Bellinzonese

Palasio, ritrovamenti archeologici 'oltre quanto immaginavamo'

Dal cantiere edile di Villa Rusconi a Giubiasco emergono i resti di un nucleo abitativo Il terreno è in una zona di rilevanza storica

Ti-Press
17 maggio 2019
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Lavori di costruzione e scavi archeologici continuano contemporaneamente: «Non c’è stato alcun blocco del cantiere edile, ma una progettazione in parallelo», ha dichiarato ieri la capoufficio Beni culturali Simonetta Biaggio-Simona, durante il sopralluogo e la conferenza stampa al cantiere sul terreno di Villa Rusconi (di fine XVIII sec.), nella frazione Palasio, a Giubiasco.

La capoufficio ha sottolineato il procedere spalla a spalla della squadra di ricerca archeologica con gli operai dell’impresa, ribadendo che gli interventi dell’Ufficio dei beni culturali (Ubc) – in questo come in altri casi – non bloccano i cantieri edili, solo le loro tempistiche vengono dilazionate. «Quando sono state rinvenute le prime vestigia, sono stati fatti i sondaggi e i ragionamenti necessari al piano d’interventi in collaborazione con la direzione dei lavori, in modo da poter proseguire parallelamente allo scavo edile», ha precisato ancora Biaggio-Simona. Si allestisce un calendario e si liberano quelle parti non sensibili archeologicamente, cosicché gli edili possano continuare il loro lavoro.

I cantieri sono per gli archeologi, è stato detto, delle opportunità di scoperta e vanno seguiti da occhi che hanno una metodologia specifica, capaci di riconoscere che cosa sta sotto. Presenti all’incontro anche la caposervizio Archeologia dell’Ubc, Rossana Cardani Vergani, il direttore della squadra di ricerca, nonché tecnico e archeologo di terreno Giorgio Nogara, c’era anche il capoprogetto immobiliare e architetto Davide Balletta.

Perimetro ad alto potenziale archeologico

Riscontri a Palasio erano attesi. «C’erano già e non solo sulla villa» – continua Biaggio-Simona –, ma l’ampiezza dei ritrovamenti in corso d’opera è «estremamente interessante e va anche un po’ al di là di ciò che ci immaginavamo», chiosa. Gli addetti ai lavori hanno così ricordato che nelle vicinanze, ad alcune decine di metri in linea d’aria, «c’è la necropoli (dell’età del Ferro; ndr) riportata alla luce nel 2013. Allora, ci si chiedeva se ci sarebbero state più strutture medievali e tardomedievali», spiega la capoufficio.

Una contestualizzazione è, però, necessaria. Il terreno in questione è in una zona sensibile di rilevanza storica, infatti è inserito a Piano regolatore nel Perimetro di interesse archeologico denominato Giubiasco-Palasio. «Siamo molto contenti dei risultati, molto importanti per comprendere il passato di questo quartiere».

Una via importante nel medioevo

Stiamo parlando del Ticino medievale e delle vie storiche: «Qui passava la Strada Francesca – ha raccontato Rossana Cardani Vergani –, spostata nei secoli a causa di torrenti, fiumi e ruscelli che qui avevano una forte potenza distruttiva. Con grande sorpresa, grazie all’indagine archeologica (che sarà aiutata dagli storici; ndr), sono emerse vere e proprie strutture di un nucleo abitativo medievale», più volte distrutto dalla furia delle piene di torrenti. Finora, sono stati messi in luce perimetri di case tardomedievali, muri di contenimento del torrente sovrastante; resti di materiali edilizi in cotto, frammenti di ceramica invetriata e di maiolica policroma.

Un’ipotesi, proprio tenendo conto del passaggio della Strada Francesca, è la presenza di una Sosta, tipico «edificio costruito sulle vie di passaggio che permetteva ai viandanti di ristorarsi». Un’altra ipotesi vuole che, smontando gli antichi muri, sia possibile ritrovare attestazioni precedenti al Medioevo, collocabili sulla linea del tempo in epoca tardoromana. Al di là delle ipotesi, la datazione risulta essere complessa, per ora è stata ipotizzata una forchetta che va dal 1200 al 1300, ma non è definitiva: «Non ci sono contesti chiusi che permettano una datazione precisa – ha spiegato Giorgio Nogara –, ma sono stati trovati pezzi di carbone» che aiuteranno a dare riferimenti temporali più precisi. Affaire à suivre...

Documentare e salvaguardare

La squadra degli scavi conta cinque persone: tre richiedenti asilo, che da alcuni anni sono impiegati con successo nei cantieri archeologici, e due operai dell’impresa; come ha raccontato Giorgio Nogara. La squadra scava – procedendo verso il basso si risale la linea del tempo, mettendo così le basi per la ricerca storica che aiuterà a capire quali comunità abbiano abitato e costruito il territorio prima di noi –, documenta e cataloga i reperti ritrovati. Le indagini andranno avanti ancora per uno o due mesi: «Tutto dipende sempre da cosa troviamo». Si tratta di uno smantellamento vero e proprio del sito archeologico; a scavi e documentazione completati, il terreno verrà riconsegnato a proprietario e impresa edile che potrà continuare i lavori secondo il progetto immobiliare.

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