Un’altra economia, incentrata su uomo e natura? O un’utopia che impoverirebbe la Svizzera? L’essenziale da sapere sull’oggetto in votazione il 9 febbraio
Di cosa parliamo?
Di ambiente, clima, economia e stile di vita. In particolare: di come le basi naturali della vita (acqua, suolo, aria) vengono erose a causa di un modello economico orientato alla crescita e al profitto; e di come un cambiamento radicale nelle attività economiche e nei consumi in Svizzera potrebbe contribuire a preservarle.
Cosa chiede l’iniziativa?
Che le attività economiche in Svizzera si svolgano entro i limiti posti dalla natura e dalla sua capacità di rinnovamento. Confederazione e Cantoni devono fare in modo che entro 10 anni (2035) l’impatto ambientale dei consumi in Svizzera non superi più i limiti del pianeta in rapporto alla popolazione svizzera (vedi infografica per i termini in corsivo). Le misure adottate per raggiungere questo obiettivo devono essere socialmente sostenibili, sia in Svizzera che all’estero.
Com’è messa la Svizzera?
Nel 2024 l’Earth Overshoot Day – il giorno del sovrasfruttamento della Terra, calcolato ogni anno dall’Ong Global Footprint Network – è scattato il 1o agosto. Significa che in appena sette mesi sono state ‘bruciate’ le risorse che la Terra impiega un anno per rigenerare. In altre parole: a livello globale stiamo consumando l’equivalente di 1,7 pianeti all’anno, cifra che – stando alle tendenze attuali – potrebbe arrivare nel 2030 a due pianeti.
In Svizzera nel 2024 l’Overshoot Day è scattato prima, il 27 maggio. Vuol dire che se tutti i cittadini del mondo consumassero quanto gli abitanti della Confederazione, all’umanità occorrerebbero 2,5 pianeti. L’impronta ecologica pro capite della Svizzera è comunque in calo da una quindicina d’anni a questa parte e oggi è tra le meno ‘pesanti’ fra i paesi industrializzati.
Il concetto di ‘impronta ecologica’ non tiene conto però di una serie di problemi ambientali che invece sono considerati in quello di ‘limiti planetari’. Nonostante i progressi compiuti negli ultimi decenni (oggi “le risorse naturali sono impiegate in modo più efficiente e i consumi pro capite hanno un impatto ambientale minore rispetto a vent’anni fa”, ricorda il Consiglio federale), la Svizzera continua a superarli in particolare in tre settori: clima, biodiversità e immissione di azoto.
Sulla base dei dati (2018) utilizzati in uno studio (2022) commissionato dalla Confederazione, per raggiungere l’obiettivo dell’iniziativa, le emissioni pro capite di gas serra (quelle ‘importate’, derivanti cioè dall’importazione e il consumo di prodotti fabbricati all’estero, sono oltre il triplo di quelle domestiche e ammontano all’80% circa del totale) dovrebbero essere ridotte del 90%, la perdita di biodiversità del 75%, l’immissione di azoto di circa la metà.
Come verrebbe attuata l’iniziativa?
Con prescrizioni? Divieti? Tasse d’incentivazione? Sovvenzioni? Il testo dell’iniziativa non dice nulla al riguardo. I promotori lo hanno volutamente redatto in maniera vaga, con l’intenzione di lasciare al Parlamento ampio margine di manovra. Esplicito invece il ‘mandato’ affidato a Confederazione e Cantoni: le misure per attuare l’iniziativa devono avere una ‘sostenibilità sociale’. Cosa ciò significhi esattamente, non è chiaro. Secondo il comitato d’iniziativa, per finanziarle verrebbero chiamate alla cassa “le persone molto ricche e le imprese”; invece, le famiglie a basso reddito dovrebbero essere risparmiate. Le piccole e medie imprese dovrebbero essere sostenute nella transizione. Il Consiglio federale ribatte: a causa del breve periodo di attuazione, probabilmente saranno necessarie misure “drastiche”. E sarebbero soprattutto le persone meno abbienti a subire gli aumenti di prezzo di numerosi prodotti che l’iniziativa porterebbe con sé.
