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Vaccini, ‘agli ‘egoisti’ dico: siate solidali e giusti’

Malacrida: ‘Pensiamo ai più deboli’. Bondolfi: ‘In prima linea solo se vaccinati’.

(Keystone)

Dovevano essere il rimedio alla pandemia, ma si scontrano con la diffidenza di parte della popolazione. Si tratta dei vaccini che, nonostante in Svizzera siano ora disponibili in quantità sufficienti, non stanno riscuotendo il successo desiderato. Alcune persone hanno deciso di non aderire alla campagna vaccinale, altre sono indecise. La questione è anche di carattere etico, dato che immunizzarsi non è utile solo a proteggere sé stessi ma anche gli altri. A rifiutare il farmaco vi è anche una parte del personale curante. Ne abbiamo parlato con Alberto Bondolfi, professore emerito di etica.

Secondo lei la Confederazione dovrebbe obbligare il personale sanitario a farsi vaccinare?

Per chi è in prima linea, cioè per chi cura pazienti ad alto rischio, il dovere professionale di garantire la salute di chi gli è stato affidato è superiore alla libertà personale. Non è un caso che altre nazioni europee, altrettanto democratiche come la nostra, stiano introducendo l’obbligo vaccinale per il personale sanitario che è a diretto contatto con questa popolazione. Non propongo una repressione, cioè che lo Stato licenzi questi lavoratori. Si può far cambiar loro reparto o lavorare più in ufficio.

Perché rifiutano questi farmaci?

Molti si appellano al principio della libertà personale e si dimenticano che lo Stato l’ha sempre considerata come un valore molto importante, ma comunque sempre in relazione con altri principi. Non è dunque l’unico criterio su cui si deve giudicare qualsiasi tipo di azione. Inoltre il nostro sistema giuridico è pieno di limitazioni della libertà. Sempre proporzionali e motivate, è chiaro. Un esempio è quello dell’obbligo di indossare la cintura di sicurezza sulle automobili. Quando è stato introdotto alcune persone si sono rivolte al Tribunale federale. Le obiezioni non sono state accolte in quanto quando una persona viaggia in automobile e partecipa al traffico può mettere in pericolo la propria vita e quella degli altri. Per quest’ultimo punto lo Stato può limitare la sua libertà obbligandolo a mettere la cintura. Dopo alcune proteste la cosa fu digerita e oggi nessuno si indigna più per questa legge.

‘A essere solidali non si sbaglia mai’

Per Roberto Malacrida, medico e membro della Commissione nazionale d’etica per la medicina umana, una parte del personale sanitario sta mandando un messaggio.

Di cosa si tratta?

Una parte dei curanti, in particolare gli infermieri, si comporta in modo così recalcitrante per segnalare il proprio disagio professionale. Essi hanno trascorso un anno e mezzo di grandissimo lavoro e ora ci si è un po’ dimenticati di loro. Mostrare che qualcosa non funziona è importante, ma sono dell’idea che non vada utilizzato come ricatto nell’ambito di una pandemia, dato che la cura deve comunque restare prioritaria.

Parlando ora del resto della popolazione, cosa pensa riguardo alla titubanza di alcuni verso i vaccini?

Bisogna fare una premessa. L’autorità federale può obbligare i suoi cittadini a determinate azioni mediche come certe vaccinazioni in caso di epidemia o di pandemia. Da un punto di vista più dell’etica sanitaria, il padrone del proprio corpo è la persona stessa, sempre e in ogni caso, ammesso che vi siano capacità di discernimento e un’informazione sufficiente sul tema in questione. Anche nella situazione attuale è possibile ragionare in questo modo: chi vuole proteggere se stesso si fa vaccinare, chi per motivi diversi, come la sfiducia nella scienza, non vuole può decidere di non farsi vaccinare. Però con questi farmaci difendiamo sì noi stessi, ma anche la collettività, in particolare la parte più vulnerabile di quest’ultima, che rischia anche di morire. Si incontrano dunque i primi due principi della bioetica: l’autonomia di scelta e la beneficenza, cioè il cercare di fare il bene del prossimo. Il discorso etico è un discorso di proporzionalità fra questi elementi.

Per quale motivo, fra la popolazione, ci sono persone che tentennano riguardo a questi vaccini, che sono in circolazione già da parecchi mesi?

Ci sono varie ragioni. La prima può essere legata a una questione ideologica. Una persona ha maturato determinate convinzioni, che sono intime e molto importanti per lei. In questo caso non penso ci sia molto da fare per convincerla. La seconda ragione penso abbia a che fare con una parte della popolazione che è fondamentalmente tendente all’ansia, che della medicina e delle nuove tecnologie vede in primis gli effetti negativi, le complicazioni, rispetto a tutti i lati positivi. Queste persone in genere vivono ogni pericolo, anche se piccolo, come qualcosa di molto grande. E anche qui c’è poco da fare. C’è poi una terza categoria, quella degli ‘egoisti’. Sono coloro che di primo acchito non si preoccupano del benessere degli altri. Non sono disposti a rischiare di subire qualche ipotetico effetto collaterale per il bene della collettività, della quale fanno parte per persone fragili che guadagnerebbero di sicuro dal fatto che un numero sempre maggiore di cittadini si vaccini.

Più si scende in quanto a fasce d’età più aumenta la reticenza. A cosa è dovuta questa differenza generazionale?

Semplicemente dal calcolo del rischio. Un giovane che non si vaccina, nella maggior parte dei casi, non corre pericoli. Invece il grande anziano, o l’anziano malato, corre un rischio per se stesso. C’è anche un altro aspetto da considerare. Certi anziani, penso a quelli degenti nelle case di cura, hanno sofferto tantissimo perché sono stati isolati in determinati momenti in modo molto severo. Però in genere l’anziano ha meno bisogno della libertà che desidera il giovane. Da un certo punto di vista i giovani hanno avuto davvero una grande limitazione del loro campo d’azione, di divertimento e di movimento. Essi potrebbero pensare: "Il mio dovere l’ho fatto quando c’era da stare a casa. Adesso che il pericolo acuto sembra essere passato, sono disposto a dare meno per le fasce più vulnerabili".

Cosa direbbe a chi è indeciso a farsi vaccinare?

In primo luogo cercherei di convincerlo che si tratta di una cosa giusta. Che comportarsi a favore del prossimo è un valore positivo, gratificante e che dà soddisfazione. Inoltre, a livello utilitaristico, lo inviterei a riflettere sul fatto che un giorno anche lui avrà bisogno della solidarietà degli altri. A volte ci si dimentica di questo perché si è un po’ presi dalle proprie preoccupazioni, che sono legittime. Per riassumere però, non si sbaglia mai a essere solidali e giusti.

La situazione del momento, come detto dal farmacista cantonale Giovan Maria Zanini, gioca un ruolo importante sulla campagna vaccinale: contagi bassi e vacanze. Le persone sembrano basare le proprie considerazioni solo sulla situazione attuale.

È vero, questo riguarda un po’ tutto il comportamento preventivo. Per determinati atteggiamenti e modelli di vita gli effetti si vedono solo a lungo termine. L’essere umano guarda la sua realtà legata al quotidiano. Se si vaccina o no non vede il male o il bene che fa direttamente, il tutto avverrà dopo mesi e comunque non sarà facilmente quantificabile e tangibile.

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