Pubbliredazionale

Illusioni e realismo

Speciale Camera di Commercio e dell'Industria del Cantone Ticino

25 luglio 2023
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Luca Albertoni, Direttore Cc-Ti

L’attualità politica ci porta a tornare su due temi sui quali ci siamo già espressi nelle scorse settimane, ma che sono centrali per il nostro Cantone e che quindi meritano ulteriori approfondimenti. Si tratta della proposta di introdurre un pedaggio per la galleria autostradale del San Gottardo e del progetto di riforma fiscale presentato dal Consiglio di Stato. Dossier che ci occuperanno intensamente nei prossimi mesi.

NO AL PEDAGGIO AL SAN GOTTARDO

La mozione di un Consigliere nazionale urano che vuole un pedaggio per accedere al tunnel del San Gottardo sta facendo discutere molto sia in Ticino che oltre Gottardo. Al di là di sondaggi più o meno pilotati attraverso domande suggestive, sembra crescere anche in Ticino la fetta di popolazione favorevole al pedaggio.
Il motivo è semplice: si pensa di poter far pagare il transito agli stranieri, né più né meno. Abbiamo già attirato l’attenzione sul fatto che l’autore della mozione, il Consigliere nazionale Simon Stadler, menziona esenzioni per i cantoni limitrofi, ma il testo del suo atto parlamentare cita solo riduzioni per gli abitanti dei cantoni interessati e non di esenzioni. Quindi non saranno solo gli stranieri a dover pagare.
Tema, del resto, anche giuridicamente complesso e tutt’altro che scontato, visto che di principio non si possono fare discriminazioni. Lo ha riconosciuto esplicitamente anche il Consiglio federale in data 6 novembre 2019, rispondendo a una mozione del Consigliere agli Stati Marco Chiesa. Il Consiglio federale rileva come nei Paesi limitrofi e in tutta Europa i pedaggi non distinguono fra veicoli “indigeni” e immatricolati all’estero, per cui anche noi dovremmo attenerci a questo principio. Il principio di non discriminazione impedisce di fatto un pedaggio per soli veicoli stranieri. Posizione chiara, della quale occorre tenere assolutamente conto per non cullarsi nelle illusioni che a pagare debbano essere solo gli altri. Una sana dose di realismo si rende, quindi, assolutamente indispensabile, pena clamorosi autogol per il Ticino.
Anche chi ipotizza una compensazione per i ticinesi attraverso la riduzione della tassa di circolazione farebbe bene a tenere conto di una decisione del 2019 della Corte di giustizia europea che ha bocciato un sistema di questo tipo previsto dalla Germania. I tedeschi avevano infatti previsto che i propri cittadini potessero dedurre il pedaggio almeno parzialmente dalla tassa di circolazione e che quindi di fatto il pedaggio lo pagassero quasi solo gli stranieri. Principio di discriminazione previsto dal diritto europeo violato e governo tedesco rimandato alla casella di partenza. Molto probabile che anche in Svizzera verrebbe presa una decisione analoga.

Economia, ma non solo…

Le pesanti conseguenze per l’economia ticinese sarebbero innegabili, non solo per il turismo, ma per tutti i settori economici indissolubilmente legati ai trasporti da e verso il resto della Svizzera.
Una vera e propria filiera che, se turbata, porterebbe a ripercussioni negative su cittadine e cittadini che ne rappresentano l’ultimo anello.
Ma, in tema di discriminazione, non può evidentemente non preoccupare il trattamento diverso del nostro Cantone rispetto agli altri. Essere l’unica regione della Svizzera accessibile quasi solo a pagamento (escludendo le molto parziali alternative estive di qualche mese o i passaggi per l’Italia) sarebbe un fatto gravissimo, non accettabile nell’ottica della coesione nazionale. È bene ricordare che l’articolo 1 della Costituzione federale prevede che la Confederazione Svizzera è costituita dal popolo svizzero e dai cantoni, tutti, senza eccezioni.
Non ci sono cantoni di categorie A o B.
L’eventualità di accedere al Ticino solo pagando costituirebbe una discriminazione bella e buona, senza se né ma. La gestione del traffico e il finanziamento delle infrastrutture, quando possibile, può e deve fare capo ad altri strumenti, ben noti a tutti ma ovviamente più scomodi da realizzare politicamente.
Limitarsi a penalizzare l’asse storico del traffico nord-sud sarebbe atto miope e inutile, oltre che profondamente scorretto. Giova ricordare ancora una volta che non sono indicativi gli esempi di valichi con pedaggi come il Brennero, il Monte Bianco, il Fréjus o il Gran San Bernardo. Essi portano da una nazione all’altra e non collegano regioni di uno stesso paese.
Infine, la discriminante della densità del traffico a sfavore del San Gottardo è fondamentalmente errata. Certo, impressionano le code chilometriche che si accumulano in certi periodi. Ma in altre regioni elvetiche, in particolare attorno agli agglomerati, la densità del traffico è molto maggiore e comporta code quotidiane. Differenza sostanziale se si intende affrontare il tema seriamente.