Chi la sostiene? Con quali argomenti?
L’iniziativa dei Giovani Verdi è sostenuta dai ‘grandi’ del partito ecologista, dal Ps, dalla Gioventù socialista, dal Partito evangelico svizzero (Pev) e dai giovani del Pev. Per il sì si battono anche numerose organizzazioni per la protezione dell’ambiente e del clima, l’Associazione dei piccoli contadini, il movimento Sciopero per il clima e un’ottantina di rappresentanti del mondo scientifico. In Parlamento Ps e Verdi hanno cercato invano di far passare un controprogetto diretto che non includesse la scadenza vincolante per l’attuazione (10 anni).
Non consumare più risorse di quelle che il pianeta mette a disposizione: è “un’ovvietà” ciò che chiede l’iniziativa, sostengono i suoi promotori. Le grandi aziende perseguono la massimizzazione dei profitti, a spese della salute e dell’ambiente; e il consumo eccessivo – soprattutto da parte di “persone estremamente ricche” – arreca danni all’ecosistema. La crisi climatica è ormai un’evidenza, i disastri ambientali (vedi quanto successo lo scorso anno anche alle nostre latitudini) si fanno sempre più frequ enti: i limiti del pianeta sono stati ampiamente superati, per cui lo status quo non è un’opzione praticabile. Il Politecnico di Losanna ha calcolato l’inazione su questo fronte potrebbe costare in futuro alla Svizzera 10 miliardi di franchi all’anno. In quanto paese ricco, la Svizzera deve assumersi le proprie responsabilità nei confronti dei paesi del Sud del mondo, che contribuiscono poco alla crisi climatica ma ne subiscono in pieno le conseguenze. È necessario “un cambiamento radicale nell’economia e nella società”: si tratta di allontanarsi “dalla logica del profitto delle grandi imprese per passare a un’economia incentrata sul benessere di tutte le persone e sulla salvaguardia dell’ambiente”. Tra le misure per attuare l’iniziativa vengono menzionati “un piano di sensibilizzazione e formazione, la promozione di posti di lavoro sostenibili e investimenti in progetti sostenibili come le energie rinnovabili e la mobilità dolce”, così come l’abolizione di sovvenzioni e agevolazioni fiscali nocive per l’ambiente.
Chi la combatte? Con quali argomenti?
Il Consiglio federale, la maggioranza del Parlamento e tutti i partiti di destra e del centro. Contrarie anche le organizzazioni economiche e numerose associazioni, tra le quali il Gruppo svizzero per le regioni di montagna.
“Iniziativa per l’impoverimento”, “Ritorno al Medioevo” (il ‘senatore’ del Centro Fabio Regazzi), “Eco-dittatura” (il consigliere nazionale del Plr Alex Farinelli), “Utopia di sinistra” che vuole “installare un sistema socialista” e fare “della Svizzera un Paese in via di sviluppo” (il consigliere nazionale del Plr Christian Wasserfallen): dall’ampio fronte del no non si lesina. Se l’iniziativa venisse approvata, i prezzi dei generi alimentari, di numerosi prodotti, della mobilità e degli affitti esploderebbero, ammoniscono i contrari. Dovremmo inoltre scordarci lo stile di vita al quale siamo abituati. Confederazione e Cantoni dovrebbero limitare rapidamente i consumi (“di tre volte”, anche secondo il ministro dell’Ambiente Albert Rösti) mediante prescrizioni, divieti e tasse d’incentivazione: le conseguenze per i cittadini sarebbero drastiche, e riguarderebbero persino le attività del tempo libero e le vacanze. Inoltre, molte aziende sarebbero costrette a fare i salti mortali per adeguare la produzione, oppure a cessare l’attività. Il lasso di tempo di 10 anni stabilito per realizzare la conversione è irrealistico. E senza un approccio coordinato a livello internazionale, una rivoluzione dei consumi e della produzione nella piccola Svizzera non avrà alcun impatto sull’impronta ecologica globale. Senza contare che la Costituzione federale già contiene disposizioni per incoraggiare lo sviluppo sostenibile, tenendo conto degli interessi della popolazione e dell’economia.
