laR+ IL COMMENTO

Sommaruga, una partenza nel momento ideale per il Ps

Le inattese dimissioni della consigliera federale rafforzano la posizione di un partito in affanno nei cantoni in vista delle elezioni del prossimo anno

In sintesi:
  • A meno di improbabili cataclismi, nessun partito oserà rompere il tabù della non riconferma di un consigliere federale in carica
  • Ripartizione dei dipartimenti, si apre una interessante partita
Lascia con fine anno
(Keystone)
3 novembre 2022
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L’avevamo incrociata una sera di alcuni anni fa a Berna, sotto la pioggia, mentre correva lungo la Bundesgasse – l’ombrello aperto – verso la fermata del bus numero 10 per Köniz, dove abita. Collegati via streaming con il Centro media di Palazzo federale, l’abbiamo vista ieri annunciare – gli occhi lucidi, la voce quasi rotta dall’emozione – il suo «imprevisto» (perlomeno nella tempistica) ritiro dalla politica, pochi giorni dopo l’ictus avuto dal marito. "L’inavvicinabile" Simonetta Sommaruga (così il ‘Tages-Anzeiger’ l’aveva definita nel 2015 in un ritratto a lei dedicato), la consigliera federale pragmatica e riservata, sempre misurata nelle parole come nei gesti, a tratti un po’ altera, in due momenti di umanissima normalità.

Due fotografie che ne rivelano l’umiltà, qualità affatto scontata per un politico al centro del potere, persino nell’‘anomala’ Svizzera. Le sue dimissioni per «ragioni personali», proprio in un momento storico in cui forse come non mai la responsabilità di un ministro dell’Energia e dell’Ambiente è gravosa, ci ricordano qualcosa di essenziale: ci sono sempre cose (chiamiamole così) più importanti di quelle che a prima vista possono sembrare indispensabili.

L’improvvisa partenza di Sommaruga non ha nulla a che vedere con calcoli politici, né con una presunta fatica o un logorio che sarebbe anche comprensibile dopo 12 anni in Consiglio federale, ma dei quali a dire il vero non c’era traccia. La sua scelta ‘privata’, quando ormai la legislatura volge al termine, avrà tuttavia ripercussioni politiche di una certa portata.

In primo luogo perché permette al suo partito, in affanno nei cantoni, di avviarsi verso le elezioni dell’autunno 2023 con maggior tranquillità. Il secondo seggio in Governo dei socialisti – che sentono sul collo il fiato degli ambiziosi cugini ecologisti – non può dirsi già sin d’ora blindato. Ma, a meno di improbabili cataclismi (una consistente perdita di voti del Ps, una concomitante avanzata dei Verdi), nessun partito in Parlamento oserà rompere il tabù della non riconferma di un consigliere federale in carica.

In secondo luogo, l’addio della ministra dell’Energia – unitamente a quello del ‘tesoriere’ Ueli Maurer – apre una interessante partita per quanto attiene alla ripartizione dei dipartimenti. A restare vacanti sono infatti due dipartimenti tra i più ambiti, quelli delle finanze e dell’energia. I nuovi arrivati in Governo (Albert Rösti per l’Udc?; una donna per il Ps) dovranno accontentarsi. Invece, alcuni ministri in carica (non Parmelin, a fine corsa, e forse nemmeno Berset; ma gli altri perché no) potrebbero essere tentati di accasarsi altrove. Un rimpasto, anche mini, sembra uno scenario tutt’altro che remoto a questo punto.

Né il successore del democentrista Maurer alla testa del Dff, né quello della socialista Sommaruga al Datec avranno vita facile. Nei prossimi anni il primo avrà l’ingrato compito di riassorbire il debito dovuto agli aiuti stanziati durante la pandemia di coronavirus. Il secondo si troverà ad affrontare la duplice sfida dell’approvvigionamento energetico e dello sviluppo delle rinnovabili. Senza dimenticare altri dossier di minor portata, ma non per questo meno importanti (dalla protezione della biodiversità e del paesaggio alla futura politica dei media, passando dai problemi finanziari delle Ffs), altrettanti cantieri che resteranno aperti dopo l’uscita di scena di Simonetta Sommaruga.

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