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Non tutti sono usciti con le ossa rotte dalla pandemia

Ubs ha chiuso il 2021 col forziere pieno: utile netto di 6,8 miliardi di franchi e un aumento di capitali in deposito di oltre 107 miliardi

La principale banca svizzera ha registrato la sua miglior performance da 15 anni
(Keystone)
11 febbraio 2022
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I vertici di Ubs hanno pubblicato nei giorni scorsi i risultati degli ultimi 12 mesi dai quali emerge un dato significativo, ovvero che nel 2021 la principale banca svizzera ha registrato la migliore performance da 15 anni a questa parte, con un utile cresciuto del 14%. Se facciamo un salto indietro nel tempo di 15 anni scopriamo che, allora, il colosso di Paradeplatz, invischiato nella crisi dei subprime, si trovò sull’orlo del fallimento. Con l’azione in picchiata, come era stato il caso per Swissair, nell’autunno del 2001. Il titolo dell’istituto, allora guidato da Marcel Ospel, precipitò in poche settimane da 80 a 10 franchi. Adesso veleggia intorno ai 19 franchi, con un balzo del 7% intervenuto in seguito all’annuncio degli ottimi risultati dello scorso anno.

Abbiamo citato Swissair perché, nonostante le avvisaglie delle difficoltà della compagnia di bandiera, il Consiglio federale cincischiò, si fidò delle promesse da marinaio del sopracitato Ospel, spianando la via al grounding degli aerei con la croce bianca in campo rosso. Anche se Ubs e il suo boss dell’epoca contribuirono alla morte di Swissair, il governo non si poteva permettere che un altro simbolo della svizzeritudine facesse la medesima fine. Così il 16 ottobre del 2008, appigliandosi al principio del “too big to fail”, evitò il crack della banca con un prestito di 60 miliardi di franchi, buona parte dei quali provenienti dalla Bns. Vennero salvati migliaia di posti di lavoro e i risparmi di centinaia di migliaia di persone.

Ubs ci ha messo, comunque, un bel po’ per risollevarsi. Ha dovuto fare, innanzitutto, pulizia in casa. In particolare liberandosi di tutti quei miliardi frutto di affari opachi e dell’evasione fiscale che, con la caduta del segreto bancario, la legge anti-riciclaggio e l’accordo sullo scambio automatico di informazioni tra la Svizzera e la maggior parte degli altri Stati del pianeta, in primis Ue e Stati Uniti, costituivano un macigno che avrebbe potuto tirarla a fondo un’altra volta.

Si può dire che, nel periodo successivo alla crisi del 2008, abbiano giovato alla banca i 9 anni della direzione di Sergio Ermotti. Durante la quale Ubs “ha intensificato enormemente la sua gestione del rischio e ha frenato l’investment banking, concentrandosi maggiormente sulla gestione patrimoniale”, come rileva il giornale Handelszeitung. Al posto di Ermotti oggi c’è un banchiere olandese, Ralph Hamers, che sta seguendo la linea del suo predecessore anche se, su di lui, pesa un’indagine per riciclaggio, aperta dalla magistratura del suo paese e già costata una multa di 700 milioni di euro alla banca Ing, istituto che ha diretto prima di approdare in Svizzera. C’è sempre un passato che ritorna, verrebbe da dire, anche se Ubs è straconvinta che Hamers verrà assolto.

Tornando ai risultati del 2021 dell’istituto elvetico, il suo utile netto di 6,8 miliardi di franchi e l’aumento di oltre 107 miliardi dei capitali in deposito, sono lì a dimostrare che non tutti sono usciti con le ossa rotte dalla pandemia. D’altro canto Bloomberg ha stimato che, a causa delle restrizioni imposte per evitare i contagi, nel mondo si è speso molto meno del solito, risparmiando la bellezza di 2,9 trilioni di dollari. Che non sono finiti sotto il materasso, ma nei forzieri delle banche.

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