Bellinzona

Prosciolti i genitori di Eleonora Bottaro: rifiutò la chemio anche a Bellinzona

1 dicembre 2017
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Prosciolti perché il fatto non costituisce reato. Dopo le parole del giudice – scrive oggi il 'Corriere del Veneto' – si sono lasciati andare a un pianto e a un forte abbraccio Lino Bottaro e Rita Benini, genitori di Eleonora, la 17enne padovana deceduta per un tumore il 28 agosto del 2016. I due erano indagati dalla Procura di Padova per aver negato le cure alla figlia. La ragazza, studentessa dell’istituto agrario, era stata colpita dalla malattia all’inizio dello scorso anno. I medici avevano prescritto cicli di chemioterapia ma i genitori si erano rifiutati e avevano firmato le dimissioni dall’ospedale della figlia, all’epoca minorenne.

Allo Iosi per alcune settimane

Insieme si erano rivolti anche all'Istituto oncologico della Svizzera italiana, a Bellinzona, dove però le era stato spiegato che una guarigione sarebbe stata possibile solo attraverso la medesima cura prospettatale in Italia e da loro rifiutata. L'Ente ospedaliero cantonale a questo riguardo in un comunicato annotava come la giovane paziente sia “rimasta vittima di credenze che ancora oggi purtroppo riescono a mietere vittime quando invece esistono cure riconosciute internazionalmente e applicate sia in Italia sia in Svizzera”. Successivamente la ragazza era stata degente per qualche tempo in una clinica privata di Santa Maria, in Calanca. Tornata in Italia, è infine morta.

L'inchiesta e le accuse

Prima del decesso, le autorità sanitarie venete avevano segnalato il caso al Tribunale dei minori, che aveva decretato la decadenza della patria potestà genitoriale, affidando la giovane alla tutela di un medico. I genitori – ricordano i media italiani – erano quindi stati indagati per omicidio colposo, aggravato dalla previsione dell’evento. Secondo la tesi della procura di Padova, non accolta dal giudice, i genitori avrebbero osteggiato qualsiasi forma di contrasto medico ingenerando in Eleonora, minorenne fino a quattordici giorni dalla morte, la convinzione che la chemioterapia non solo fosse inutile, ma fosse pure nociva. Così lei si era affidata a cure palliative con metodi naturali – come detto anche in Ticino e nel Moesano – che però non hanno contrastato la malattia, portandola alla morte.

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