I Verdi, pur sconfitti alle Federali, attaccano un seggio del Plr con Gerhard Andrey. Il consigliere nazionale ecologista spiega perché
Gerhard Andrey, i Verdi hanno perso queste elezioni. Eppure vi sentite legittimati a rivendicare un seggio in Consiglio federale. Come si conciliano le due cose?
Al centro della nostra politica c’è la protezione dell’ambiente, una società equa, un’economia circolare sostenibile: sono le basi per una vita libera e sicura. Alla nostra generazione in questi ambiti è richiesto uno sforzo enorme. Per riuscire nella sfida della svolta energetica, climatica e ambientale, è necessario che tutte le principali forze politiche siano equamente rappresentate in Consiglio federale. Così si rafforza la concordanza, il nostro modello di successo svizzero, che porta a soluzioni condivise. La nostra candidatura è da intendere come un’offerta fatta all’Assemblea federale per più concordanza.
Si spieghi.
Il 22 ottobre abbiamo ottenuto il nostro secondo miglior risultato da sempre, finendo poco sotto il 10%. Inoltre, negli ultimi quattro anni abbiamo guadagnato seggi a livello cantonale e comunale. Sul piano aritmetico, il nostro diritto a un seggio in Consiglio federale è chiaramente dato. Il Plr invece è fortemente sovra-rappresentato. E per la seconda legislatura di fila conserva due seggi senza disporre di una base elettorale che li giustifichi.
I Verdi hanno dichiarato morta la ‘formula magica’. Ma la questione è politica, non aritmetica. E la storia dice che un partito deve confermare il proprio successo nell’arco di diverse elezioni, prima che le porte del Consiglio federale gli vengano aperte.
Vero. Ma non dimentichiamo che oggi siamo al livello in cui eravamo già nel 2007, ovvero quasi al 10% di forza elettorale. E siamo presenti a tutti i livelli istituzionali, anche al Consiglio degli Stati. Evidentemente, con un Consiglio federale a sette membri e la regola non scritta secondo cui non si estromette un ‘ministro’ in carica, non è facile garantire sempre la rappresentatività del Governo. Ma ogni tanto – anche questo dimostra la storia – serve una correzione. Se avverrà la prossima settimana o in un futuro più o meno prossimo, non lo so. Ma la correzione ci sarà: il Plr non riuscirà a mantenere il secondo seggio senza un’adeguata quota elettorale.
La storia dice anche che, per accedere al Consiglio federale, un partito deve prima dimostrare di avere una certa forza d’urto. In altre parole: dev’essere temuto, perché in grado di ‘destabilizzare’ il sistema con referendum e iniziative coronati da successo. Il che non è il caso per i Verdi.
Per me non è questo il punto. La vera questione è: facciamo davvero sul serio quando parliamo di concordanza? Per una parte importante delle elettrici e degli elettori di questo Paese, il clima e la biodiversità sono aspetti cruciali. Oggi questa importante fetta di elettorato non è adeguatamente rappresentata in Consiglio federale. Invece, finora sono rimasti ‘quantité negligeable’. Incutere timore? Francamente mi sembra un criterio ridicolo. Più importante è che si sia sufficientemente costruttivi per avere un posto in Governo. Nell’ultima legislatura, come Verdi, in Parlamento siamo riusciti a far passare numerosi miglioramenti per quanto riguarda ad esempio il rapporto tra lo sviluppo della produzione energetica a partire dalle fonti rinnovabili e la protezione dell’ambiente. Su altri versanti, personalmente ho tra l’altro portato avanti – con la collaborazione di tutte le ‘frazioni’ parlamentari – il dossier dell’identità elettronica; e con Kurt Fluri [ex consigliere nazionale del Plr, ndr] siamo riusciti a far passare al Nazionale una mozione sui fondi statali russi ‘congelati’ in Svizzera. A noi interessano le soluzioni costruttive, i risultati, non il timore che possiamo incutere.
Lei parla di ‘risultati’, sottolinea il grosso lavoro che la ‘frazione’ ecologista ha svolto a Palazzo federale nella passata legislatura. Il ‘suo’ presidente Balthasar Glättli però ha ripetuto più volte quest’anno che se ai Verdi non verranno spalancate le porte del Consiglio federale, il partito dovrà ricorrere più spesso agli strumenti della democrazia diretta, ossia referendum e iniziative. Opposizione, oppure lavoro parlamentare e responsabilità di Governo? Dove vede il suo partito in futuro?
Lo vedo chiaramente nella ricerca di soluzioni in Parlamento e nella partecipazione al Governo. Sono convinto che vi entreremo, adesso o tra qualche anno. Perché abbiamo la volontà e la capacità per governare. E perché in un contesto come questo, caratterizzato da molteplici crisi (ecologica, climatica, energetica, geopolitica), servono soluzioni ampiamente condivise. Il futuro dei Verdi lo vedo così: non su una linea di opposizione, ma in Governo, a fornire il loro contributo per consentire alla Svizzera di affrontare al meglio le sfide che la attendono.
I Verdi hanno un’anima ‘movimentista’; nel loro Dna hanno l’opposizione, piuttosto che il potere.
