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Diritti umani, i primi passi di un organismo diverso dagli altri

Prende forma l’Istituzione nazionale (Isdu). Ne abbiamo parlato con Raphaela Cueni (presidente) e Stefan Schlegel (direttore)

28 febbraio 2024
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Signora Cueni, signor Schlegel, l’Istituzione svizzera per i diritti umani (Isdu) esiste da nove mesi: a che punto siete?

Cueni: Quando l’Isdu è stato fondato, non avevamo infrastruttura, né collaboratori, tantomeno una strategia. Siamo ancora occupati in buona parte con questi aspetti: preparare gli uffici [a Friburgo, ndr], realizzare il sito web [l’Isdu è da ieri ufficialmente online, ndr], abbozzare una strategia. Nel frattempo abbiamo allacciato contatti con i molti attori, pubblici e privati, che si occupano a vario titolo di diritti umani, in Svizzera e all’estero.

Schlegel: Siamo in una fase transitoria. Cominciamo a porre le basi della nostra strategia, individuiamo i primi dossier tematici. Cerchiamo di tessere una rete di contatti: con i Cantoni, i Comuni, l’Amministrazione federale, il Parlamento, le organizzazioni non governative (Ong). Il volto dell’Isdu prende forma. Abbiamo un mandato molto ampio e poche risorse: dovremo quindi agire in maniera mirata, definire delle priorità, ben pianificare le nostre attività.

Quali sono i “primi dossier tematici”?

Schlegel: Abbiamo ad esempio conferito un mandato per capire quali sfide si pongono a livello di attuazione, da parte della Svizzera, delle raccomandazioni riguardanti le convenzioni in materia di diritti umani del Consiglio d’Europa e dell’Onu. E stiamo prendendo parte a una consultazione riguardante il tema dei diritti dell’infanzia.

Il Consiglio federale ha parlato di un “momento storico”, di una “pietra miliare”. Perché lo è?

Schlegel: Ci sono voluti ben 23 anni, costellati di alti e bassi, perché l’istituzione vedesse la luce. In questo lasso di tempo, più di una volta qualcuno ha creduto che non saremmo mai arrivati a una. E poi l’Isdu è stata voluta dal Parlamento proprio perché possa svolgere un ruolo centrale nell’ambito dei diritti umani in Svizzera, e incidere sul modo in cui la Confederazione viene percepita all’estero.

La Svizzera arriva con notevole ritardo.

Cueni: Sì, è così. Abbiamo aderito all’Onu solo nel 2002. Ed è risaputo che da noi i processi politici di regola durano più a lungo. Questo ritardo però è al contempo un vantaggio: possiamo imparare dagli altri, ispirarci a chi ha già accumulato esperienza in questioni che interessano anche noi. Al momento siamo in stretto contatto con la nostra controparte tedesca e con organismi analoghi in altri Paesi. Lo scambio di informazioni [ad esempio in seno alla rete europea European Network of National Human Rights Institutions, di cui l’Isdu fa parte: ndr] è costante.

In Svizzera parecchie Ong si occupano di diritti umani. Non rischiate di pestarvi i piedi?

Cueni: È vero: gli attori in gioco, Ong e no, sono molti. I temi sono gli stessi, è inevitabile che le attività in parte si sovrappongano. L’importante è che ci si parli. E comunque i ruoli sono differenti. L’Isdu si caratterizza per il fatto di essere una istituzione statale, finanziata in primo luogo da Confederazione e Cantoni, benché sia del tutto indipendente per quanto riguarda le decisioni in merito alle priorità di lavoro e all’impiego delle risorse. Anche per questa ragione l’Isdu potrà assumere un ruolo di mediatore fra diversi organismi. Oppure potrà dare una mano alle autorità cantonali ad applicare una determinata disposizione che ha a che vedere con i diritti umani.

Schlegel: Questa funzione di ponte va sottolineata. Vedo poi un altro importante ruolo per l’Isdu, che non può essere quello di una Ong: ‘armonizzare’, ‘tradurre’ i discorsi sui diritti umani, a volte non coincidenti, che vengono fatti su diversi piani, sia in Svizzera che in svariati gremi internazionali.

I Principi di Parigi prevedono, tra le altre cose, “un ampio mandato per proteggere e promuovere tutti i diritti umani”. Questa condizione è soddisfatta nel caso dell’Isdu?

