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Chi meno spende, alla fine più spende

È il colmo: nel Paese di Roche e Novartis, si deve peregrinare da una farmacia all’altra per trovare, se sei fortunato, uno sciroppo antibiotico per bebè

In sintesi:
  • Basta un intoppo sulla catena globale di produzione e siamo senza medicamenti. Vulnerabili ai capricci del mercato, impotenti davanti ai colli di bottiglia nella consegna
  • È ora di rafforzare l'industria, privilegiando una filiera corta, riconquistando se non tutta (è utopico) almeno parte dell'autonomia elvetica dal farmaco ‘made in China’.
(Depositphotos)
17 maggio 2023
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Chi meno spende, più spende, diceva mia nonna. Cattivi investimenti di oggi, possono costarti il triplo domani. L’attuale penuria di medicamenti è la conseguenza di scelte passate orientate alla compressione ossessiva dei costi e alla massimizzazione dei profitti. Risparmi miopi che oggi paghiamo a caro prezzo: in farmacie, ospedali, sale operatorie, tutta una serie di medicamenti, anche salva vita, sono dosati col contagocce, perché scarseggiano. Antinfiammatori, antibiotici, derivati della morfina, medicamenti per bambini. Farmaci a buon mercato, perlopiù sotto i 50 franchi, ma a tratti quasi introvabili. Produrli in Europa non rendeva, quindi gran parte della fabbricazione è stata delocalizzata in Cina ed India, dove la manodopera è meno cara. Fabbrica l’una; fornitrice di principi attivi l’altra (quella meno democratica). Ci siamo messi nelle mani altrui, azzerando le infrastrutture per una rapida produzione indigena. Basta un intoppo sulla catena globale di produzione e siamo senza medicamenti di largo consumo. Vulnerabili ai capricci del mercato, impotenti davanti ai colli di bottiglia nella consegna, a ritardi e ritiri dal mercato. Succede di continuo e va sempre peggio. In questi mesi mancavano almeno 1'000 preparazioni di farmaci da prescrizione (un anno fa erano ‘solo’ 450). È il colmo, nel Paese di Roche e Novartis, leader mondiale nella scoperta e sviluppo di farmaci, si deve peregrinare da una farmacia all’altra per trovare, se si è fortunati, uno sciroppo antibiotico per curare i propri figli o un antinfiammatorio quando ti si blocca la schiena. Per non parlare di ospedali e cliniche che, di mese in mese, fanno salti mortali per ovviare alle penurie, obbligati a cambiare terapie, sostanze, protocolli, a cercare i farmaci mancanti all’estero, dove la concorrenza è accesa, perché in Europa non va meglio. A pagare il prezzo di queste scelte scellerate sono soprattutto i bambini. Non si può semplicemente adattare un farmaco per adulti ad un bebè. Le cure pediatriche sono quelle più economiche e sempre meno disponibili. Più il prezzo è basso, meno il mercato è appetibile. Inoltre la minuscola Svizzera per i grandi produttori è poco interessante e finiamo in lista d’attesa.

E pensare che nel 2019 avevamo notevoli sovracapacità produttive, poi Novartis e Roche hanno tagliato la loro rete di produzione. Diverse fabbriche sono state messe in svendita.

È ora di andare a riaprirle, rafforzando l'industria, privilegiando una filiera corta, riconquistando se non tutta (è utopico) almeno parte dell'autonomia elvetica dal farmaco ‘made in China’. La guerra in Ucraina ha evidenziato quanto sia pericoloso dipendere ciecamente dagli altri: dalla Russia per il gas, dall’Ucraina per il grano, dall’Asia per i prodotti farmaceutici.

Ora la Germania sta facendo da apripista. Berlino ha appena approvato una legge per rendere più attraente il mercato dei generici, proponendo di aumentare il prezzo di alcuni farmaci. La via tedesca è quella di rafforzare i siti produttivi in Europa, innalzare il livello di scorte e l’allerta precoce per prevenire le carenze. E la Svizzera? Speriamo non stia a guardare. Un’iniziativa appena lanciata da una larga alleanza, chiede di centralizzare la sicurezza del rifornimento dei beni medici (ora lasciata alle 26 autorità cantonali) e creare catene logistiche affidabili con l’estero. Mia nonna direbbe: ‘Vale la pena spendere!’

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