l’uomo a una pena pecuniaria di 20 aliquote giornaliere da 30 franchi) potenziali velivoli da guerra e dunque sottoposti a un’autorizzazione speciale che il 54enne non aveva richiesto. I due velivoli – aveva spiegato ieri l’imputato – facevano parte di un lotto di cinque elicotteri comprati dalla sua società ticinese in un’asta della Marina militare italiana. Secondo l’imprenditore le cellule dei velivoli (confiscate nel 2018 alla dogana di Chiasso) erano destinate esclusivamente alla vendita. Nello specifico all’industria cinematografica (come già fatto in passato dalla società), che li avrebbe usati (in maniera statica, senza farli alzare in volo) per girare delle scene.

Chiamato a testimoniare dall’accusa rappresentata dal procuratore Sergio Mastroianni, l’ex pilota esperto di elicotteri militiari ed ex colonnello dello Stato maggiore delle forze aeree elvetiche (colui che insieme al personale del Segretariato di Stato dell’economia aveva visionato a Chiasso i due velivoli), ha affermato di non vedere «quali parti delle cellule requisite avrebbero potuto essere usate per scopi militari». Le domande del giudice Roy Garré si sono soffermate in particolare sul costo degli investimenti necessari per rendere le cellule dei due elicotteri (muniti di un’apparecchiatura molto antiquata) anche solo in grado di volare. «Il lavoro sarebbe stato notevole e avrebbe richiesto un costo davvero onoreso, quantificabile in una decina di milioni di franchi – ha affermato il testimone –. Inoltre, calcolando tutte le procedure di controllo a cui le cellule degli elicotteri non erano state sottoposte per anni, sarebbe stato meno oneroso comprarne uno nuovo». Ancora più costoso e complesso – ha proseguito l’esperto di elicotteri – avrebbe comportato il processo di reintegrazione di elementi bellici. Velivoli, ha proseguito il testimone, preposti per essere armati di siluri e missili (che avrebbero richiesto la presenza di un’interfaccia non rilevata dalla Seco al momento del sequestro) per la difesa da navi da guerra e sommergibili.

Il testimone ha quindi definito «ipotizzabile» l’intenzione dell’azienda ticinese di voler rivendere le cellule all’industria del cinema. «Non so a cos’altro avrebbero potuto servire». Nel pomeriggio la Corte sentirà un secondo testimone: un ingegnere chiamato a deporre dalla difesa rappresentata dall’avvocato Filippo Gianoni.

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