Mendrisiotto

Mobilità ai tempi del Covid-19: ‘ri-prenderai i mezzi pubblici’?

Un sondaggio sta interrogando i cittadini-utenti per capire come ci si muoverà dopo l’11 maggio. Intanto, sui bus si sale di meno

Pronti salire di nuovo sui mezzi pubblici? (Ti-Press)
6 maggio 2020
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Tre minuti di tempo, non si chiede di più. Rispondere a un sondaggio, stavolta, potrebbe anche fare la differenza. L'intento è dichiarato fin dalle prime battute: sentire gli umori dei cittadini-utenti del trasporto pubblico, e anche di chi si sposta in auto. Perché oggi, nell'era del Covid-19 e del post 'lockdown', anche la mobilità non è più la stessa. Avviata la fase del ritorno a questa nuova normalità delle distanze sociali, del disinfettante a portata di mano e della mascherina in tasca (perché non si sa mai), bisogna capire come ci si sposterà per andare al lavoro, fare acquisti o anche solo per riconquistarsi del tempo libero. Le domande sono molte (almeno quante le speranze); le risposte ancora poche. E allora gli specialisti hanno cominciato a interrogarsi: c'è da capire, infatti, se treni e autobus terranno le posizioni (conquistate a fatica in questi anni) o se la paura del contagio spingerà i più a scegliere l'auto, cambiando, di fatto modo di muoversi.

‘Non dimentichiamoci della mobilità’

Nel Mendrisiotto delle colonne e delle strade intasate (del pre coronavirus) un ri-orientamento delle abitudini e dei mezzi di trasporto non sarebbe per nulla ininfluente. Anzi. Di che lanciare il dibattito. "Direi che abbiamo provato a lanciare letteralmente un sasso nello stagno della mobilità quotidiana, tentando di stimolare la discussione", spiega a 'laRegione' Stéphane Grounauer, responsabile Mobilità e trasporti alla Comal. L'azienda, non nuova a collaborazioni con gli enti pubblici proprio su questo fronte (caldo), ha deciso di prendere l'iniziativa, senza peraltro attendersi nulla in cambio. L'impressione di chi mastica la materia è che il tema sia finito in fondo all'agenda istituzionale. "Ci siamo resi conto - ci fa notare Grounauer - che le autorità, prese certo da altro, non si sono poste la questione, che adesso, accanto all'emergenza sanitaria e alle ricadute economiche, con l'allentamento delle misure restrittive può, a sua volta, provocare dei danni importanti". Da qui la necessità di sondare l'opinione pubblica? "Abbiamo pensato di immaginare i possibili scenari e 'misurare' il tasso di interesse per la tematica della mobilità". E qualcosa si è mosso: in un paio di settimane in 1'600 hanno risposto alle domande del sondaggio, ma ci sarà tempo ancora fino al 22 maggio per partecipare a questa sorta di campagna. Poi si tireranno le somme.

‘La bici? Una alternativa’

Che esito vi aspettate? "L'effetto di un cambiamento potrebbe essere duplice - annota Grounauer -: da un lato avere delle conseguenze pesanti, dall'altro essere una opportunità. Mi spiego: se anche solo il 10 o 20 per cento degli utenti del trasporto pubblico tornasse all'auto per paura di salire su un treno o un bus, porterebbe la viabilità oltre il collasso che già conosciamo". Di controcanto, in che modo potrebbe rivelarsi un'opportunità? "Lo sarà se la ripresa delle diverse attività porterà a cambiare abitudini e a scegliere delle alternative, come la bicicletta. Diverse grandi città, come Milano, Berlino, Bogotà, hanno reagito all'emergenza favorendo la bici. E in tal senso abbiamo avanzato una proposta a Lugano". L'idea è semplice: non cedere di nuovo alle quattro ruote gli spazi conquistati dalla lentezza a cui ha costretto la crisi sanitaria, trasformandoli in corsie ciclabili (seppur a titolo provvisorio). "D'altro canto, sarebbe un peccato buttare via l'esperienza fatta e non rimettere in discussione talune vecchie consuetudini, facendo leva su modalità lavorative più flessibili così come sul lavoro da casa, il cosiddetto 'smart working'. Tutte soluzioni che renderebbero più percorribili le nostre strade". L'auspicio di Grounauer è che si riparta in modo 'intelligente', nel segno del 'muoversi meno, muoversi meglio'.

