Roveredo

Giulini a processo, attesa oggi la sentenza

22 novembre 2017
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La Corte del Tribunale distrettuale Moesa, presieduta dal giudice Mirco Rosa, a un anno dal dibattimento celebratosi il 24 novembre 2016 dovrebbe pronunciarsi oggi nei confronti dell'ex presidente dell'Associazione calcio Bellinzona Sa, Gabriele Giulini. Accusato di falsità in documenti, il 67enne respinge l'accusa per la quale il procuratore pubblico Franco Passini aveva comminato tramite decreto d'accusa una pena pecuniaria di 19mila franchi, sospesa con la condizionale, e una multa effettiva di 3'500.

Al dibattimento di un anno fa, l'allora giudice Davide Pedrotti un po' a sorpresa aveva deciso di sospendere il procedimento chiedendo al Ministero pubblico retico di “completare, rispettivamente rettificare” il decreto d’accusa. Motivo della richiesta: alcune novità emerse in aula rispetto alle risultanze d'inchiestat non consentivano alla Corte di pronunciarsi adeguatamente.

Azioni per 3,4 milioni

Il caso ruota attorno alla sottoscrizione di Giulini – fatta nell’agosto 2012 a San Bernardino, dove risiedeva – di un documento che attestava la sua entrata in possesso di azioni societarie per 3,4 milioni di euro, ben sapendo che su quegli averi era in corso una causa legale per questioni ereditarie fra il vero titolare della società (l’imprenditore romagnolo Rodolfo Errani suo socio in affari in Russia) e la sorella di quest’ultimo. La quale, confrontata con la cessione azionaria, l’ha bloccata denunciando Giulini alle autorità grigionesi.

Giuridicamente la Corte deve stabilire se l’intero iter sfociato nella sottoscrizione di quel documento – peraltro avvenuta in assenza del certificato originale relativo alle azioni al portatore – rappresenti un falso ideologico commesso con dolo, ossia sapendo di nuocere a qualcuno per trarre profitto a sé come sostenuto dall’Accusa e dal legale dell’accusatrice avvocato Edy Salmina; oppure se Giulini, sulla base di un accordo orale con Errani, abbia agito in buona fede con un comportamento semmai negligente e non finalizzato a commettere con la menzogna un indebito profitto, come sostenuto in aula dall’avvocato difensore Luca Marcellini.