Come andrà a finire?
Nel settembre del 2016 si votò su una proposta simile, anche se un po’ meno ambiziosa: l’iniziativa dei Verdi ‘Per un’economia sostenibile ed efficiente in materia di gestione delle risorse’ venne respinta con il 63,6% di no. Da allora, il popolo si è espresso più volte in materia di protezione del clima e dell’ambiente. Con la legge sulla protezione del clima, adottata nel 2023, sono state fissate tappe fondamentali per raggiungere l’obiettivo emissioni nette zero entro il 2050. Dopo la bocciatura della precedente, nel 2021, anche la legge sul CO2 è stata rivista di recente. Inoltre, l’economia circolare è stata rafforzata. Per contro, il popolo non ha voluto saperne di ulteriori sforzi per in materia di biodiversità: lo scorso mese di settembre ha respinto un’iniziativa volta a rafforzarla.
L’iniziativa dei Giovani Verdi è partita decisamente male nei sondaggi pubblicati a dicembre. In quello di ‘20 Minuten’/Tamedia, il 63% degli interpellati ha detto di volerla respingere, contro un 34% di favorevoli. Nel sondaggio realizzato per conto della Ssr, una maggioranza del 49% degli intervistati si è detta contraria o piuttosto contraria. L’iniziativa è più apprezzata dalle donne che dagli uomini. Poiché in genere le iniziative popolari perdono slancio man mano che ci si avvicina alla votazione, tutto lascia pensare che il 9 febbraio la proposta dei giovani ecologisti verrà bocciata.
La campagna è in sordina, rispetto a quelle vissute lo scorso anno (13esima Avs, secondo pilastro, autostrade). I budget di favorevoli e contrari sono alquanto modesti, se paragonati con altre votazioni passate. L’importo totale previsto si aggira sui 680mila franchi. Tra gli oppositori, il Plr ne ha raccolto 450mila (290mila dei quali provengono da Economiesuisse). I sostenitori del testo possono contare su un budget di circa 234mila franchi, 175mila dei quali messi a disposizione dai Giovani Verdi. A titolo di paragone, nella campagna per l’iniziativa sulla biodiversità erano stati investiti 6,1 milioni di franchi.
Limiti del pianeta
I limiti superati i quali le risorse naturali della Terra, in determinati settori ambientali come il clima o la biodiversità, non sono più in grado di rigenerarsi. Il concetto è stato sviluppato da una comunità di ricercatori internazionali gravitante attorno a Johan Rockström e Will Steffen, pubblicato per la prima volta nel 2009 e da allora continuamente sviluppato. Nove i limiti individuati: cambiamento climatico, biodiversità, immissione di azoto e fosforo, utilizzo del suolo, apporto di sostanze nuove, utilizzo delle acque dolci, distruzione dell’ozono stratosferico, inquinamento atmosferico causato da particelle in sospensione e acidificazione di mari e oceani. La Svizzera supera questi limiti in particolare nei settori del clima, della biodiversità e dell’immissione di azoto.
Impatto ambientale dei consumi
Per rilevare l’impatto dei consumi di un Paese vengono calcolate le sue impronte ambientali, tenendo conto dei suoi consumi lungo tutta la catena di approvvigionamento. Le esportazioni non sono prese in considerazione in quanto si riferiscono alla domanda di altri Paesi. L’impatto di un Paese sui limiti del pianeta si misura sulla base del rapporto tra la sua popolazione e quella mondiale. L’Ufficio federale dell’ambiente e l’Ufficio federale di statistica calcolano le impronte ambientali delle emissioni di gas serra, dell’utilizzo di materiali, dello stress idrico, delle eccedenze di azoto, della pressione sulla biodiversità nonché dell’impatto ambientale totale.