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La perizia super partes fa luce sul Pozzo Polenta

Gli esperti riscrivono la storia dell’inquinamento. All’origine di tutto? Benzina che si è infiltrata nel terreno ben prima del 2008

Anno 2017, iniziano i carotaggi
(Ti-Press)
22 febbraio 2022
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Dal Pozzo Polenta, a Morbio Inferiore, non si pompa ormai più acqua potabile da anni. Quello è da tempo un capitolo chiuso. E ciò malgrado i bisogni idrici di Comune e regione siano un dato di fatto; nonostante l’abbandono sia stato un atto forzato. Non è per niente conclusa, invece, l’inchiesta amministrativa cantonale (nel solco dell’OSiti, l’Ordinanza sui siti contaminati) alla quale la comunità ha affidato la speranza di conoscere la verità sull’inquinamento da idrocarburi che dopo il 2008 ha messo in via definitiva fuori uso la sorgente locale, lì accanto al comparto dei centri commerciali al confine con Balerna. Sì, perché sul piano penale - quindi anche sulla possibilità di individuare i responsabili - nel luglio del 2015 è calata la prescrizione.

Una perizia riapre gli scenari

Ora però a riscrivere la storia del pozzo c’è la perizia super partes di Geotest Ag di Zollikofen, azienda leader in Svizzera nel campo, che, dietro mandato del Cantone - ma con il gradimento di tutte le parti in causa -, dall’aprile del 2017 ha scavato e indagato le origini della contaminazione. Il suo rapporto ha, di fatto, riaperto gli scenari. Le infiltrazioni di carburante che hanno compromesso la situazione idrica comunale vengono, in effetti, da lontano, da ben prima dell’estate del 2008, quando la popolazione di Morbio ha scoperto che nell’acqua che scendeva dal rubinetto di casa c’erano tracce di benzina. Una costatazione, quella formulata dagli specialisti, che sposta l’attenzione dall’ultimo titolare del distributore - la Ecsa, subentrata nel 2001 - a quello precedente. In effetti, oggi la statuto di parte alla procedura, nell’ambito dell’inchiesta amministrativa, è stata attribuita di recente pure alla Shell. Società che sarà, dunque, sentita a sua volta (sin qui non era mai stata convocata). Come dire nuovi accertamenti e tempi che si allungano, stavolta a vantaggio della volontà di fare chiarezza sulla vicenda.

Un inquinamento, un ‘hotspot’

Adesso lo si sa, e con la certificazione di esperti neutrali: il carburante ha iniziato a penetrare nel terreno sottostante la stazione di servizio del Centro Breggia da prima del 2001. Una presenza, del resto, che già a quel tempo era stata rilevata; salvo poi orientare la ricerca verso l‘olio combustibile del serbatoio del complesso. All’epoca erano scattate due ingiunzioni, separate, da parte dell’autorità cantonale per il risanamento dell’area. In realtà, i vari carotaggi della Geotest hanno mostrato come l’inquinamento del Pozzo Polenta abbia avuto il suo ’hotspot’. Dove? Sotto una delle colonnine, la quarta, non più utilizzata dal 2001. Una istallazione difettosa sulla quale si è sommata la presenza di tubature malconce.

Le indagini sul terreno hanno fatto emergere, infatti, un problema legato a lavori di ristrutturazione effettuati tra la fine degli anni Ottanta e la prima metà degli anni Novanta sul vecchio sistema di condotte in coincidenza con il risanamento del terreno. In quella occasione le condutture sono rimaste danneggiate, permettendo il passaggio dei vapori della benzina. Queste pecche erano già venute a galla o sono state sottovalutate?

Quel campione di colore rosso

Una cosa è certa, fin dal 2013/2014 un altro specialista del settore, il dottor Hans Jäckle - interpellato, va detto, da Ecsa della famiglia Centonze - richiama l‘attenzione sulla presenza anche di benzina nell’area del Pozzo Polenta, a differenza di quanto preso in considerazione nelle analisi iniziali. Una nuova conferma è giunta poi più di recente, un anno fa circa, quando si è saputo che il campione estratto nel 2001 aveva una colorazione rossa. Colorazione che, a chi se ne intende, richiama la vecchia benzina Super a base di piombo, eliminata a vantaggio della ’verde’ alla fine del 1999. Una osservazione, quella del colore rosso, che si è ripetuta nel 2008, in coincidenza di un ulteriore prelievo (alla presenza della Polizia) dalla stessa ‘fonte’, mostrando al contempo un evidente tasso di piombo.

Si ipotizza un inquinamento cronico e importante

La stessa Geotest affinando le sue ricerche è andata a caccia di un altro rivelatore di tracce di carburante, un additivo caratteristico della benzina con piombo. Ebbene dalle carte emerge che attorno alla pompa già finita sotto la lente sono state rintracciate forti concentrazioni di questa sostanza. Come dire che già all’epoca dell’inquinamento sarebbe stato possibile farsi un’idea più chiara di ciò che era finito nel sottosuolo.

Gli specialisti di Zollikofen, d’altro canto, si spingono pure oltre. In effetti, si può ipotizzare che la contaminazione non solo risalga a un passato lontano - c’è chi azzarda una data quella del 1972, ovvero sin dall’apertura del distributore - e abbia assunto, di conseguenza, un carattere cronico e dimensioni importanti. L’inquinamento, infatti, è andato in profondità, raggiungendo persino la roccia. Complice, almeno questa è l’impressione, anche le guaine rotte delle tubature dismesse nel 2004: un danno occulto, come dicono gli esperti, che può però aver avuto un ruolo.

In fondo al pozzo

Certo di fronte a un simile scenario la Ecsa, additata come la possibile responsabile, ha tolto dal cassetto le risultanze dei controlli che aveva già reso pubblici. Ovvero l’utilizzo di tubazioni stagne e il fatto che il terreno sottostante il serbatoio si è rivelato ‘pulito’ (quindi non inquinato). Il che farebbe escludere - come peraltro indicato a suo tempo pure dal perito del Ministero Pubblico Michel Agassiz - un incidente durante una delle fasi di approvvigionamento di carburante. Di sicuro agli occhi della società da subito entrambe le inchieste (penale e amministrativa) avrebbero dovuto considerare, in parallelo, le due possibili fonti - benzina e olio combustibile - per arrivare in fondo alla questione e... al pozzo.

Caso chiuso, quindi? Non proprio. La procedura amministrativa non è ancora conclusa. In più continuano a restare aperti anche altri interrogativi, a cominciare dal risanamento dell’area per finire con il destino pianificatorio del comparto a cavallo fra Morbio Inferiore e Balerna. D’altra parte, non si può dimenticare che la fine del Pozzo Polenta in tanti nella regione ancora non l’hanno digerita.

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