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‘Il bis alla Coppa Spengler? Un onore ma anche un onere’

A Davos più spazio per la gastronomia biancoblù. Il direttore generale dell’Ambrì Nicola Mona: ‘A giorni i pacchetti mirati per i tifosi’

11 novembre 2021
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Due anni fa era stata una festa. Comunque sia finita. La prima, storica, partecipazione dell’Ambrì Piotta alla Coppa Spengler si era rivelata un successo un po’ su tutti i fronti. Per gli organizzatori del torneo stesso, con Davos invasa da una marea di tifosi biancoblù e tutto l’entusiasmo che hanno portato nel comune grigionese, ma anche per la squadra diretta da Luca Cereda, che sulla passerella natalizia aveva anche dato spettacolo, giocandosi fino all’ultimo l’accesso alla finale di San Silvestro, piegandosi solo all’overtime della semifinale contro i cechi dell’Ocelari Trinec (poi a loro volta sconfitti in finale dal Team Canada).

E quest’anno, con che sentimento si ripresentano i biancoblù all’appuntamento? «Sicuramente forti dell’esperienza acquisita nella nostra prima partecipazione – premette il direttore generale dell’Ambrì Piotta Nicola Mona –. Ci presenteremo con la stessa emozione e con il medesimo orgoglio del 2019. Ma con due anni di esperienza, e una partecipazione, in più. Già il fatto di aver ricevuto un secondo invito, pur non avendo vinto il torneo, è un bel riconoscimento nei nostri confronti da parte degli organizzatori, se si pensa che tradizionalmente il bis è concesso alle squadre vincitrici della precedente edizione. Se ci hanno nuovamente scelto come seconda formazione svizzera alla manifestazione è la riprova che l’entusiasmo dei tifosi e della squadra, nonché la sua competitività dimostrata sul ghiaccio, hanno lasciato il segno».

Assieme all’onore di poter tornare al torneo c’è però anche l’onere... «Già. La Coppa Spengler, dal profilo economico, è un’importante risorsa per il Davos, e lo è ancora di più in un contesto in cui la pandemia ha colpito duro le casse di un po’ tutti i club. Indubbiamente l’intento degli organizzatori è quello di portare nei Grigioni il maggior numero di persone durante la rassegna, e il fatto che abbiano puntato ancora su di noi per riuscire in questo intento è una bella attestazione, ma al tempo stesso ci investe di una (piacevole) responsabilità». Due anni fa, appunto, la pandemia non c’era a complicare il tutto: sotto questo profilo, dovrete anche pensare a dispositivi di protezione particolari quest’anno? «Siamo arrivati a un punto in cui gli accorgimenti particolari sono praticamente diventati la quotidianità, per cui non prevediamo misure che vanno oltre ciò che è ormai diventata una prassi ordinaria di questi tempi. Nel perimetro attorno allo stadio verrà creata una zona di sicurezza a cui si accederà unicamente con i certificati validi: giocando per una settimana nella medesima località sarà insomma un po’ come vivere costantemente in una ‘bolla’».

Delegazione biancoblù composta da poco meno di cento persone

Cosa ha lasciato in dote, dal profilo organizzativo, la vostra prima partecipazione alla Coppa Spengler? «Nel 2019 è stata una sorta di avventura un po’ per tutti: tutto era nuovo, per cui non sapevamo bene cosa attenderci. Due anni fa, però, a livello societario il contesto era ben diverso. Eravamo anche impegnati sul fronte continentale con la Champions League, è vero, ma non eravamo assillati dalle problematiche legate al trasloco nella nuova pista, quindi avevamo un po’ più agio per curare gli aspetti organizzativi della nostra presenza a Davos. Questo ci aveva permesso di fare un ottimo lavoro anche sul piano logistico. Quest’anno, per contro, abbiamo un po’ meno agio per pianificare il tutto, ma abbiamo comunque il vantaggio di avere già un’idea di cosa ci aspetterà a Davos e cosa andrà fatto nelle prossime settimane affinché anche la nostra seconda volta alla Coppa Spengler possa rivelarsi un successo: i massimi sistemi sono noti, ma il tempo da dedicarvi non è logicamente più, giocoforza, quello di due anni fa, perché le risorse e le energie sono ovviamente per gran parte concentrate sulla conclusione del trasloco nella nostra nuova pista. Sono molteplici gli aspetti, al di là di quello puramente sportivo, toccati quando si partecipa a un torneo come questo: c’è la questione del ticketing, degli alberghi, della gastronomia e quant’altro, e sono parecchie le persone coinvolte, se si pensa che, per rendere l’idea, a Davos saremo presenti con una delegazione di una novantina di persone tra giocatori, staff e le rispettive famiglie. Proprio oggi (ieri, ndr) mi recherò sul posto per regolare alcuni aspetti legati alla gastronomia, visto che anche quest’anno il ristorante 1921 all’interno dello stadio diventerà Casa Biancoblù, e la gestione verrà ancora affidata a noi». E qui il direttore generale anticipa una chicca: «Quest’anno lo spazio a disposizione dei nostri tifosi, e più in generale per tutti i frequentatori del torneo, per rifocillarsi sarà maggiore, visto che avremo la collaborazione con il ristorante Da Elio di Giovanni Croce». In dirittura d’arrivo, poi, offerte mirate per tutte le persone che intendono seguire la compagine di Luca Cereda sul posto: «È vero che due anni fa i pacchetti specifici per i nostri tifosi erano già noti a ottobre, e che in questo senso siamo andati un po’ in là nel tempo, ma a giorni li presenteremo».

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