Luganese

Pestano e sequestrano un 19enne: il caso approda in Appello

Si è aperto alla Carp il processo ai 6 imputati che tra il 2020 e il 2021 hanno picchiato e rapito un giovane del Mendrisiotto. La pp: ‘Violenza inaudita’

In sintesi:
  • Alla Corte di Appello di Locarno compaiono i sei imputati condannati per aver picchiato e umiliato più volte un 19enne del Mendrisiotto
  • A Cadempino il giovane è stato preso a sprangate ed è stato abbandonato nella neve
  • La pubblica accusa chiede che vengano condannati anche per correità
Nel pomeriggio parola alla difesa
(Ti-Press)
16 maggio 2023
|

È approdato stamane alla Corte di appello e revisione penale di Locarno (Carp), per volontà della procuratrice pubblica Valentina Tuoni e di tre imputati (uno per appello incidentale), il maxiprocesso ai sei imputati – dai 22 ai 29 anni del Luganese, nonché un 34enne colombiano – responsabili di aver sequestrato, picchiato e umiliato in più occasioni, tra il 2020 e il 2021, un 19enne del Mendrisiotto, costringendolo in auto per poi malmenarlo prima ad Ambrì e in seguito nella discosta e buia zona industriale di Cadempino. Luogo in cui lo presero a sprangate, abbandonandolo nel sangue e nel terrore: volevano farsi consegnare i soldi – 2mila franchi, lievitati poi a 7mila con interessi – per dosi di droga non onorate. A presiedere il processo in Appello, è il giudice Angelo Olgiati.

Chiesta la correità per tutti gli imputati

La titolare dell'inchiesta penale ha presentato ricorso affinché venga confermata l'ipotesi principale di correità per tutti i partecipanti alle aggressioni. «Ci siamo addentrati in una realtà distopica, dove tutto è un gioco, e dove se il bersaglio non cede, si ricomincia da capo e nessuno di loro si è dissociato, ma al contrario hanno partecipato all’inaudito pestaggio».

La vittima invece non ha impugnato la sentenza di primo grado. È stata la sua patrocinatrice Sandra Xavier a riportarne le motivazioni chiedendo il respingimento degli appelli richiesti dai due imputati: «Una sola cosa desidera, oggi come allora, ovvero che questa storia sia conclusa, almeno all’apparenza». La vittima, ha proseguito la legale, «i fatti li ricorda molto bene e il tempo passato purtroppo non lo aiuta a dimenticare e mai dimenticherà. Da allora nulla è cambiato: i dolori alla schiena ci sono ancora, come pure gli incubi di notte e le paure che improvvisamente tornano prepotentemente nella sua testa. Di fronte a tanto orrore non si può che provare indignazione. Sono scene degne del più crudo film dell'orrore».

Tutti gli imputati, sostanzialmente rei confessi, erano stati condannati, nel febbraio 2022, dal presidente della Corte delle Assise criminali di Lugano, il giudice Amos Pagnamenta: tre di loro furono ritenuti colpevoli di tentato omicidio intenzionale e tutti e sei vennero condannati per sequestro di persona. Il regista delle inaudite scene di violenza è il 34enne colombiano (difeso dall'avvocato Samuele Scarpelli), che vantava nei confronti della vittima il citato credito di droga. Fu lui a dettare l’inizio e la fine di ogni spedizione punitiva con la promessa di compensi (tra i 1'000 e i 1'500 franchi).

Due episodi di violenza inaudita

Il primo episodio risale al 10 dicembre 2020: la vittima venne convocata al cimitero di Massagno con la scusa di una consegna di un po’ di marijuana. Lì il giovane venne preso a calci, sberle, pugni e spintoni alla schiena, alla testa nella neve gelida di quell’inverno. Una giornata in cui il 19enne è stato sequestrato prima a Cadro e il pomeriggio in Leventina legato a una corda. Sempre quel 10 dicembre, la vittima fu legata per la caviglia al gancio di traino dell’auto guidata dal 29enne che avviando il motore, e partendo con una velocità tra i 30 e i 50 km/h, la trascinò per una certa distanza con la strada ricoperta di ghiaccio. Poi ci fu un terzo sequestro il 28 gennaio del 2021 quando il ragazzo è stato preso a sprangate con un attrezzo da palestra e minacciato di essere bruciato con benzina e fuoco.

Lo scopo era quello di spaventare la vittima e mettergli pressione per ottenere il denaro. Questa la versione concorde degli imputati. Nel mezzo di quegli episodi di violenza il giovane del Mendrisiotto aveva annunciato loro che avrebbe presto potuto restituire i soldi della droga, dal momento in cui aveva raccontato di aver trovato un lavoro, ma senza essere ascoltato.

‘Hanno preso in considerazione la morte della vittima’

La pena più alta era stata inflitta al 34enne colombiano. Per lui il magistrato aveva proposto una pena di 11 anni di carcere e 15 di espulsione dalla Svizzera, pena richiesta anche oggi in aula al termine della requisitoria. Il giudice di primo grado lo aveva però condannato a 6 anni e quattro mesi di reclusione e a 10 anni di espulsione dal territorio elvetico.

Cinque anni di prigione erano invece stati inflitti al 22enne di origine rumene, tutelato dall'avvocato Stefano Camponovo, a sua volta espulso dal Paese per sette anni. «Ha preso al volo la prima occasione per sfogare la propria frustrazione personale – ha espresso la pp –. Ha preso in considerazione il decesso della vittima e ha continuato a picchiarlo anche quando steso a terra». Per questo, la pubblica accusa ha chiesto che venga incarcerato per 8 anni ed espulso per 10 anni.

Anche al 29enne italiano residente nel Luganese (difeso dall'avvocato Yasar Ravi), dipinto dall’accusa come il braccio destro del colombiano, è stata inflitta una pena sostanziosa: quattro anni e otto mesi di carcere. Per lui, il magistrato ha chiesto oggi 8 anni di prigionia. «La sua colpa è molto grave – ha indicato Tuoni –. Ha agito solo per compiacere sé stesso e ha goduto nel far soffrire la vittima. È colui che sceglie i luoghi isolati per aggredire il giovane e non si stanca mai di metterne in pericolo la vita».

Al 24enne di origine serba, rappresentato dall'avvocata Sabrina Aldi, riconosciuto anch'egli colpevole di tentato omicidio e sequestro di persona è stata inflitta una pena di 5 anni di reclusione. La procuratrice pubblica ha però proposto una pena di 8 anni con un trattamento ambulatoriale perché, a mente dell'accusa: «I suoi comportamenti troppo sproporzionati da non essere affetto da una patologia».

Mentre pene più miti sono state ordinate nei confronti degli altri due imputati: il 22enne luganese, difeso dall'avvocata Barbara Pezzati, è stato condannato a tre anni di reclusione, di cui 18 mesi con la condizionale, il resto da espiare. Venti mesi di carcere sospesi condizionalmente per due anni sono invece stati inflitti al 23enne residente del Luganese, tutelato dall'avvocato Felice Dafond, che, secondo il giudice, ha partecipato solo marginalmente agli episodi di violenza, assumendo un comportamento passivo. Per loro Tuoni ha invece chiesto rispettivamente 8 e 6 anni di prigione. «Entrambi hanno partecipato attivamente a quanto veniva fatto alla vittima».

Nel pomeriggio la parola verrà data agli avvocati difensori.

Leggi anche:
Resta connesso con la tua comunità leggendo laRegione: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