SÌ ALLA RIFORMA FISCALE

Il progetto di riforma fiscale presentato recentemente dal Consiglio di Stato dovrebbe dal canto suo permettere di uscire dal tunnel fiscale di un sistema che presenta molte distorsioni che penalizzano intere categorie di contribuenti. Una modernizzazione si rende assolutamente necessaria e deve permetterci di rimanere al passo anche degli altri cantoni svizzeri (anche qui una forma di coesione nazionale…).
Lo scopo è di rendere il Ticino maggiormente attrattivo per chi vuole investire e risiedere nel nostro Cantone, generando in tal modo entrate fiscali e posti di lavoro a beneficio di tutti.

Non solo i ricchi

Ovviamente e purtroppo la discussione politica rischia di focalizzarsi su presunti regali ai ricchi, quando in realtà la riforma proposta prevede altri elementi molto importanti per rendere il sistema più moderno. Basti pensare alle agevolazioni previste per la successione e le donazioni che tengono conto dell’evoluzione della società e delle nuove forme di relazioni personali.
Per gli imprenditori è particolarmente rilevante il fatto che sia previsto un importante alleggerimento dell’aliquota fiscale in caso di trasferimento dell’azienda. Significa mettere in campo uno strumento fondamentale per facilitare anche la successione aziendale, che, come nel resto della Svizzera, sta diventando sempre più difficile, perché non si trovano facilmente successori all’interno della propria famiglia, passaggio un tempo considerato come “naturale” e scontato. Oggi la tendenza va sempre più nella direzione di cessione dell’azienda a terzi. Quando anche questa opzione decade, si chiude per mancanza di persone disposte a riprendere l’attività, con conseguenze disastrose per il tessuto economico, in termini di perdita di posti di lavoro, competenze e anche gettito fiscale.
Spesso la rinuncia a riprendere un’azienda è dettata proprio dall’eccessivo carico fiscale che richiede di assumere rischi eccessivi per avere la liquidità necessaria. Alleggerire gli oneri fiscali per questo genere di operazione potrà certamente facilitare la ripresa di aziende da parte di persone esterne alla cerchia familiare e garantire quindi la continuità stessa dell’impresa. Anche la riduzione dell’imposizione sui capitali previdenziali ritirati è importante perché permette di mantenere in Ticino persone altrimenti attratte da altri cantoni vicini con imposizioni più favorevoli. Misura che quindi può essere importante anche per imprenditori e dirigenti e per talune decisioni strategiche riguardanti le aziende. Infine, l’aumento delle deduzioni per le spese professionali va giustamente a premiare chi lavora.

