laR+ Il commento

Minchia signor Zelensky

Perché Sanremo è Sanremo, ma non è e non potrà mai essere soltanto musica. Per fortuna

In sintesi:
  • Il presidente ucraino interverrà nella serata finale del Festival della canzone italiana, e la politica s'è indignata
  • Perché al Festival non sono solo canzonette
Giorgio Faletti, ‘Signor tenente’ (1994)
(YouTube)
2 febbraio 2023
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"Quando è la sera, e lava e stendi e stira e pulisci e prepara il pranzo per il mio marito che è pendolare, prepara la merenda per il figlio che deve andà a scòla, e quello c’ha fame e quello c’ha freddo e quello c’ha sonno e quello la piscia e quello la cacca e quello c’ha il diavolo che se lo porta: non ce la faccio pppiù!". Sulla querelle Zelensky, ovvero sull’opportunità che il presidente dell’Ucraina invasa parli a Sanremo durante l’ultima serata, manca solo il parere della Flora, la casalinga romana che quando la cena è pronta s’affaccia al balcone, chiama i figli e, già che c’è, si sfoga coi condomini (San Luca Evangelista, protettore degli artisti, proteggi la nostra sorella Anna Marchesini).

La querelle Zelensky è come la recensione di Avatar, tutti ne abbiamo scritta una. E poi è il Festival, e gli esperti di Sanremo sono nati prima degli esperti di guerra, e ancor prima degli esperti di vaccini. Tra le teorie complottistiche – insieme a "Tanto si sa già chi vince", mai tramontata – è tornata in auge "È solo per fare audience", e cioè la teoria che ospitare Zelensky sia un modo per la Rai di lucrare sulla guerra, riflessione un tantino démodé per un evento che da tempo vende pubblicità a prezzi da Super Bowl anche senza la guerra.

L’ironia sulle esternazioni dei politici l’hanno fatta meglio di tutti Luca e Paolo (e i loro autori), in tv con la lucidità dei giullari. Noi, al massimo, potremmo scrivere dei nostalgici locali che postano foto di Toto Cutugno a Sanremo con il coro dell’Armata "Russa" (sic) nel 2013 (anche lì, nessun complottismo: per cantare ‘L’Italiano’, il coro dell’Armata Rossa Cutugno se lo pagò di tasca propria). Ci limiteremo dunque alle parole di Fabio Volo: "Capisco l’attenzione, però mi sembra anche un po’ la spettacolarizzazione di un qualcosa. Non lo so, quando poi (Zelensky, ndr) è venuto cosa cambia?". Dal jingle dello sponsor, la prima sera, fino al sindaco che consegna il trofeo sotto i coriandoli, tutto a Sanremo è spettacolarizzazione. Quel "qualcosa" di cui parla Volo, uomo di spettacolo, è la guerra e quel "non lo so, quando poi è venuto cosa cambia?" stride con la natura partecipativa dello scrittore/attore, da quando – per le Iene – entrava nudo nei distributori di benzina a quando mandò a quel paese Matteo Renzi, venuto a prendersi la scena alla presentazione dell’ultimo suo (di Volo) libro.

Sanremo non è mai soltanto musica. Per fortuna. Sanremo è l’imprevedibile nel torpore tipico della gara canora; Sanremo sono gli operai dell’Italsider sul palco con Baudo e quelli del Consorzio del Bacino di Napoli e Caserta sul palco con Fazio, venuti a difendere i posti di lavoro. Sanremo, in nome della libertà di espressione, è finanche Salvini contro "l’egiziano" Mahmood e Povia che canta "Luca era gay e adesso sta con lei". Ma è soprattutto Giorgio Faletti che viene a cantare ‘Signor Tenente’, più nota come ‘Minchia, Signor Tenente’, la quotidianità di chi a vent’anni rischia la vita per la divisa, canzone più necessaria di ‘Nel blu dipinto di blu’, più nota come ‘Volare’. Sanremo è quella cosa troppo frivola che è meglio che resti tale affinché si possa continuare a parlarne male. Sanremo è il marito che ha una bella moglie ma si preoccupa perché è troppo intelligente.

Sanremo, in meno parole, è anche il mondo là fuori, e censurare Zelensky significherebbe fare peggio di quel ministro dell’Istruzione che in Italia, tanti anni fa, mandò al macero i fumetti di Lupo Alberto, commissionati per spiegare ai bimbi delle scuole italiane che quello della cicogna è un falso storico. Spiegare ai bambini il sesso? Ma scherziamo? Parlare di guerra al Festival? Oh mio Dio! Volodymyr Zelensky a Sanremo? Non sia mai! Meglio Checco Zalone che fa la voce da trans.


Keystone
Correva l’anno 2013

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