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‘Noi politici di milizia, ecco perché lasciamo’

Sempre più difficile conciliare parlamento e lavoro. Piace poco l’idea di una professionalizzazione del Gran Consiglio. ‘Ma una riflessione si impone’.

I dossier sempre più complessi scoraggiano
(Ti-Press)
3 gennaio 2023
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C’è chi non si (ri)candida alle elezioni cantonali del prossimo aprile perché nel vigente sistema di milizia non riesce più a conciliare politica attiva e lavoro. E ha quindi dovuto fare una scelta. Come Fabio Käppeli, neo-avvocato, che ha deciso di non correre per l’eventuale terza legislatura in Gran Consiglio, preferendo concentrarsi sui dossier del Municipio di Bellinzona, dove è entrato con le comunali del 2021, e sulla libera professione. «Di principio – dice il giovane esponente liberale radicale – sono per il mantenimento della politica di milizia, che permette ai membri degli organi legislativi e ai municipali di avere il polso del Paese. Tuttavia non possiamo ignorare l’accresciuta complessità dei problemi, sul piano cantonale e su quello comunale. Bisogna quindi individuare – aggiunge Käppeli – delle soluzioni che consentano di conciliare al meglio l’attività professionale con quella istituzionale, per evitare che a sedere in Gran Consiglio, nei consigli comunali e nei municipi siano solo pensionati».

Il tema torna sotto i riflettori

Pregi, ma pure limiti del sistema di milizia, di quel sistema che contraddistingue anche la vita politico-istituzionale svizzera (in Ticino solo il Consiglio di Stato è composto di politici, cinque, professionisti). Significativo il caso di Massagno del quale la ‘Regione’ ha riferito di recente: "Consiglieri comunali cercansi", il titolo del servizio giornalistico apparso mercoledì 28 dicembre. "Di quattrini e di ‘milizia’" ha scritto l’avvocato Marco Züblin in uno stimolante contributo pubblicato sabato scorso sempre su queste colonne. L’argomento non è nuovo: nel 2013 l’allora presidente del Gran Consiglio, il leghista Michele Foletti, aveva sollecitato una profonda riflessione "sulla sostenibilità del nostro parlamento di milizia" alla luce anche delle "molte sostituzioni" di deputati che avevano gettato la spugna.

‘Tanti e complessi i dossier da seguire’

Non solo Käppeli. Fra coloro che non si presenteranno per un nuovo mandato in Gran Consiglio alle cantonali 2023 c’è pure Andrea Stephani dei Verdi. Spiega: «Conciliare lavoro e impegni parlamentari è difficile per chi, come me, è un dipendente e non può modificare più di quel tanto il suo orario di lavoro». A questo si aggiunge «la delusione per il livello della nostra politica e l’ambiente in parlamento, che rende meno sofferta la mia rinuncia». Il problema della conciliabilità, prosegue Stephani, è proprio di natura pratica: «Lavoro in un team di poche persone e le mie assenze pesano sull’attività dell’ufficio. Anche se devo riconoscere che non mi è mai stata messa pressione per lasciare».

A prosciugare le energie, dice ancora il deputato ecologista, è anche l’impegno richiesto dalla politica: «I dossier da seguire sono tanti, specialmente per un partito come il nostro che può contare solo su sei granconsiglieri». Il risultato, afferma Stephani, «è che ci ritroviamo a presenziare in numerose commissioni e sottocommissioni e di conseguenza ad avere molto più lavoro rispetto ai partiti grandi, che possono invece contare su tanti deputati, o a quelli piccoli, che non sono rappresentati nelle commissioni». Senza dimenticare «la difficoltà, come minoranza parlamentare, di far passare le proprie idee e proposte». Nonostante ciò, per Stephani la (semi)professionalizzazione della politica «non è la soluzione».

Non vede in modo negativo una semi professionalizzazione della politica («Anzi, bisognerebbe cominciare a parlarne seriamente») il granconsigliere del Plr Sebastiano Gaffuri. Che alle elezioni cantonali non sarà in lista «perché mancano le energie, fisiche e mentali». La retribuzione dei deputati, osserva Gaffuri, non deve essere un tabù: «I temi sono sempre più complessi e difficili. L’impegno richiesto è grande e alcune categorie di lavoratori, penso ad esempio ai piccoli artigiani o ai dipendenti, non possono permettersi di dedicare così tante energie alla politica». La conseguenza? «Un parlamento dove non sono rappresentate tutte le fasce della popolazione. Un’adeguata retribuzione permetterebbe invece di conciliare lavoro e politica e garantirebbe così un legislativo cantonale ampiamente rappresentativo».

Gaffuri, che si è da poco dimesso da sindaco di Breggia, però precisa: «Non penso che si debba arrivare ad avere una classe politica totalmente professionista, ma ritengo che si debba offrire una retribuzione che consenta di ridurre l’impegno lavorativo e avere così il tempo necessario per occuparsi della politica. Anche perché – continua il deputato liberale radicale – il lavoro parlamentare non si limita alle sedute del Gran Consiglio, ma è fatto soprattutto di preparazione sui dossier e di sedute commissionali». Secondo Gaffuri occorrerebbe anche «un potenziamento dei servizi a disposizione dei deputati, per potersi preparare e conoscere i temi». Uno dei rischi del sistema di milizia è quindi «la mediocrità». E la situazione «non può che peggiorare, visto che per chi fa politica ci sono molti più oneri che onori».

