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TiSin, la Lega e l’arte della fuga

I granconsiglieri Aldi e Bignasca abbandonano il sindacato giallo che ha cercato di aggirare la legge sul salario minimo. Eppure molti minimizzavano

(Ti-Press)
18 maggio 2022
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"Facciamo gli indifferenti e proviamo a uscire dalla porta sul retro". Sabrina Aldi e Boris Bignasca devono essersi detti una cosa del genere – come i protagonisti pasticcioni d’una commedia noir – al momento di sfilarsi dal sindacato giallo TiSin, brillante trovata leghista per aggirare la nuova legge sul salario minimo. Una noterella in corpo 8 nascosta nel bel mezzo del Foglio ufficiale, di quelle che per leggerle ci vuole la lente d’ingrandimento, li segnala quali "persone dimissionarie e firme cancellate" da "TiSin, in Lugano, CHE-225.338.410, associazione" (ci piace immaginare il capogruppo in Gran Consiglio e la sua vice che smontano nottetempo la targhetta col loro nome dal citofono della sede, casualmente la stessa della Lega, anche se per ora si son dimenticati di togliere la faccia dal sito web).

"Scurdammoce ’o passato", insomma, sperando che non se ne accorga nessuno, anche perché le elezioni cantonali si avvicinano e tira aria di figuracce: l’Ispettorato del lavoro potrebbe concludere a breve che TiSin non è un vero sindacato e che il suo contratto con Ticino Manufacturing è da cestinare. Meglio dunque liquidare certe pendenze imbarazzanti nell’attesa che la consueta, deliberata lotofagia mediatica acceleri un caritatevole oblio collettivo.

Solo che la medesima saggezza napoletana mette in guardia: "Nisciun è fess". Non è che puoi squagliartela così, col bavero dell’impermeabile alzato, gli occhiali da sole e il Borsalino, fischiettando con nonchalance. Com’era prevedibile per tutti tranne che per i protagonisti dell’incresciosa vicenda, le redazioni ci hanno messo un paio d’ore a scoprire la diserzione, per poi sentirsi balbettare al telefono i soliti non so, non posso dire niente, vi faremo sapere, il cane ci ha mangiato i compiti. Dopo ore di imbarazzato silenzio è toccato all’ex sindacalista Nando Ceruso, rimasto solo come il palo nella banda dell’Ortica, rabberciare un comunicato per salvare il salvabile. Cioè, poco o nulla: tutto quel che vi si legge è che Aldi e Bignasca se ne vanno "a seguito dei molteplici impegni chiamati ad assolvere in ambito professionale e politico", e grazie assai.

Dopo questo magistrale esempio di arte della fuga – in senso più podistico che musicale – viene da chiedersi cosa s’inventeranno la Lega e i molti mantici che ne hanno sospinto il fumo ben oltre il perimetro di via Monte Boglia. Sentiremo probabilmente ripetere che tanto non cambiava niente, perché di mezzo ci vanno solo i frontalieri; che il salario minimo soffoca le imprese; che comunque anche i sindacati veri fanno solo business. Come se un sindacato-fantoccio che firma contratti posticci non fosse un pericolo per tutti i lavoratori e le imprese serie. Così, accanto ai paladini del sovranismo – con la loro maschera sociale indossata a ogni costinata – continueremo paradossalmente a trovare i fanatici d’un liberismo studiato male e applicato peggio, oltre a certi padroni del vapore che fanno più prosaicamente i propri comodi. E prima o poi, chissà, ci scorderemo davvero di tutta questa pantomima. Intanto, si salvi chi può.

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