Figli delle stelle

The Vad Vuc: 'Vadavialcovid', e già il titolo è un capolavoro

The Vad Vuc, 'Vadavialcovid' - ★★★★✩ - Il nuovo album della band ticinese, che è una specie di romanzo storico.

Settembre 2020, finalmente...
7 novembre 2020
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Perché, oggi come oggi, bisognerebbe comperare il nuovo cd dei The Vad Vuc? È domanda cui si può rispondere solo una volta aver deciso se scrivere ‘I Vad Vuc’, The Vad Vuc oppure ‘I The Vad Vuc’. Le risposte, comunque, sono più d’una:

1. Tra un paio d’anni spariranno i cd, intesi come fabbricazione del supporto fisico sonoro molto comodo da usare col telecomando (prepariamoci ad alzarci dal divano a capovolgere il vinile o a spostare la puntina di traccia in traccia come una volta, un piccolo ritorno al Paleozoico, con tutto il rispetto per l’amico Tondo e per la bellezza dei suoi vinili. Si scherza, naturalmente).
2. Il packaging di MadBall di Barbengo (sappiamo chi è) è di quelli che sanno come si fanno i packaging per la musica, dove il font va piccolo piccolo e se è troppo grande diventa il dvd del matrimonio. Carta non patinata, che farebbe troppo Platinum Collection, piacevole al tatto, quasi sensuale; la bustina del cd che è una copertina a sé; i vadvuchi in ordine alfabetico e con la mascherina (Cerno con gli occhiali appannati, è tv-verità); label e copertina rosso-violacea che bene rendono la virulenza del titolo.
3. Il titolo: un cd che si chiama ‘Vadavialcovid’ va acquistato anche solo per il titolo.
4. Il disco, nato prima, durante e dopo il lockdown è molto bello. Che non guasta (vedi in fondo alla pagina).
5. La dicitura (che non è sul disco ma sul comunicato stampa, che comunque fa parte del disco): “Mentre noi componevamo e registravamo i brani di questo disco altre persone operavano sul campo spesso in condizioni molto difficili. Ci è quindi sembrato giusto utilizzare questo album come vettore per un'iniziativa benefica. Abbiamo deciso di devolvere alla FCTSA (Federazione Cantonale Ticinese Servizi Autoambulanze) l’intero ricavato della vendita delle copie fisiche.

Prima che questo articolo diventi un’agiografia dei The Vad Vuc, de I The Vad Vuc o dei Vad Vuc, serve qualcosa di più imparziale. Tipo un’intervista al Mago, che sui documenti è Fabio Martino e dalle cui manopole sono transitate le registrazioni, spesso casalinghe, molto più spesso molto casalinghe, dei singoli vadvuchi segregati in casa, nei giorni della segregazione.

 

Mago. A suo modo ‘Vadavialcovid’ è un romanzo storico…

Sì. Tutti conoscono questo primo lockdown in marzo. C’erano eventi fissati per festeggiare i vent’anni, sarebbe stata una bellissima estate, ma tutto è saltato e ci siamo trovati da un anno impegnatissimo a uno in cui non c’è più nulla da fare. Dopo esserci leccati le ferite della delusione, ci siamo detti che non era il caso di stare fermi. E ci siamo inventati un modo per portare avanti le cose, a distanza.

Tracce separate, ma proprio separate…

Sì. Per chi non conoscesse il mestiere, la maggior parte dei dischi viene registrata un musicista per volta, a volte due, per particità, per curare ogni singolo suono. Questa volta le tracce separate sono registrazioni fatte con lo smartphone. Doppiamente buffo, il batterista, confinato in un comune in provincia di Sondrio, perché residente lì, non aveva una batteria, e quindi si è dovuto inventare tutta una serie di suoni tipo un macete colpito con un martello, una spazzola per pulire il water che suonava una grattuggia di formaggio – sul cui utilizzo successivo preferiamo non entrare nel merito – che in qualche modo sono andati a tirare fuori un suono nuovo. La sfida è stata far diventare un limite un pregio.

