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Io, Fabio Concato, ‘Musico ambulante’

Fabio Concato, ‘Musico ambulante’ - ★★★★★ - È il brodo primordiale del cantautore, è là dove tutto è cominciato. O qui dove ci ha portato lui

Ventidue tracce più ‘L'Umarell’ (solo su cd). Dal 12 febbraio in vinile autografato; a marzo negli store digitali. L'intervista (foto: Fabio Concato facebook official)
4 febbraio 2021
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Non c’è voluto molto per fare il titolo di questo articolo. ‘Musico ambulante’, dalla canzone ‘Troppo vento’ (1994), sta sulla carta d’identità dell’intervistato alla voce ‘Professione’. Abbiamo scelto quello, avendo l’artista una certa dimestichezza con la lingua italiana, resa più frizzante dal ‘bestiale’ di ‘Domenica bestiale’ – c’è anche un ‘Sabato bestiale’, quello di Brunori Sas – fino all’esortazione ‘Olé’ che, svincolata dalle corride, è pure identificativa di chi si ammazza con i bigné. D’altra parte, chi siamo noi, detto con parole pontificie, per mettere in discussione la parola di Fabio Concato (con “la parola di Fabio Concato” che fa pontificio di suo).

Originariamente, questo articolo doveva chiamarsi ‘Essenza di Fabio Concato’, ma più che un tributo a Patrick Süskind, il riferimento olfattivo ci pareva una scemata (pour homme, ma anche pour femme). Ma il senso è quello: Concato solo voce chitarra è l’essenza, brodo primordiale del suo colto cantautorato, quello di “ma che accordi complicati ha il Sudamerica” (e ‘Gigi’ ne è piena) più che “le bionde trecce gli occhi azzurri e poi” (la, mi, re). Poco cambia anche perché chi, per assurdo, scoprisse Fabio Concato soltanto con ‘L’Umarell’, canzone della pandemia 2020, potrebbe cominciare da ‘A Dean Martin’ (1977) e arrivare a ‘Musico ambulante’, uscito il 15 gennaio scorso, ma anche partire da ‘Musico ambulante’ e tornare all’origine del tutto.

Quando c’è la ciccia

Chiusa la parentesi evoluzionistica, ‘Musico ambulante’ è «la mia musica da camera», ci spiega Concato. Un paio di prove «e poi abbiamo schiacciato ‘rec’», per un album nato dall’intesa con Andrea Zuppini alla chitarra e con dentro tutti i classici. Un doppio cd già in commercio, presto vinile autografato di persona (dal prossimo 12 febbraio), presto negli store digitali, ma solo a marzo. «Non è nato per essere un disco, sono canzoni prodotte e realizzate con Andrea per il piacere di tenermele così come sono fatte, un po’ come sono nate, e anche il modo più elementare di far sentire le cose». Per intenderci: «Se c’è la ciccia, te ne accorgi anche così, capisci che non manca niente e che io, diventando grande, mi sento di dovermi togliere un po’ di roba inutile da torno, anche e soprattutto in musica». E il piacere personale è ora esteso a tutti. 

Qualunque sia la forma d’ascolto, sin dalla prima traccia è chiaro come ‘Musico ambulante’ non sia una raccolta come tutte le altre. E le altre si chiamano, per esempio, ‘La storia 1978-2003’, greatest hits classico coi master e qualche chicca, o ‘Scomporre e ricomporre’ (lo dice il titolo) e ‘Oltre il giardino’, belli e generosi di rivisitazioni. ‘Musico ambulante’, invece, va a infilarsi in mezzo a ‘Gigi’, splendido rendering jazz del 2017 con il Paolo Di Sabatino Trio e, ancor prima, ‘Non smetto di ascoltarti’, 2016, con Bosso alla tromba e Mazzariello al pianoforte. La prova autoradio – da ‘Troppo vento’ in avanti, in cima al Monte Ceneri dove di vento ne tira parecchio – dice molto. Anche se per fare la prova autoradio bisogna avere l’autoradio col cd, che sulle auto nuove non c’è più. Viene da pensarci alla traccia 20, ‘La mia macchina’, 1992: «Sì, dovrei aggiornare il testo. Mi ricordo che già dieci anni fa, quando presi la macchina nuova, cercai il lettore cd ovunque, anche nel bauletto».

