Bellinzonese

Il Tf scagiona Poggi: 'Non aveva un movente discriminatorio'

Il già granconsigliere e municipale di Biasca vince la sua battaglia dopo la condanna in Appello per discriminazione razziale

Ti-Press
21 dicembre 2018
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“Benché indubbiamente irrispettosi e offensivi della memoria e delle sofferenze delle vittime, dei loro familiari e in generale dei membri dell’intera comunità dei mussulmani bosniaci, i due articoli non possono essere considerati lesivi della loro dignità al punto da richiedere un intervento penale”. Perciò la condanna “non può essere ritenuta necessaria in una società democratica”. Conclusione che a ogni modo “non costituisce una forma di legittimazione degli scritti in questione”.

Il Tribunale federale ha scagionato il già granconsigliere e municipale di Biasca Donatello Poggi, oggi consigliere comunale di Giornico, dal reato di “ripetuta discriminazione razziale” per il quale era stato condannato dalla Pretura penale nel 2016 e poi dalla Corte d’appello nel 2017. Lo comunica la massima corte giudiziaria elvetica in una nota stampa ricordando che il politico era stato denunciato per due articoli, apparsi nel 2012, nei quali disconosceva il genocidio dei mussulmani di Bosnia perpetrato a Srebrenica nel 1995. “Alla luce della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo – si legge – il Tribunale federale giunge alla conclusione che la condanna viola il diritto alla libertà di espressione”.

Riferendosi a un libro dedicato al tema, Poggi – patrocinato durante il processo e nei ricorsi dall’avvocato Andrea Rotanzi – sosteneva che la versione ufficiale sull’eccidio di Srebrenica costituirebbe una “menzogna propagandistica”, dal momento che a suo dire un massacro ci sarebbe davvero stato, ma vittime sarebbero stati semmai i serbi, mentre il massacro dei mussulmani presenterebbe molti lati oscuri. Quanto scritto da Poggi secondo il Tf “non può essere compreso da un lettore medio non prevenuto se non come un disconoscimento del genocidio dei mussulmani di Bosnia”. Perciò “risulta di principio adempiuto l’aspetto oggettivo del reato”. Tuttavia, evidenzia il Tf, “non vi sono indizi sufficienti per ritenere che l’autore abbia agito mosso da una movente discriminatorio”.

La libertà d'espressione non è per l'élite

A questo punto il Tf rinuncia a rinviare la causa alla Corte ticinese per completare gli accertamenti su questo punto “perché la condanna dev’essere annullata in quanto lesiva del diritto alla libertà d’espressione”. Eppure la Corte d’appello nel giugno 2017 aveva spiegato che il contesto in cui Poggi si è espresso “da un lato non era tale da legittimare un interesse pubblico alla divulgazione delle sue opinioni, dall’altro il tenore delle espressioni usate - sbilanciate a favore delle vittime serbe e prive di argomentazioni e riscontri seri e concludenti - confermano il movente discriminatorio”. Dal canto suo invece il Tf rileva che “se riferita a temi d’interesse generale, la libertà d’espressione merita un'accresciuta tutela”. Il fatto, poi, che Poggi non sia giurista, storico e accademico, a mente del Tf “non lo priva di questa particolare protezione”. Anzi ammettere il contrario, come aveva fatto la Corte d’appello, secondo il Tf “significherebbe rendere la libertà d’espressione un diritto riservato a una cerchia più ristretta di persone”. D’altronde i due testi “non contengono un appello alla violenza, all’odio o all’intolleranza e nemmeno rimproveri verso i mussulmani di Bosnia”.

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