Culture

EuroBaglioni one-man-band a Campione

Campione d'Italia, 10 maggio 2014
10 maggio 2014
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Nella notte in cui Emma rappresenta – ma il verbo andrebbe al condizionale – la canzone italiana nella grande discoteca dell'Eurosong (bravo il violinista ticinese, lontano dalle oscenità dance-kitsch europee), sul palco di Campione d'Italia è andata in onda la canzone italiana di un Claudio Baglioni in versione one man band, per due ore di grandi successi in formato “io, il mio strumento e niente altro”.

Usa con attenzione i termini anglosassoni, il romano, che la mette subito sull'ironia: “...questo tipo di concerto lo chiamerei Assolo, ma l'assonanza con Asshole mi crea sempre problemi con i colleghi inglesi, quando spiego di cosa si tratta...”. Nero su nero – la giacca, il vestito e il fondale – tutto è sobrio, come il canuto dei capelli che negli Anni Ottanta sono stati zazzera (la copertina di 'Strada facendo', un affronto alla calvizie) e la forma fisica impeccabile di uno che – non bastasse il talento – è stato e ancora è un sex symbol.

Nella notte europea delle voci tutte soul (qualsiasi sia la lingua), nella notte della celebrazione dell'inguine e del davanzale di carne, nella notte del trionfo del visual effect – per meglio apprezzare tecnologia e progresso applicati allo spettacolo, Eurosong andrebbe visto a volume zero – sul palco del Casinò nessuno specchietto per le allodole, ma dotazione minima di proiettori ad illuminare canzoni nella forma essenziale, così come sono nate e così come possono stare in piedi, sempre, quando sono grandi canzoni. Il Baglioni minimalista si divide tra l'accompagnamento di uno Steinway & Sons acustico ed un piano digitale dai suoni talvolta elettrici; al centro, un terzetto di chitarre dalla diversa accordatura, il tutto per rendere a pieno lo stile compositivo dell'intero repertorio. Nell'intervallo tra 'I vecchi' e 'Acqua dalla luna', Baglioni definisce il suo concetto di successo, inteso come “tutto quello che è successo, tutto quello che è accaduto”, arrivato con 'Signora Lia' (accennata) in un momento della vita in cui (testuale) “giravo ancora in tram”.

Nella notte europea della celebrazione del suo surrogato, chiusa in strutture tutte uguali per timore e convenienza, sul palco del Casinò di Campione d'Italia è andata in scena l'arte – bella, a volte innegabilmente eterea, a volte innegabilmente profonda – di scrivere canzoni. In epoca di classificazioni, appellativi e rimandi a questo o a quel genere, al “genere Baglioni” va stretto il termine “pop”, da tempo affibbiato a tutto quanto è stato – quasi fosse una colpa – orecchiabile e di successo, definizione che oltraggia capitoli di scrittura musicale colta, come 'Oltre' e 'Io sono qui', album impeccabili per ispirazione e cura artistica.

Chiamatela pure leggera, se volete, o chiamatela “melodico”, visto che il Cantautore non si fa mancare 'E tu', 'Sabato pomeriggio' e 'Questo piccolo grande amore'. Chiamatela come volete. Dopo due ore abbondanti di autoritratto, dal centro del palco, il Claudio Nazionale afferra il gancio in mezzo al cielo di 'Strada facendo' e scompare nel buio delle quinte, lasciando alla memoria della sala quarant'anni di onorata, onoratissima - e competente - carriera.

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