Durisch: si riconoscano coperture assicurative e congedi maternità e paternità

Meglio un Gran Consiglio di professionisti o di semiprofessionisti? «Credo che non sia la soluzione, soprattutto per una questione di costi, così come ritengo che non sia una soluzione quella di pagare meglio i deputati, riducendone il numero: le minoranze di questo cantone non sarebbero rappresentate in parlamento – osserva il capogruppo socialista Ivo Durisch, di professione informatico –. Intendiamoci, oggi per non pochi deputati è davvero impegnativo conciliare carica istituzionale e attività professionale, nonostante la consapevolezza dell’importanza del mandato parlamentare». Per più motivi, considera Durisch: «I temi che finiscono sotto la lente dei granconsiglieri sono sempre più complessi, occorre documentarsi, approfondire e questo richiede inevitabilmente molto tempo». Il mondo del lavoro, poi, «è sempre più esigente quanto a produzione e tempi, ciò alimenta ulteriore stress nel deputato che campa soprattutto con la propria professione». Non solo: «Oggi c’è anche la forte pressione dei media tradizionali e dei social, che non tutti i parlamentari riescono a reggere». Potenziare i servizi del Gran Consiglio a sostegno dell’attività dei parlamentari? «Il rischio è che, delegando di fatto la stesura dei rapporti a questi servizi, il deputato o la deputata non sia mai sul pezzo, non entri nei temi».

Che fare? «Secondo me non si tratta di incrementare l’importo dell’indennità di seduta, attualmente di 200 franchi, per le riunioni del Gran Consiglio, delle commissioni e dei gruppi parlamentari. Basterebbe – continua Durisch – riconoscere ai deputati alcune assicurazioni, oltre all’Avs. Come quella per la perdita di guadagno in caso di malattia, ciò che avviene nel parlamento federale. Bisognerebbe riconoscere pure il congedo maternità e il congedo paternità. Dal profilo pensionistico, inoltre, occorrerebbe dare ai granconsiglieri la possibilità di contribuire, tramite l’indennità, al secondo pilastro, cosa importante per chi ha redditi modesti. Sarebbero dei passi avanti». E preannuncia: «Sottoporrò questi aspetti alla prossima riunione dell’Ufficio presidenziale del Gran Consiglio».

Franscella: occorre scongiurare l’anti-politica

Per Claudio Franscella, deputato di lungo corso del Centro/Ppd, giunto per limiti imposti dagli statuti del partito alla sua ultima legislatura nel parlamento cantonale, del quale è stato anche presidente, «l’attività di granconsiglieri, municipali e sindaci si è fatta molto più complessa, perché più complessa è diventata la società: non ci sono più questioni semplici». Le sedute di Gran Consiglio «non di rado durano fino a tarda sera», alle commissioni parlamentari «sono state attribuite, con la recente riforma, nuovi compiti: insomma, se intendono svolgere come si deve il loro incarico istituzionale, e ricambiare in tal modo la fiducia dei cittadini che li hanno eletti per rappresentarli degnamente, i deputati non possono più improvvisare. La loro preparazione è fondamentale per garantire il buon funzionamento del parlamento, che passa anche da tempi decisionali ragionevoli, e scongiurare così quel sentimento di anti-politica che purtroppo serpeggia nel Paese».

Franscella, già sindaco di Lavertezzo e già municipale, nonché vicesindaco di Muralto, non ha dubbi: «Affinché la politica possa recuperare la centralità che merita nella società, e quindi nella composizione di interessi e conflitti, occorre riflettere attentamente sull’opportunità di mantenere una politica attiva basata essenzialmente sul volontariato. Una riflessione che va finalmente avviata, valutando se non sia il caso di passare a una parziale professionalizzazione delle cariche di granconsigliere e di municipale».

Speziali: no professionismo, ma sistema vigente da rivitalizzare

Riflessione sì, ma, precisa il deputato e presidente del Plr Alessandro Speziali, «su come rivitalizzare la politica di milizia». Professionalizzandola, la politica «avrebbe sempre meno legami col territorio e la sua popolazione», avverte Speziali. Non solo: «Il deputato che vuole vivere di sola politica finirebbe da un lato per ostacolare il ricambio generazionale, uno dei fattori determinanti per rendere attrattiva la politica e dunque la carica di parlamentare, e dall’altro per compiacere tutto e tutti pur di farsi rieleggere». Pertanto «bisogna riflettere su come rilanciare il sistema di milizia in politica, non su come consegnarlo alla storia». Rilanciare la politica di milizia, «rivalorizzando anche il ruolo dei partiti quali dispensatori di cultura, competenze e conoscenza». I partiti quali scuole di politica, di pensiero. Se ne sente proprio il bisogno.

Dadò: puntare sulla formazione

«Risulta sempre più difficile trovare persone disposte a mettersi in gioco. Soprattutto a livello comunale», rileva il presidente del Centro/Ppd Fiorenzo Dadò. «Le ragioni sono molteplici. I dossier sono sempre più difficili e serve quindi un grande impegno se si vogliono fare le cose ‘in ordine’». E come se non bastasse, ci sono «le critiche e l’esposizione della propria vita in pubblico, che possono scoraggiare chi non ha un forte carattere». Una soluzione, quindi, va trovata per evitare la continua ‘erosione’ di persone disposte a mettersi in gioco. Anche se «non abbiamo avuto problemi a completare le liste per il Consiglio di Stato e il Gran Consiglio», puntualizza Dadò.

Per il presidente cantonale e deputato del Centro, la (semi)professionalizzazione della politica non è comunque la risposta giusta. «Sono scettico su questa soluzione. La forza della nostra democrazia è lo spirito del volontariato». La strada da intraprendere è «aumentare la qualità della classe politica, affinché non si trovi impreparata davanti a dossier che diventano sempre più difficili, complessi». Come? Dadò: «Introducendo una forma di retribuzione per la formazione».

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