Svizzera

Pareri discordanti sulla riduzione del canone Ssr

Termina oggi la consultazione sulla controversa proposta del Consiglio federale di abbassare la tassa di ricezione da 335 a 300 franchi

Il ‘ministro’ delle Comunicazioni Albert Rösti (Udc)
(Keystone)
1 febbraio 2024
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Una coalizione formata da sinistra, sindacati, associazioni sportive, culturali e mediatiche e Città si oppone alla prevista riduzione del canone SSR e mette in guardia dalle drastiche conseguenze per il panorama mediatico svizzero e per il servizio pubblico. Il centro-destra, le PMI e l'industria della ristorazione invece ritengono i tagli non sufficienti.

Il Consiglio federale intende contrastare l'iniziativa di dimezzamento del canone SSR riducendo la tassa di ricezione per anno e per economia domestica dagli attuali 335 franchi a 300 franchi a partire dal 2029. Inoltre, 60’000 aziende potranno pagare meno. La consultazione sulla modifica dell'Ordinanza sulla radiotelevisione (ORTV) si è conclusa oggi.

La SSR stima che la riduzione del canone comporterà un calo delle entrate di circa 240 milioni di franchi e una riduzione di circa 900 posti di lavoro in tutte le regioni. La misura avrebbe un impatto anche sulla copertura dei grandi eventi sportivi e porterà a una riduzione del numero di serie e film svizzeri sostenuti e della diffusone di eventi culturali, scrive la SSR nella sua risposta alla consultazione.

Sport, informazione e cultura minacciati

Per Swiss Olympic i tagli sono una "minaccia per la copertura sportiva della SSR e quindi per lo sport svizzero nel suo complesso". La riduzione della copertura di eventi sportivi non avrebbe un impatto solo sugli appassionati di sport in televisione, alla radio od online. La perdita di visibilità mediatica per lo sport avrebbe conseguenze anche sulla promozione sportiva, sulle sponsorizzazioni e sulla coesione nazionale, afferma.

Per i sindacati dei media Syndicom e SSM, i tagli previsti metterebbero a repentaglio la qualità del servizio pubblico dei media. La Svizzera correrebbe il rischio di fornire alla popolazione un'offerta sempre più scarsa di giornalismo affidabile, critico e indipendente. Anche la produzione cinematografica e musicale svizzera e l'intero settore culturale ne risentirebbero.

Nella loro risposta, i media più piccoli e indipendenti, riuniti nell'associazione Medien mit Zukunft (VMZ), hanno avvertito che un eventuale indebolimento della SSR avrebbe "conseguenze drastiche per la Svizzera come centro mediatico, per il sistema politico e per la società". La SSR, infatti, garantisce a tutte le regioni linguistiche e periferiche della Svizzera l'accesso a un'informazione indipendente e di qualità.

I membri dell’Unione delle città svizzere nel processo di consultazione hanno "espressamente" rifiutato una riduzione dei canoni. Soprattutto nelle regioni meno popolate, la mancanza di copertura mediatica rischia di aumentare a seguito di una riduzione del canone. Le città più grandi hanno inoltre sottolineato l'importanza della SSR per il cinema svizzero, che rappresenta "una quota dell'economia culturale urbana da non sottovalutare".

Ambienti culturali chiedono chiarezza

Swisscopyright, l'associazione delle cinque società svizzere di gestione collettiva dei diritti d'autore come ProLitteris, Suisa e Suissimage, ha espresso profonda preoccupazione "per le tendenze allo smantellamento progressivo del servizio pubblico" e quindi per la riduzione o la messa in pericolo delle prestazioni degli artisti creativi in Svizzera.

Gli artisti svizzeri dipendono da una collaborazione sostanziale con la SSR. Se si volesse ridurre il canone, bisognerebbe prima discutere la definizione di servizio pubblico dei media. E nel farlo, si dovrà stabilire come la SSR dovrà adempiere al suo mandato nel settore della cultura.

Cinésuisse, l'organizzazione di categoria dell'industria cinematografica e audiovisiva, ha espresso la sua comprensione di principio per la volontà del Consiglio federale di ridurre l'onere per le famiglie e le imprese, ma vista "la difficile situazione finanziaria della SSR" si oppone alla riduzione del canone.

Come i sindacati, anche il PS e i Verdi criticano il Consiglio federale che con la sua proposta vuole "indebolire ulteriormente la Svizzera come centro mediatico nel bel mezzo della crisi dei media". La diversità dei media e l'alta qualità dell'informazione sono essenziali per una democrazia. A loro avviso, i tagli proposti avrebbero gravi conseguenze, non solo per la SSR ma per l'intero settore dei media. Inoltre, metterebbero a rischio numerose radio e televisioni locali in tutte le regioni linguistiche e le offerte per le minoranze.

Centro-destra per esenzione PMI

Il PLR riconosce il "ruolo importante" della SSR come fornitore di servizi pubblici, ma sostiene quella che definisce una "moderata riduzione" del canone che tiene conto del cambiamento nel consumo dei media. La SSR sarebbe ancora in grado di adempiere al suo mandato principale con le entrate ridotte. D'altro canto, il partito chiede che tutte le aziende siano esentate dal canone e che venga aumentata la quota di canone per le emittenti di programmi locali e regionali.

Anche Economiesuisse ritiene "corretta" la proposta, ma valuta che non si spinga abbastanza in là per le organizzazioni imprenditoriali e chiede che il canone per le aziende venga abolito. Anche una riduzione per le famiglie dovrebbe essere presa in considerazione. Della stessa opinione pure l’Unione svizzera arte e mestieri (USAM).

In un mondo sempre più esposto alle "fake news", è essenziale che gli svizzeri abbiano accesso a un'informazione di qualità, afferma l‘Alleanza del Centro. Nel contesto dell'iniziativa "200 franchi, sono sufficienti", il partito può accettare una riduzione del canone a 300 franchi. A suo avviso, è necessario soprattutto un dibattito aperto sul contenuto e sulla portata del mandato del servizio pubblico.

Per l’Associazione svizzera degli editori, la discussione non è incentrata sul livello del canone, ma sull'offerta online della SSR. Gli editori chiedono che la SSR limiti le attività online a tutti i livelli e si concentri maggiormente su offerte non commerciali come la cultura e gli sport marginali nella sua programmazione. L'eventuale riduzione del canone non dovrebbe indebolire la cooperazione esistente con i media privati e non dovrebbe andare a scapito dei fornitori di TV e radio regionali.

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