Schlegel: Sì. Questa è una caratteristica distintiva dell’Isdu, qualcosa che la rende diversa da quasi tutte le Ong e da altri attori del sistema.

Cueni: La legge ha affidato all’Isdu un vasto mandato, in linea con i Principi di Parigi. Il problema è che, con i mezzi di cui disponiamo, al momento l’Isdu di fatto non può adempiere completamente questo ampio mandato. Ma esistiamo solo da nove mesi [ride].

L’Isdu appunto non è una Ong, non è Amnesty International. Il Parlamento non le ha affidato il mandato di occuparsi di denunce individuali. Un handicap importante.

Cueni: È sicuramente una limitazione importante. Soprattutto a livello di percezione da parte del pubblico. Molte persone che sin qui non sapevano a chi rivolgersi, ora potrebbero dirsi: “Mi rivolgo all’Isdu”. A quel punto noi dovremo spiegare che non possiamo assumere il loro caso, presentare un ricorso. Ciò non significa che dovremo ignorare i singoli casi. Spesso questi rivelano un problema più o meno diffuso, che noi come Isdu potremo tematizzare.

Schlegel: Un accesso a bassa soglia a organismi che si occupano di diritti umani, senza che si arrivi ad adire le vie legali, colmerebbe una lacuna importante. Questo modello dell’‘ombudsman’ non ha mai davvero preso piede in Svizzera. Dal punto di vista della protezione dei diritti umani, è deplorevole che una simile lacuna continui a esistere.

Sottolineate spesso l’indipendenza dell’Isdu. Non c’è invece il rischio di essere visti – in quanto istituzione statale – come un organismo non indipendente, non imparziale e meno incisivo rispetto alle Ong?

Cueni: Non vedo alcun rischio inerente. Fondamentale, per un’istituzione come l’Isdu, è che vengano decise in maniera assolutamente indipendente le priorità di lavoro e l’impiego delle risorse. Questa indipendenza esiste. In teoria, non è impossibile che si vincoli in modo più o meno netto il versamento dei contributi alle attività dell’Isdu. Ma a quel punto avremmo un problema con la legge, che sancisce il finanziamento pubblico dell’istituzione e al contempo la sua piena autonomia nel scegliere su quali temi concentrarsi e come spendere i soldi. Credo che di questa ‘barriera’ siano tutti consapevoli.

“Partecipiamo al dibattito politico”, si legge sul sito web dell’Isdu. In che misura l’istituzione svolgerà un ruolo politico?

Schlegel: Quando si parla di diritti dell’uomo, è praticamente impossibile essere apolitici. Gli stessi diritti umani sono un programma politico esplicito. Quello che come Isdu non faremo è prendere posizione durante le campagne di votazione, formulare raccomandazioni di voto. Non è il nostro ruolo. Per contro, prenderemo parte alle procedure di consultazione e, più in generale, al processo legislativo: dapprima nella preparazione dei progetti a livello di amministrazione federale, cantonale o persino comunale; quindi durante la fase parlamentare. Potremo ad esempio fornire consulenza alle autorità, oppure creare – nelle fasi iniziali di questo processo – un forum dove far confluire le diverse opinioni in gioco. L’Isdu potrà inoltre lanciare dei temi di cui nessuno ancora parla, in modo che diventino oggetto di pubblico dibattito.

‘Istituzione svizzera per i diritti umani’: suona quasi pomposo. Non rischiate di suscitare aspettative eccessive?

Cueni: Avere aspettative elevate è una buona cosa, purché si sia consapevoli – e noi lo siamo – che non potranno essere tutte soddisfatte, o non potranno esserlo in un determinato lasso di tempo.

Il problema è che l’Isdu non potrà fare granché con poco più di un milione di franchi all’anno.

Cueni: Siamo al primo anno di vita, per il momento va bene così. In seguito però, per adempiere correttamente il mandato che ci è stato affidato, serviranno sicuramente risorse supplementari. Spetta anche a noi mostrare cosa possiamo fare, e spiegare cosa dovremmo ancora fare dal nostro punto di vista.

“Le nostre risorse aumenteranno”, si legge sul vostro sito. Su quale budget contate a medio termine?

Cueni: Sarebbe azzardato avanzare cifre, a questo stadio. Durante i lavori preparatori, alcune organizzazioni avevano calcolato un budget di circa 5 milioni di franchi. Ma sarebbe un grosso passo.

