Il Consiglio federale preferisce un accordo internazionale a una legge specifica per un aiuto più rapido e flessibile
Le misure di sostegno della Svizzera a favore dell'Ucraina verranno regolate tramite un trattato internazionale, come auspicato dal Consiglio federale, e non mediante una legge specifica.
Contrariamente al volere del Consiglio degli Stati, che ieri ha sostenuto l'idea di una base legale, il Nazionale ha rigettato oggi con 105 voti contro 74 (e 12 astensioni) la mozione delle due Commissioni della politica estera, che chiedevano all'esecutivo di presentare al Parlamento una legge che fungesse da fondamento giuridico per l'aiuto all'Ucraina.
Ma, per quanto riguarda la cooperazione con il Paese in guerra, il governo ha fin dal principio prediletto la forma del trattato internazionale, dopo che un anno fa ha dichiarato di voler sostenere Kiev con un importo complessivo di 5 miliardi di franchi entro il 2036.
La scelta ponderata dal Consiglio federale non ha convinto però tutti i deputati: "Un trattato internazionale è concepito per un periodo a lungo termine, mentre a una legge può essere conferita una durata di validità più limitata", ha spiegato Fabian Molina (PS/ZH).
Secondo il "ministro" dell'economia Guy Parmelin, una legge specifica non sarebbe però sufficiente, oltre che richiedere anni per essere elaborata. "Secondo una stima della Banca Mondiale, la ricostruzione dell'Ucraina potrebbe costare più di 500 miliardi di dollari nell'arco del prossimo decennio", ha ribadito il consigliere federale. "I fondi pubblici non bastano, per cui è necessario coinvolgere anche le imprese private", ha proseguito.
"Il presidente Zelensky ha sollecitato la Svizzera per rilanciare l'economia del suo Paese. E Kiev ha mostrato il proprio interesse a lavorare con aziende elvetiche specializzate, soprattutto nei settori dei trasporti e dell'energia, nonché nella ricostruzione di infrastrutture e delle reti idriche", ha evidenziato il vodese. I progetti evocati da Parmelin, e che coinvolgeranno maggiormente il settore privato, hanno lo scopo di ripristinare i servizi pubblici e permettere all'Ucraina di avvicinarsi agli standard europei, soprattutto in termini di sostenibilità e diritti sociali.
Secondo il consigliere federale "un trattato internazionale permette di tener conto in modo mirato delle esigenze di Kiev, che già conosce bene questo processo", avendo stipulato quest'anno un accordo simile con Parigi. Il "ministro" dell'economia si è detto fiducioso di un futuro - neppure troppo lontano agli occhi dell'esecutivo - partenariato, visti i recenti sviluppi, che secondo Parmelin lascerebbero intendere a un cessate il fuoco a breve se non a una tregua del conflitto con la Russia. "La situazione in Ucraina può cambiare rapidamente", ha detto.
Secondo il responsabile del Dipartimento federale dell'economia (DEFR), la via del trattato - rispetto alla legge - è senz'altro "la più rapida, efficace e flessibile". Se la Confederazione non si fa trovare pronta, "c'è il rischio che altri Paesi si assumano compiti in settori in cui le aziende svizzere hanno le migliori competenze".
Parmelin ha poi assicurato che il Parlamento sarà coinvolto "in maniera appropriata" e che l'esecutivo consulterà le commissioni preposte alla politica estera per quanto riguarda lo sviluppo del futuro trattato, il quale dovrà essere per forza sottoposto all'approvazione dell'Assemblea federale e sarà soggetto a referendum facoltativo.
Il Consiglio federale ha dunque colto nel segno: le argomentazioni del "ministro" hanno convinto non solo la destra, ma pure alcuni deputati del Centro e dei Verdi.