Bellinzonese

Sei testimoni al processo contro due agenti della Cantonale

Gli imputati sono accusati da un ladro rumeno di averlo picchiato durante un fermo. Essi negano ogni addebito

La centrale di Camorino
(Ti-Press)
16 gennaio 2018
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Quattro ore d'interrogatorio al di fuori dell'aula penale. È successo oggi pomeriggio nell'ambito del processo iniziato stamattina in Pretura penale a Bellinzona nei confronti di due agenti della Polizia cantonale che sono accusati di lesioni semplici, abuso di autorità e vie di fatto. A venire sentiti dal giudice Marco Kraushaar sono stati sei poliziotti dentro un garage della Centrale di Polizia a Camorino, ovvero dove il 23 gennaio del 2015 le 4 pattuglie intervenute per il fermo di tre ladri rumeni a Faido sono rientrate con il trio di malviventi, la loro vettura e il loro bottino.

La denuncia nei confronti dei due agenti, di 33 e 34 anni, è stata inoltrata da uno dei fermati, che ha accusato i poliziotti che lo hanno perquisito di aver utilizzato maniere forti e più precisamente di avergli tirato dei pugni alla testa e alla schiena, oltre ad alcuni calci dietro le ginocchia che lo hanno fatto cadere a terra. Il rumeno sostiene di aver ricevuto anche una ginocchiata nelle parti bassi e, dopo essere stato sbattuto contro una parete, di essere stato stretto al collo con la mano da parte di uno degli agenti.

"Non ricordo", "non lo so", "non sono sicuro". Sono state queste le risposte più ricorrenti da parte dei sei testimoni durante il pomeriggio svoltosi come detto sul luogo dei fatti a tre anni di distanza. Gli imputati, difesi dall'avvocato Andrea Bersani e da Brenno Canevascini, respingono ogni accusa e negano dunque di essersi richiusi in un locale separato dal garage al fine di usare violenza contro il ladro durante la perquisizione dell'uomo. Tutti gli agenti che erano presenti quella notte – alcuni impegnati a perquisire l'auto e il bottino, alcuni occupati a tenere d'occhio i ladri – hanno dichiarato di non aver sentito urla né visto scene di violenza tra i colleghi e l'uomo fermato. "Altrimenti ce ne saremmo ricordati", hanno aggiunto.

Un elemento chiave per l'inchiesta condotta dal procuratore generale John Noseda (oggi assente) riguarda la posizione in cui i due agenti hanno effettuato la perquisizione. Si trovavano in un angolo del garage in posizione parzialmente nascosta da alcuni mobili, oppure si erano recati nel locale attiguo (chiudendosi forse la porta alle spalle)? Nei primi verbali d'interrogatorio i colleghi presenti avevano fatto riferimento a un altro locale. C'era anche chi aveva ammesso di non poter escludere che dentro lì fosse successo qualcosa di losco. Una versione "influenzata dalla pressione non indifferente esercitata dall'interrogante in sede di verbale" si è giustificato oggi il teste. Oggi infatti nessuno ha ammesso di aver visto i colleghi entrare nell'altra stanza; solo uno ha detto di averli visti sulla porta o al massimo appena al di là dell'uscio.

Il procedimento prosegue domani con l'intervento dell'avvocata Khouloud Ramella Matta Nassif in rappresentanza dell'accusatore e le arringhe dei legali difensori, che si batteranno per l'assoluzione.

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