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Socialità, la politica trovi un programma comune e condiviso

Ppd e Ps siano promotori di un incontro allargato alle altre forze politiche per individuare misure oltre gli steccati partitici per dare risposte concrete

Ti-Press
9 luglio 2021
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Alla fine contano i numeri, come ha ricordato anche il capogruppo del Ps in Gran Consiglio Ivo Durisch in una recente intervista alla ‘Regione’. Se non li si hanno, le proposte, per quanto valide o ritenute tali da chi le formula, sono destinate a restare sulla carta e nei resoconti di cronaca politica. Concetto semplice, scontato. Ma forse non per tutte le forze politiche. Soprattutto in questo momento storico – in cui c’è parecchia incertezza sulle conseguenze della pandemia una volta cessati gli aiuti pubblici – servono maggioranze parlamentari, e non schermaglie fra partiti, per il varo di interventi a favore della socialità. Ai cittadini che faticano o che non riescono a gestire il proprio budget mensile non importa nulla di tatticismi e veti incrociati: da Palazzo delle Orsoline attendono risposte concrete alle loro preoccupazioni. Il Paese lo si rilancia prestando attenzione anche alle fasce deboli della popolazione.

E allora perché non partire dall’invito al dialogo rivolto da Durisch al Ppd, partito che, con le dichiarazioni rilasciate a questo giornale dal deputato Giorgio Fonio, ha rimproverato ai socialisti il mancato sostegno alla sua iniziativa parlamentare per il reinserimento degli over 50 nel mondo del lavoro. Un invito che andrebbe però esteso al resto delle formazioni politiche. Ppd e Ps potrebbero e dovrebbero quindi farsi promotori, possibilmente in tempi brevi, di una riunione programmatica sulla politica sociale in Ticino (tra le sfide, il calo demografico). Un incontro allargato per individuare inizialmente tre, quattro temi sui quali poter raggiungere un’intesa, con la consapevolezza che la condivisione richiede pure compromessi. Si eviterebbe, oltretutto, di procedere in ordine sparso, con atti parlamentari sulla socialità contraddittori e incoerenti, che finiscono solo per ingolfare le commissioni del Gran Consiglio.

Il 10 maggio 1974, nel dibattito televisivo prima del ballottaggio per le presidenziali francesi, il liberale Valéry Giscard d’Estaing, stufo della reprimenda un po’ paternalista sulla socialità del candidato socialista François Mitterrand, se ne uscì con una frase che – assieme al sostegno gollista, beninteso – gli fece invertire nettamente il trend che vedeva Mitterrand lanciato verso l’Eliseo: “Trovo sempre scioccante e offensivo assumersi il monopolio del cuore. Lei, signor Mitterrand non ha il monopolio del cuore. Io ho il mio, che ha il suo battito, e lei non ha alcun monopolio del cuore”. Una ripetizione voluta, pacata, scandita, entrata dal giorno dopo nel grande libro del gergo politico e nelle guide su come affrontare un dibattito in televisione. Ma che soprattutto ha avuto il merito di rompere un tabù: la sinistra è storicamente più vicina alle fasce deboli, ma non ha alcun monopolio su cuore, socialità, provvedimenti per migliorare il tenore di vita delle persone. Come ha dimostrato Simone Veil, ministra proprio di Giscard d’Estaing. In una fase delicata e su un sentiero tortuoso come quello della ripartenza serviranno le forze di tutti coloro che, con buona volontà, anteporranno il bene comune alla rendita di cortile. Certi dogmi politici ed economici novecenteschi sono stati sbriciolati da un virus invisibile, e prima i partiti – tutti, i partiti – capiranno davvero che assieme ai dogmi è stata spazzata via anche la sicurezza per la propria situazione economica e sociale della popolazione, meglio sarà. Ben venga quindi un tavolo sulla socialità, e che sia concreto e programmatico.

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