Luganese

Truffa crediti Covid, difesa: 'Mai voluto ingannare lo Stato'

Gli avvocati difensori dei tre uomini accusati a vario titolo di aver compiuto la maxi truffa hanno chiesto massicce riduzioni di pena per gli assistiti

Il processo si è svolto dinanzi alla Corte delle Assise criminali di Lugano (Ti-Press)
10 dicembre 2020
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«Non è mai stata sua intenzione ingannare lo Stato». Si è basata principalmente sull'assenza dell'inganno astuto l'arringa degli avvocati Walter Zandrini e Nadir Guglielmoni, difensori del 47enne imputato principale nel processo in corso alle Assise criminali di Lugano: la più grande truffa emersa in Ticino relativa ai crediti Covid, concessa dalla Confederazione alle aziende e agli indipendenti per far fronte alla crisi dovuta alla pandemia. Il danno finanziario sarebbe di 660'000 franchi circa, e il procuratore pubblico Daniele Galliano ha chiesto tre anni per l'uomo, e rispettivamente diciotto e cinque mesi per gli altri due imputati, un 51enne che ha svolto funzioni da fiduciario e un contabile al quale hanno fatto riferimento in un paio di occasioni.

'Ha già restituito gran parte dei soldi'

«L'atto d'accusa non indica in che modo sia stato danneggiato il patrimonio né da chi – ha detto Guglielmoni –. Ha agito in buona fede: quando gli istituti bancari gli hanno chiesto informazioni, lui le ha fornite. Anche con gli inquirenti ha dimostrato una buona collaborazione: ogni sua dichiarazione ha ritrovato un riscontro documentale. Non ha precedenti penali, né c'è un rischio di recidiva. C'è un obbligo di rimborso al quale ha fatto fronte (restituendo 490'000 franchi, ndr) e al quale farà fronte» ha detto ancora il difensore, chiedendo il proscioglimento, «al massimo una multa o una pena che sia integralmente sospesa».

'Scrivere sotto dettatura non è complicità in truffa'

«Si tratta di un processo di grande attenzione mediatica, ma tale attenzione non deve soddisfare a tutti i costi l'opinione pubblica desiderosa di vedere pesanti condanne – ha ammonito invece Sandra Xavier, legale del 51enne –. Il mio assistito non era solo il fiduciario a cui si appoggiava il 47enne, ma molto di più: c'era un'amicizia profonda, quasi fraterna. È importante contestualizzarlo, perché il suo agire è stato ben diverso da quello ricostruito dall'accusa». Secondo l'avvocata il ticinese sarebbe un «tontolone in senso buono»: «Si è limitato a una mera compilazione, su dettatura, di un formulario. Mai avrebbe voluto ingannare la banca né nessuno. Non solo non sapeva che i dati forniti dall'amico e inseriti nel formulario fossero fittizi, ma soprattutto non aveva motivo di immaginarlo: aveva fiducia in lui». La difesa ha quindi chiesta il proscioglimento dai reati di truffa e falsità in documenti, i due principali, e conseguentemente una massiccia riduzione di pena. Sulla stessa linea anche Raffaele Caronna, che ha chiesto la piena assoluzione del 67enne evidenziando che il 47enne dettava le cifre al 51enne e quest'ultimo lo faceva al pensionato: «Scrivere sotto dettatura non è complicità in truffa», ha detto sottolineando l'estraneità dell'assistito dall'azione delittuosa.

Il 47enne: 'Ho regalato 2'000 mascherine in via Nassa'

Al termine della fase dibattimentale, l'ultima parola è spettata agli imputati. Tutti hanno chiesto scusa e il 47enne in particolare: «Non ho mai voluto truffare lo Stato. Ho regalato 2'000 mascherine in via Nassa, ne ho donato a tutti gli abitanti del mio palazzo, per aiutare un Paese che mi ha aiutato. Chiedo scusa, restituirò tutti i soldi». Domani pomeriggio la sentenza.

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