Le istituzioni? Sono rimaste a guardare

Sembra, dunque, venuto il momento di dare agio alla creatività e, in particolare, alla responsabilità individuale. E se chi dà voce agli utenti dei mezzi pubblici (come Astuti) si aspettava uno sforzo ulteriore dalle stesse aziende di trasporto - il timore è che i mezzi a disposizione siano insufficienti -, da sostenere anche finanziariamente; gli esperti della mobilità confidavano in una maggiore reattività delle autorità competenti (a cominciare dl Dipartimento del territorio). L'impressione, in altre parole, è che lo Stato abbia perso un po' l'occasione? "Se pensiamo a tutte le campagne di sensibilizzazione messe in campo in questi anni per ridurre il traffico (inclusi dei sussidi a vantaggio del telelavoro) - fa capire Grounauer -, ci si poteva aspettare di più". Come dire che è mancato un segnale dall'ente pubblico? "Gli ospedali hanno dovuto riorganizzarsi per fronteggiare la pandemia; i docenti hanno dovuto dare risposte diverse; chi si occupa di panificazione e gestione del traffico non ha colto l'occasione per rafforzare il messaggio che si veicola da anni sulla mobilità sostenibile. Per finire l'opinione pubblica non si è neppure interrogata sul tema e ciò che poteva accadere". Non si nasconde, quindi, di confidare nel sondaggio per riaccendere l'attenzione.

Meno passeggeri sui bus arancione 

D'altro canto, bisognerà darsi parecchio da fare per superare le resistenze degli utenti. L'Autolinea Mendrisiense (Amsa) è stata fra le prime aziende di trasporto a rimettere sulle strade i suoi bus secondo la cadenza regolare. Per garantire le coincidenze con Tilo e assicurare il giusto distanziamento degli utenti, già il 27 aprile scorso è tornata all'orario consueto. Non sono, però, tornati i passeggeri di sempre. "Rispetto all'ottantina di viaggiatori che trasportavamo in precedenza nelle ore di punta, adesso siamo a una ventina - ci conferma il direttore di Amsa Ivano Realini -. La diminuzione è consistente, non c'è dubbio. Anche se abbiamo notato qualche presenza in più rispetto al periodo della chiusura, siamo molto al di sotto dei numeri abituali". Il che, è inevitabile, si riverbererà pure sugli introiti.

Eppure all'Autolinea si sono attivati subito (fin dall'inizio di marzo) per adeguarsi alle regole dettate dal coronavirus. "Abbiamo cominciato - ci illustra il direttore - col chiudere la porta d'accesso anteriore, vietare i sedili della prima fila, dietro l'autista - anche il personale va tutelato, ndr - e non vedere biglietti a bordo. Poi abbiamo prestato attenzione alla manutenzione e sanificazione dei mezzi. Quindi, in vista dell'11 maggio, abbiamo aderito alle direttive scandite dalla cellula centrale composta da Ufficio federale dei trasporti, Ffs e Autopostale. Da parte nostra da lunedì abbiamo previsto di posizionare una cartellonistica per sensibilizzare i passeggeri sull'igiene personale, la distanza speciale e l'uso della mascherina - di cui saranno dotati pure gli autisti, ndr - e di diffondere, ogni cinque minuti, degli annunci agli altoparlanti degli autobus sulle raccomandazioni del caso".

Dal suo osservatorio ha percezione che gli utenti hanno o avranno paura di prendere il bus? "Non direi paura, forse un po' di timore potrebbe esserci, visto che si esorta a evitare gli assembramenti: sull'autobus non si è da soli. Sarà, però, il tempo a dirci quali strascichi lascerà il Covid-19 anche in questo ambito e a darci modo di abituarci a questa nuova situazione in cui la mascherina farà parte di noi. In ogni caso il trasporto pubblico c'è, e se tutti rispetteremo le regole non vi saranno più problemi che altrove". Tant'è che il potenziamento del servizio in programma (anche nel Mendrisiotto) per il 2021 resta confermato.

 

 

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