Locarnese

Bosco, Frapolli se ne va! 'Troppi attriti, nessun aiuto'

Impianti chiusi il prossimo inverno, l'imprenditore è stufo del trattamento riservatogli. Critiche a politica e istituzioni, che scoraggiano gli imprenditori

14 aprile 2021
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Giovanni Frapolli, l'imprenditore bellinzonese proprietario degli impianti sciistici di Bosco Gurin, se ne va! Stavolta non sembra essere una provocazione. Il suo malumore è alto. Lo aveva più volte lasciato intendere nelle passate settimane, lanciando segnali forti e chiari all'indirizzo della classe politica; ora sembra esserci riuscito. Non ci sono più le condizioni per poter lavorare serenamente, il motivo di fondo. La goccia che ha fatto traboccare il vaso: il mancato sostegno da parte di enti e associazioni che gli hanno frenato i progetti in corso d'opera e disseminato di ostacoli il cammino. Passione, determinazione, desiderio d'inventare, d'innovare, di cambiare si sono spenti come una candela. C'è molto scoramento e tanta rabbia.
«Ho perso la fiducia e la pazienza – attacca Frapolli – Sono pochi a credere, come il sottoscritto, con spirito imprenditoriale e di sacrificio nel futuro delle stazioni invernali. Mi hanno reso la vita impossibile, ho perciò deciso di chiudere e smantellare gli impianti. Peccato, perché vi erano interessanti progetti, come la slittovia e la nuova ala dell'Hotel con annesso wellness, pronti per essere portati a termine. Ma così non va. Ho resistito fino a ora un po’ per orgoglio e per non mandare all'aria anni d'investimenti, l'economia locale e la gente che grazie agli impianti vive e trae benefici».

Con il Patriziato rapporti tesi e dialogo impossibile

Decisivo, l'esito di una recente riunione avuta con il Patriziato di Bosco Gurin e il Municipio (alla presenza di tre gran consiglieri del distretto); enti con i quali i rapporti di fiducia e collaborazione negli ultimi anni si sono progressivamente deteriorati. «Un incontro inutile e inconcludente. Come quest'ultima riunione, anche tutte le altre organizzate di recente dall'Ascovam per trovare una via di sbocco ed evitare la chiusura totale degli impianti di risalita. In sostanza tutti gli attori hanno capito e confermato che le infrastrutture sono troppo importanti e devono essere mantenute aperte, a eccezione del Patriziato, col quale il dialogo è veramente impossibile. Tempo da perdere, con queste persone non ne ho più. Sono oggetto di continue accuse inaccettabili. Il Patriziato è diventato l'ente delle tasse! A differenza di realtà analoghe e di altre stazioni sciistiche che incoraggiano e aiutano chi investe e permette l'importante attività dello sci sui proprio terreni, qui agli amministratori interessa solamente incassare soldi e imporre l'utilizzo degli impianti di risalita gratuito per i propri membri. Insomma, per dirla "male"... solo ricevere senza alcun sostegno politico. Col risultato che alla fine gli imprenditori che altrove non si trovano, qui scappano».».

'La politica di aiuto alle regioni periferiche? Un flop!'

Ma il Patriziato non è il solo responsabile di questa decisione di abbandonare la nave: il gestore della destinazione turistica non lesina critiche anche alle istituzioni cantonali: «La politica di aiuto alle zone periferiche non funziona! Si fa un gran parlare di masterplan, di studi di rilancio, si creano gruppi di lavoro ad hoc ma poi, stringi stringi, di concreto essi non partoriscono nulla! Un flop totale! Basta guardare come stanno gestendo la pandemia per capire in che disastro ci troviamo! Le stazioni sciistiche hanno accettato di tutto pur di salvare la stagione. Troppa approssimazione, troppe persone incompetenti piazzate al posto sbagliato. I sussidi elargiti dallo Stato spesso finiscono nelle tasche di enti e associazioni che invece di collaborare alla crescita dei progetti, li frenano. Mancano chiari e concreti interventi e linee guida che possano scongiurare il tracollo dell'intero comparto. Ora basta, il vaso è colmo!».
Il vento impetuoso sollevato dall'imprenditore spazzerà dunque via anche skilift e seggiovie? «Consegnerò a un legale i documenti che serviranno a riprendere i progetti in corso d'opera. Sono ben contento di liberarmi di un tale onere se questa è la riconoscenza dimostrata nei miei confronti. Va da sè che questo è soltanto il primo dei passi che concretamente intendo compiere. A seguire confermo la chiusura degli impianti di risalita per l'inverno 2021/22 (il cui inizio dello smantellamento avverrà nelle prossime settimane /mesi), il blocco dell'ampliamento dell'Albergo Walser, lo stop del progetto Zipline, il blocco della copertura della stazione di partenza della prima seggiovia e molto altro ancora».

Venerdì l'ultima chiamata: si decidono le sorti della stazione

L'interrogativo, a questo punto, è sapere se sia possibile un dietrofront o se sarà necessario, per il futuro di Bosco Gurin, trovare un altro interprete: «Personalmente spero che durante l'assemblea patriziale di venerdì prossimo qualcuno si presenti e dica le cose come stanno. Si tratterà di un momento decisivo per la destinazione di Bosco Gurin. L'assemblea patriziale si prenda pertanto ogni responsabilità. Altrimenti saluti a tutti. In una situazione come quella che ci aspetta nelle prossime settimane la soluzione unica e più logica e che rispetterebbe la mia dignità sarebbe una sola: chiudere tutto. Chi vorrà ritirare le attuali strutture dovrà comunque mettere sul piatto 20 milioni di franchi».

 

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