L’esempio norvegese e Haaland nel canton Uri

Si diceva della litania dei regali ai ricchi. In linea con una demonizzazione di chi ha molti mezzi che è ormai un Leitmotiv diventato stucchevole. Poco comprensibile nella nostra realtà, visto che possiamo contare su un sistema redistributivo molto efficace. Ma proprio per sostenere tale sistema sono necessari contribuenti forti, che devono rimanere o essere attratti sul nostro territorio in virtù di un sistema fiscale moderno e affidabile. Certo, ci sono anche altri fattori che determinano la permanenza sul nostro territorio di persone facoltose, come la sicurezza, la qualità di vita in generale ecc. Ma è inutile negarlo, il fattore fiscale gioca un ruolo determinante e per questa categoria di contribuenti noi siamo ormai da tempo non concorrenziali.
La necessità di intervento è ancora più urgente se si considera l’introduzione dell’imposta minima globale per le aziende, accettata in votazione popolare lo scorso 18 giugno. Questo nuovo sistema porta a un cambio di paradigma, con un maggiore accento sulla concorrenza fiscale delle persone fisiche legate alle aziende, in particolare i dirigenti con redditi elevati. Questo rapporto sempre più stretto fra imposizione delle società e delle persone fisiche è un fatto dal quale non si può più prescindere. Un esempio illuminante è costituito dal cosiddetto “caso norvegese”. Esempio da manuale delle cose da evitare.
Il tema è venuto alla ribalta per l’inusuale afflusso di facoltosi norvegesi in Svizzera, compreso Alf-Inge Haaland, ex calciatore di buon livello ma soprattutto padre del fenomeno del Manchester City, Erling Haaland. Ma cosa è successo in Norvegia?
La Norvegia ha “leggermente” aumentato la sua tassazione sui grandi patrimoni, ma anche e soprattutto la tassazione delle azioni, ora imposte all’80% del loro valore contro il 55% precedente. Nel capitolo imposta sul reddito, la tassazione dei dividendi è aumentata dal 31,7% al 37,8%. Questo ha evidentemente toccato imprenditori il cui patrimonio è costituito principalmente dalla loro azienda. Gli esperti fiscali rilevano che il costo fiscale di possedere un’impresa in Norvegia è più che raddoppiato in due anni. Alcuni imprenditori devono addirittura chiedere prestiti o vendere parte dei loro beni per poter pagare le imposte. Potendo risparmiare il 90% delle imposte trasferendosi in Svizzera, la decisione non è troppo difficile da prendere. Perché, se possedere un’attività diventa un lusso e il fisco è confiscatorio, difficile resistere alla tentazione di emigrare verso altri lidi.
Solo per questi contribuenti più ricchi, la perdita per le autorità fiscali norvegesi potrebbe raggiungere l’equivalente di circa 85 milioni di franchi.
L’intero fenomeno è però difficile da quantificare perché anche i contribuenti meno ricchi stanno partendo e la Svizzera non è l’unica destinazione scelta. Le autorità norvegesi stanno del resto cominciando a preoccuparsi seriamente per questa perdita, sia fiscale che sociale. Ma incredibilmente il governo non sembra voler fare marcia indietro.
Al contrario, sta cercando di aumentare la pressione sui contribuenti che lasciano il Paese, il che non fa che accelerare l’esodo.

Quale lezione trarne

Come detto sopra, se la pressione fiscale va oltre il sopportabile, chi può trasferisce armi e bagagli. Non si tratta qui di prediligere una categoria di contribuenti rispetto ad altre. Tutte hanno la loro dignità e meritano l’assoluto rispetto, anche chi versa alle casse dello Stato somme più piccole. È però innegabile che figure come quelle dei norvegesi sbarcati in Svizzera portano molto e non pesano sulla comunità, anzi. Vanno considerati come importante fattore nell’ottica della politica fiscale e della politica di ridistribuzione delle risorse. Se i soldi non vengono prima generati, è difficile poi ridistribuire. Sembra una banalità, ma purtroppo nella discussione politica spesso non lo è.
La bulimia fiscale è penalizzante e bisogna resistere a tentazioni alla “Robin Hood”. In uno Stato di diritto come il nostro l’equilibrio è assicurato, senza necessità di rapine. Occorre superare la solita immagine caricaturale del ricco contribuente seduto egoisticamente su un mucchio d’oro mentre la comunità è costretta a privazioni. La ricchezza, anche se percepita in modo diverso, può diventare un valore per tutti.


L’immobilità dei ricchi è un mito

Nei dibattiti sulle imposte gli scettici dicono spesso che i ricchi residenti hanno molte ragioni per rimanere dove sono e che il rischio di vederli partire è basso. Con l’esempio norvegese è chiaramente dimostrato che esiste davvero una “soglia di resistenza” oltre la quale coloro che possono partire, scelgono di farlo, e in fretta. Questa soglia è impossibile da determinare con precisione, il che dovrebbe incoraggiare ancora di più la cautela in materia di politica fiscale. L’equilibrio è essenziale, l’uso della mannaia crea solo danni.

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