Bellinzonese

Prima guerra mondiale, Bellinzona commemora l'armistizio

100 anni dopo, un cerimonia si è svolta oggi davanti al monumento ai caduti. Presenti autorità politiche e militari, la popolazione non ha risposto all'invito

Ti-Press/Luca Crivelli
11 novembre 2018
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Anche il Ticino, 100 dopo la firma dell'armistizio che segnò la resa dell'impero tedesco, ha commemorato questa mattina a Bellinzona la fine della 'Grande guerra'. Autorità politiche e militari – scarsa, invero, la partecipazione della popolazione – si sono date appuntamento davanti al monumento dedicato ai caduti in via Dogana. Monumento sul quale sono riportati i nomi dei soldati ticinesi periti durante il conflitto che vide la Svizzera impegnata a difendere – temendo l'invasione subita nel 1914 dal pure neutrale Belgio ad opera dei tedeschi – il proprio territorio da incursioni su vari confini: da quello franco-tedesco, dove infuriavano i combattimenti, a quello con l'Austria nella parte più nord-orientale del paese, fino a quello col Sud Tirolo, oltre la frontiera grigionese, conteso dal Regno d'Italia e dall'impero austro-ungarico. Truppe furono schierate anche in Ticino, in particolare nel Bellinzonese fino al Ceneri, dopo che in un primo periodo si erano limitate a sorvegliare la situazione soltanto nella zona del Gottardo suscitando le proteste del Cantone italofono.

Norman Gobbi: 'Il ruolo della donna nel tenere unita la comunità'

«Le autorità militari e politiche cantonali rendono oggi onore ai cittadini-soldato che perirono durante il servizio attivo, rispettivamente agli uomini e soprattutto alle donne che si impegnarono per tenere forte e unita la nostra comunità», ha sottolineato dapprima il direttore del Dipartimento istituzioni, Norman Gobbi. Il consigliere di Stato ha ricordato come «giustificato l'impegno militare degli uomini che siamo qui oggi a onorare, ma pure delle donne e delle famiglie che a casa subirono l’assenza per quasi un anno e mezzo dei loro mariti e padri, senza che fosse prevista un’indennità di perdita di guadagno». La prima guerra mondiale «dimostrò il ruolo centrale della donna nella comunità. L’assenza degli uomini accentuò la loro funzione sociale, soprattutto di conduzione della famiglia e delle aziende agricole. L’emancipazione completa era però ancora lontana. Le famiglie patirono periodi di malnutrizione che fu poi terreno fertile per la diffusione dell’epidemia influenzale, con oltre 25mila vittime». La Grande guerra «evidenziò anche la grande spaccatura sociale, tra ricchi e poveri, ma soprattutto tra città e campagna, dove nelle aree urbane le famiglie operaie patirono molto di più la malnutrizione e il rincaro delle derrate alimentari, rispetto alle famiglie agricole nelle campagne che disponevano di prodotti propri e poterono anche approfittare del rincaro interno. Questa spaccatura venne accentuata anche dai moti rivoluzionari durante la guerra, soprattutto da quella bolscevica in Russia che veniva vista con forte diffidenza dalla classe politica e dalle classi rurali».

Simone Gianini: non abbassare la guardia

La fine della guerra – ha dal canto suo evidenziato il municipale di Bellinzona Simone Gianini – ha «ulteriormente e impietosamente messo la popolazione di fronte agli stenti e alle tensioni sociali, sfociate nella tumultuosa proclamazione dello sciopero generale del 12 novembre 1918. Fu da lì che iniziarono a porsi le basi del nostro Stato sociale e democratico ad esempio con la riduzione, allora, della settimana lavorativa a 48 ore, con l’introduzione del principio dell’Avs, poi concretizzata alla fine della seconda guerra mondiale, o con l’affermazione della concordanza di governo e della pace sociale. Dagli stenti della prima guerra mondiale e sfruttando le intuizioni delle precedenti generazioni di pionieri del calibro di Alfred Aescher, che prima della guerra posero ad esempio le basi per un sistema di trasporto efficiente tra il nord e il sud delle Alpi, la Svizzera e anche il Ticino, sino ad allora poverissimo e con un’economia ancora quasi esclusivamente agricola, iniziarono quello sviluppo economico e sociale che oggi ci contraddistinguono. In conclusione, è a partire da quegli anni e da quelle vicende che si è vieppiù affermato il nostro modello di Stato federale, liberale, sociale e democratico». Tuttavia, ha annotato in conclusione Gianini, bisogna oggi non abbassare la guardia, «perché nulla è scontato e nulla è immutabile, come hanno dimostrato la successiva guerra mondiale e i conflitti che ancora oggi, in anni di sempre maggiore tensione fra Stati e popoli, altri conflitti ancora accadono e ancora potrebbero accadere».

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