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Marin e Andersson, le due premier che sfidano Putin

La finlandese, con una storia familiare difficile, e la svedese, eletta per un cavillo, stanno traghettando i loro Paesi nella Nato

Magdalena Andersson e Sanna Marin (Keystone)
21 maggio 2022
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Quando si sono insediate, l’ingresso nella Nato di Finlandia e Svezia non era una priorità. La Russia talvolta abbaiava, ma non mordeva. Le cose, però – lo abbiamo visto – possono cambiare in fretta, e talvolta basta un’inezia, come uno sciopero delle poste che prende una piega inattesa o una scheda in più o in meno nell’urna per ritrovarsi dove non era previsto: sulla poltrona di primo ministro o dentro l’Alleanza Atlantica.

Sanna Marin e Magdalena Andersson lo sanno bene. Marin, a 34 anni, è diventata il capo di governo più giovane del pianeta (fino alle elezioni di Sebastian Kurz in Austria, Gabriel Boric in Cile e Dritan Abazovic in Montenegro), Andersson è invece la prima donna premier della storia svedese. Senza parentele o amicizie illustri, entrambe sono arrivate in alto partendo da lontano; nel caso di Sanna Marin – figlia di un alcolista poi cresciuta da una coppia omosessuale (la mamma e la sua nuova compagna) – da lontanissimo. Perché anche nei Paesi nordici essere donna può complicare una carriera, figuriamoci essere una donna con due mamme. Sanna Marin, che ama parlare sempre positivamente della sua ‘famiglia arcobaleno" – come lei stessa l’ha definita – in passato ha anche ricordato certi "silenzi dolorosi delle persone, che a volte ti facevano sembrare invisibile, diversa". Insomma, la sua infanzia è stata turbata da un padre problematico e da un Paese che, negli anni Ottanta e Novanta, ancora non era del tutto pronto a includere famiglie con genitori dello stesso sesso. Era dura, ma era pur sempre Finlandia: ‘Non sono mai stata davvero bullizzata. E poi fin da piccola sono sempre stata molto diretta e testarda. Era difficile averla vinta con me". Il tempo lo ha dimostrato.


Le due premier con il cancelliere tedesco Scholz (Keystone)

Cenerentola nordica

La vita di Marin sembra la sceneggiatura di uno di quei film alla fine tutti uguali che hanno la stessa struttura delle favole: un’infanzia difficile, i problemi economici, i lavori umili (commessa in una panetteria e poi cassiera al supermercato) per mantenersi gli studi all’Università di Tampere, dove si è laureata in Scienze dell’Amministrazione, prima della sua famiglia a riuscirci. L’amore per la politica, a vent’anni, portando temi scomodi, come lo sono sempre i diritti civili in società che tendono all’immobilismo e a lasciare il più possibile tutto com’è, la porta a militare per il partito socialdemocratico. Nel 2013 diventa presidente del consiglio comunale di Tampere, città giovane, universitaria e innovativa (la 26esima più hipster del mondo stando a una classifica del 2020), e scala le gerarchie interne al partito, fino a entrare prima in Parlamento e poi – come ministro dei Trasporti e Telecomunicazioni – nel governo del suo predecessore Antti Runne. Era il giugno del 2019. Nemmeno sei mesi dopo Marin diventa primo ministro (terza finlandese ad arrivare a quella carica, la prima fu Anneli Jäätteenmäki nel 2003): è qui che entrano in gioco i postini in sciopero. Una vertenza sindacale che riguardava 700 impiegati delle poste, divenne un caso nazionale in grado di bloccare il Paese: prima arrivò la solidarietà del comparto aeroportuale, poi si unirono molti altri. La Finlandia, dopo 14 giorni di sciopero, si trovava di fatto bloccata dai manifestanti, eppure il supporto della popolazione superava il 60 per cento. Inevitabile per Runne farsi da parte, lasciando spazio a Marin, a capo di una coalizione di 5 partiti con a capo 5 donne.


Sanna Marin durante la visita a Roma (Keystone)

La foto della discordia

La notizia fece il giro del mondo, complice (inutile girarci intorno) anche la bellezza di Marin, che ben presto le si ritorse contro quando, l’anno successivo, accettò di apparire in un servizio fotografico per la rivista Trendi con un blazer scuro senza nulla sotto. Una scollatura vertiginosa che tuttavia non faceva vedere molto più che un po’ di pelle. Nulla di scabroso, eppure una parte dell’opinione pubblica - scaldata dagli avversari politici – la criticò ferocemente. Anche qui la reazione fu imprevedibile e, in qualche modo, quello che era sembrato il primo passo falso di Marin si trasformò in una campagna di sensibilizzazione. Donne e uomini finlandesi (ma anche stranieri) si fecero fotografare con una giacca senza nulla sotto, esattamente come Marin, aggiungendo sui social l’hashtag #iostoconsanna. Un nudo molto poco nudo, decisamente elegante era stato fatto passare per una volgarità e quel collage di scollature di ogni età e sesso aveva rimesso le cose al loro posto, ridimensionando il caso.


Il servizio fotografico di Marin per il periodico Trendi che ha diviso i finlandesi (Trendi)

Marin, sposata e con una figlia di 4 anni, è incappata poi in altri due incidenti che ne hanno macchiato l’immagine: uso di denaro pubblico per comprare cibo e articoli per la casa (superò il limite previsto di diverse migliaia di euro) e soprattutto una fuga dalla quarantena mai chiarita durante la pandemia. In pratica, essendo un contatto stretto di un suo ministro avrebbe dovuto rimanere a casa: andò invece in discoteca spiegando poi che non aveva nel frattempo più guardato il cellulare sui cui le sarebbe arrivato il messaggio di allerta.

Per l’opposizione aveva mentito e doveva dimettersi, restò al suo posto. E oggi guida l’entrata della Nato assieme a Magdalena Andersson, figlia di un professore universitario e di un’insegnante che sembrava avviata a una carriera sportiva di alto livello: infatti Andersson vinse diverse gare nazionali di nuoto durante l’adolescenza. Non fece mai il salto che tutti si aspettavano e preferì dedicarsi agli studi, laureandosi in Economia.

Carriera fortunata

Ricoprendo ruoli sempre più importanti in patria, nel partito socialdemocratico, e all’estero, alla Bei e alla Banca Mondiale, Andersson diventa infine ministro delle Finanze. Lo scorso 24 novembre la grande occasione di diventare la prima premier donna del suo Paese dura lo spazio di qualche ora: il voto sul bilancio successivo alla sua elezione fa uscire i Verdi dalla coalizione di governo, a quel punto non può che dimettersi. Il 29 novembre ci riprova: i voti del Parlamento a suo favore sono solo 117, quelli contrari 174. Il regolamento prevede che se i contrari sono la metà più uno, il candidato premier deve farsi da parte. Gli astenuti sono stati 57, che sommati ai 117 favorevoli fa 174 a 174. Un voto contrario in più l’avrebbe affondata e invece, da buona ex nuotatrice, è rimasta a galla.


Andersson con Joe Biden (Keystone)

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