Schlegel: Il nostro budget è di 1,3 milioni di franchi l’anno, per quattro anni. Dobbiamo essere realistici: in questo arco temporale non aumenterà; e sarà difficile che in seguito venga moltiplicato per cinque. Il nostro compito sarà di mostrare cosa sappiamo fare, quale valore aggiunto porta con sé l’Isdu. Se sapremo convincere, non è escluso che prima o poi si possa crescere gradualmente.

Avete già definito priorità tematiche, per questi primi quattro anni?

Cueni/Schlegel: No.

Schlegel: Dovremo fissarle in modo radicale. Sarà doloroso, ma inevitabile visti i limitati mezzi a disposizione. Prima dei temi, ad ogni modo, è necessario definire la strategia. A questo stiamo lavorando.

I diritti umani “devono essere sviluppati dinamicamente in funzione degli sviluppi della società”, scrivete sul vostro sito. Di quali ‘nuovi’ diritti umani potreste occuparvi?

Schlegel: Più che di nuovi diritti umani, occorre sviluppare quelli esistenti, adattarli agli sviluppi della società, tecnologici, economici, ecologici e di altro tipo. L’esempio ‘classico’ è quello dei diritti Lgbtq+, frutto dei mutamenti intervenuti nella società negli ultimi decenni. Il sistema dei diritti umani – concepito verso la metà dello scorso secolo – non può non fornire una risposta a questa realtà recente.

Cueni: Un altro esempio: i diritti politici delle persone in situazione di handicap psichico o mentale. Fino a poco tempo fa le persone sottoposte a curatela generale erano escluse dai diritti politici, sia a livello federale che cantonale. Nel frattempo però ci sono stati sviluppi sul piano giuridico sul piano internazionale. Il canton Ginevra ha già legiferato in quest’ambito. Diversi altri Cantoni lo stanno facendo. E anche a livello federale le cose cambieranno. Fra cinquant’anni ci chiederemo, come abbiamo fatto col diritto di voto alle donne: ma com’è stato possibile che questo diritto non venisse riconosciuto?

Che cos’è

L’Istituzione svizzera per i diritti umani

È stata fondata a Berna il 23 maggio 2023, al termine di un lungo e piuttosto travagliato processo politico, durato oltre 20 anni. Il Parlamento ne ha approvato la costituzione nell’ottobre del 2021. L’Isdu è un organismo “politicamente, istituzionalmente e ideologicamente indipendente”. Ha il compito di contribuire a proteggere e promuovere i diritti umani in Svizzera, in collaborazione con le autorità federali, cantonali e comunali, con gli ambienti scientifici, la società civile (in particolare le organizzazioni di difesa dei diritti umani) e le cerchie economiche. Tra i suoi compiti figurano l’informazione, la documentazione, la ricerca, la consulenza, l’educazione, la sensibilizzazione e gli scambi internazionali. L’Isdu è un’associazione: conta un centinaio di membri fondatori, fra persone e istituzioni; ha sede a Friburgo, dispone al momento di un team di tre persone (per un grado d’occupazione complessivo del 170%) e di un budget di poco superiore al milione di franchi all’anno. Attualmente circa 120 Stati sono dotati di organismi simili, che si fondano sui Principi di Parigi adottati nel 1993 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite.

Chi sono

Raphaela Cueni

La presidente dell’Isdu Raphaela Cueni, classe 1988, è professoressa assistente di diritto amministrativo all’Università di San Gallo. Le sue attività di ricerca e insegnamento sono focalizzate sul diritto costituzionale svizzero e comparato, in particolare sui diritti umani e fondamentali e sul diritto dei media. Attualmente conduce un progetto di ricerca su questioni inerenti il principio di trasparenza nel diritto costituzionale svizzero. Ha studiato a Basilea, Ginevra e alla Columbia University a New York.


Raphaela Cueni

Stefan Schlegel

Il direttore dell’Isdu Stefan Schlegel, classe 1983, ha conseguito il dottorato nel 2017 all’Università di Berna con un lavoro sul diritto della migrazione. Sta lavorando a una tesi di abilitazione sull’estensione della protezione della garanzia della proprietà, nell’ambito di un progetto di ricerca sostenuto dal Fondo nazionale svizzero. Già membro del gruppo di giuristi di Amnesty International Svizzera e del comitato di Operazione libero, cofondatore di foraus (think tank sulla politica estera svizzera).


Stefan Schlegel

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