Alla fine ce l’avete fatta a festeggiare i vent’anni di carriera. Giusto il tempo di chiudere tutto di nuovo…

Esatto (ride, ndr). Intanto, una bellissima sorpresa di pubblico incredibilmente eterogeneo, penso a chi non ama stare in piedi in piazza, che ha riempito il teatro. E poi è stato particolare suonare senza capire se la gente sorridesse, piangesse, dormisse, perché era tutti con la mascherina. Sono stati due concerti particolari, ma con una partecipazione, un’attenzione e tanti applausi che ci hanno riempito il cuore. Grazie alla Rsi abbiamo anche potuto registrarle queste due serate e, chissà, magari il prossimo anno riusciremo a fare ascoltare qualcosa…

‘Vadavialcovid’ lo apre una poesia firmata Savogin-Martino. Più che una poesia, lo specchio di quello che stiamo vivendo, ‘quel peso che davamo a quel toccarci’…

Volevamo coninvolgere Savo, che lavora con noi da più di dieci anni, che è pluricampione italiano di poetry slam, oltre che bravissimo tecnico del suono. Il poetry slam è una sorta di contest di poesia che non è molto diverso dalle sfide tra rapper. Lo scorso anno il Savo è stato a Italian’s Got Talent, un posto in cui vanno quelli che sanno fare ogni tipo di cosa. Ha portato la poesia al grande pubblico. Il Savo recita sopra a una piccola idea che mandai a Cerno, intitolato ‘Fisa bellina’, come chiamiamo noi le idee, col primo nome che ci viene in mente, e si è deciso che avrebbe aperto il disco.

E poi c’è ‘Bud & Terence’, che parla della vita di tutti, anche in questo momento: ‘Catá legnád in un movie da serie B’…

Sì, l’idea di Cerno, autore di tutti i testi dell’album, era quella di citare Bud Spence e Terence Hill che spesso ricorrono nei nostri discorsi, sono due personaggi che hanno fatto parte del percorso di crescita di ognuno di noi. L’idea è nata anche per passare, attraverso le parole di due icone pop, qualche messaggio che si trova tra le righe.

Guardando a chi va l’incasso, ‘Vadavialcovid’ è ancor più un album speciale. 

I Vad Vuc negli anni hanno avuto la possibilità, per coincidenze, alchimie, e anche di meriti, di essere ascoltati da una buona fetta di pubblico. E visto che i Vad Vuc intendono la musica come un modo per stare insieme e non come un lavoro vero e proprio, si sono detti fin da subito che avrebbeo utilizzato questa visibilità per aiutare altre realtà. E infatti sono promotori e testimonial, dalla prima edizione del Festival, di Espérance, associazione senza scopo di lucro che raccoglie fondi per situazioni di solidarietà in Indocina. Nel caso di ‘Vadavialcovid’, ora che i costi sono coperti, da ora tutto il guadagno delle copie fisiche viene destinato alla Federazione Cantonale Ticinese Servizi Autoambulanze, proprio perché nato in periodo di Covid. Piccola parentesi: Fidel, il falutista e trombettista, lavora in ambulanza e abbiamo potuto constatare i turni terribili che ha fatto, ci ha raccontato esperienza toccanti. Ci sembrava il minimo dare l’appoggio di allegri amici che si divertono portando in giro la proria musica e che hanno la possibilità di aiutare gli altri. L’obiettivo sarebbe quello di arrivare a 20mila franchi di donazione. Se puoi, porta in giro la voce…

Concludendo

Anche con ‘Vadavialcovid’ abbiamo fatto la prova Monte Ceneri, il cd a palla nell’auto in corsa, tanto più bello che ascoltare chiusi in casa, adesso che sembra che in casa dobbiamo tornarci. E per la prima volta ‘Holloway Boulevard’ senza le cuffie, ‘Kursk’ senza le cuffie, con la pioggia che sbatte sui vetri a dare un senso al sottomarino che non torna su, sembrano libere. Anche la storia di ‘Giani Mutur’ a bordo della sua Gilera, la vita vissuta in ‘Öcc’ (“Va beh”. “Mia ma’”) e l’’Irish Medley’ che chissà quando torneremo a pogare. E ancora ci sentiamo tutti, almeno una volta nella vita, andati ‘Via da Chiasso’ anche se la città era un’altra, e ancora ci prende il groppone ascoltando ‘A volte capita’, la (splendida) canzone “che si vorrebbe non dover scrivere più”, ma anche la canzone di “Ci siamo scambiati più vita con quel bacio che con qualsiasi orgasmo”, tre righe che danno un senso alla vita. Al ritornare in vita, per la precisione.

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