‘Caspita, il Fabietto l’aveva detto!’

Tornando agli accordi complicati che ha il Sudamerica. La versione ‘naked’ dei classici di Concato svela tutta la bossa nova contenuta in – citando a caso – ‘Gigi’, ‘Ti ricordo ancora’, ‘Domenica bestiale’, ‘È festa’: «Vengono fuori i miei amori e le mie abitudini musicali», spiega il musico. «Con Andrea abbiamo fatto molte tournée insieme, mi conosce bene ed è egli stesso in quel mood, e si sente. Immagino che certe soluzioni armoniche, certi accordi li abbia usati in quanto sicuro che mi sarebbero piaciuti, e perché fanno parte anche del mio mondo. Mai così precisi, perché non sono esattamente quelli di Caetano Veloso o Chico Buarque quando suona la chitarra, perché non servivano, però ti riportano da quelle parti». Bossa nova e jazz, come nel piccolo standard ‘La nave’, che singolo non fu ma lo diventò, il ‘Fabio Concato’ 1984 – ‘Fiore di maggio’, ‘Guido piano’ e tutto il resto – di soli singoli. Eccezion fatta, forse, per il ‘Computerino’, a suo modo anticipatrice: «Sì, a parte il fatto che nel 1984 non ci voleva Asimov per prevedere che sarebbe andata così. Però ai concerti qualcuno ancora dice “Caspita, il Fabietto l’aveva detto!”.

Quanto a stelle minori ma non troppo, il ‘Computerino’ non c’è ma ci sono ‘Non mi scordare’ dall’eponimo del ’99 e i nemmeno tre minuti di ‘E a quanti amori’ da ‘Blu’, 1996. Della quale Concato ha «fantastici ricordi londinesi: la registrammo con Geoff Westley – produttore e arrangiatore di ‘Una giornata uggiosa’ e altra musica italiana, ndr – che diresse gli archi del disco, realizzato con Flavio Premoli (ex Pfm, ndr). Era un’orchestra incredibile di non ricordo più quanti elementi, in uno studio pazzesco. Flavio in un gabbiotto con la sua fisarmonica e io in un altro a cantare in diretta, e l’orchestra ad applaudire con gli archetti. Un momento molto bello».

‘L’umarell, semper lì, el me guarda’

Ognuno la pensi come crede. Per noi Fabio Concato è quanto di più vicino a James Taylor, nel senso di quella musica che c’è sempre stata ma non sai quando è cominciata e che non assomiglia a nient’altro se non a James Taylor nel caso di James Taylor e a Fabio Concato nel caso di Fabio Concato. Anche nelle sorprese, come in ‘Guido piano’, traccia 17, abbassata in C# (do diesis), così fascinosa che all’uscita di Lugano Nord l’automobilista è costretto a posticipare fino a Lugano Sud per completare l’ascolto: «Nella nuova tonalità c’entra il permettere ad Andrea determinate posizioni sulla chitarra, sicuramente, ma anche il piacere personale di sfruttare certe frequenze della mia voce». Che si immergono in profondità mariobiondiane (tanto per citare un baritono a caso). «Sono contento, so di aver fatto una cosa giusta che forse avrei dovuto e potuto fare anche un po’ prima, ma va bene così», dice Fabio, che ora il suo ‘Umarell’ – ‘Premio Montale fuori di casa’ e poi Ambrogino d’Oro (perché non c’erano solo i Ferragnez) – ha un suo posto nella versione cd di ‘Musico ambulante’.

Stiamo per finire. Come il verso all’Enzino (Jannacci) ne ‘L’Umarell’, vuoi che Fabio Concato non finisca con l’ironia?: «Sai che mi sento molto umarell? Non manca molto che andrò anche io per cantieri», dice. Con la chitarra? «Sì, a confortare gli operai che lavorano». Diventeresti virale come Renzi che dice “Giast bicaousz”. «Se non fosse che sono pudico, ci farei un video. Mi spaccerei per uno che passava di là, che non ne sapeva niente. Qualcuno sicuramente direbbe: “Guarda, c’è uno che suona davanti a un cantiere, ma chi è? Potrebbe essere solo Concato”. Mi giro, ed effettivamente sono proprio io… ».

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