Il partito ha 40 anni: è ancora piuttosto giovane. Però se si guarda agli ultimi 10-15 anni – l’ho vissuto in prima persona nel mio cantone – ci siamo guadagnati una presenza capillare nelle istituzioni, assumendo responsabilità di rilievo nei parlamenti e negli esecutivi locali e cantonali. Intendiamoci: avere un’anima movimentista non è nulla di negativo, fa parte della nostra storia. E una certa diversità all’interno del partito – di ogni partito – può solo fare bene.
Sviluppo della produzione energetica a partire dalle rinnovabili, fotovoltaico alpino: su questi temi i Verdi nella passata legislatura hanno deluso non solo i giovani del movimento climatico, ma anche più o meno attempati difensori della natura e del paesaggio. Non avete esagerato con i compromessi?
Come gruppo parlamentare siamo riusciti a influenzare fortemente questi dossier. Grazie al nostro impegno in commissione, abbiamo ottenuto diversi miglioramenti. Vedo il bicchiere mezzo pieno, non mezzo vuoto. Dobbiamo essere realisti: le condizioni non sono ideali. Per quel che riguarda lo sviluppo delle rinnovabili, da decenni diciamo che bisognava fare quel che si sta facendo solo da pochi anni. Non ci si può addossare alcuna colpa in questo senso, anzi.
Dobbiamo però prestare attenzione ai luoghi in cui questi impianti possono essere realizzati, per evitare o quantomeno contenere i danni alla natura e al paesaggio. Sul fotovoltaico alpino siamo stati costruttivi, aperti al dialogo. Anche perché queste tecnologie – al termine del loro periodo di vita – sono relativamente facili da smantellare. Ciò non toglie che per noi essenziale nello sviluppo del fotovoltaico deve continuare a essere lo sfruttamento degli edifici e delle infrastrutture esistenti. Sarebbe un controsenso – non solo ecologico, anche economico – realizzare grandi impianti fotovoltaici in luoghi sprovvisti di infrastrutture, mentre il potenziale del ‘costruito’ viene sfruttato così poco. Senza dimenticare che la priorità, ancor prima dello sviluppo delle capacità produttive, dovrebbe essere il risparmio energetico: in Svizzera, infatti, continuiamo a sprecare un’enorme quantità di energia. Andrebbero poi ripensate molte cose per quanto riguarda l’utilizzo di quest’ultima. Ad esempio: che senso ha puntare a un’elettrificazione completa della mobilità privata, quando nelle aree urbane l’auto in generale non regge il confronto con i mezzi di trasporto pubblici, con le biciclette e la mobilità pedonale?
Il Nazionale in questa sessione tratta la nuova legge sul CO2. Una legge alquanto timida. Su questo importante dossier i Verdi faranno altre dolorose concessioni?
Anche su questo dossier faremo una ponderazione dei vantaggi e degli svantaggi: vale ancora la pena sostenerlo? Oppure sono state oltrepassate delle linee rosse? Su questo e su altri temi si tratta di vedere come si riuscirà a lavorare in Parlamento in questa legislatura. Il mondo evolve: perfino i democentristi e i liberali radicali oggi sono un po’ più ‘verdi’ di un tempo. Mi rendo conto di essere un incorreggibile ottimista. Comunque, se alla fine del processo parlamentare riterremo insoddisfacenti le decisioni prese, probabilmente ci saranno dei referendum. Ma adesso è troppo presto per dire quanti e quali. Una cosa è certa: se fossimo rappresentati in Consiglio federale, in Parlamento arriverebbero proposte governative più equilibrate, meno facilmente attaccabili con un referendum. In questo senso, un seggio ecologista in Governo avrebbe un effetto ‘preventivo’.
La ‘conferenza’ dei parlamentari affini all’agricoltura, che oggi [lunedì, ndr] ha ‘interrogato’ i candidati ufficiali del Ps, non l’ha invitata a un’audizione. Lo stesso hanno fatto i gruppi parlamentari dei partiti borghesi: Udc, Plr e Centro. Se ne rammarica?
Domani [ieri, ndr] vedrò i vertici dell’Udc. Posso capire che il Plr non mi abbia convocato [i Verdi hanno dichiarato di voler attaccare solo un seggio liberale radicale il 13 dicembre, ndr], anche se al loro posto avrei voluto sapere chi avrò di fronte. Ho una certa comprensione pure per il mancato invito da parte dell’Alleanza del Centro [il cui presidente Gerhard Pfister continua a ripetere che il suo partito è contrario alla non rielezione di un consigliere federale in carica, ndr]. Detto questo, anche i partiti al potere devono fornire la prova che meritano di essere dove sono: se non sono in grado di fornirla – come nel caso del Plr – allora perdono legittimità.
Quattro anni fa, dopo il successo dei Verdi alle elezioni, Regula Rytz – allora presidente dei Verdi – si candidò per il Consiglio federale: all’Assemblea federale ottenne 82 voti. Perché lei, dopo lo schiaffo subito dal suo partito alle elezioni dello scorso 22 ottobre, dovrebbe fare meglio?
Finora avevo percepito soprattutto la volontà di mantenere lo status quo. Ma da giorni sui media circolano diversi scenari. Vedremo. Per me una sola cifra conta: 124, la maggioranza assoluta. Qualsiasi altra la commento volentieri quando la vedrò.
Alcuni media la indicano come possibile ‘Sprengkandidat’, come candidato di battaglia lanciato dai partiti borghesi all’assalto di un seggio del Ps. Lei ha dichiarato che, se dovesse venire eletto in questo modo, si prenderebbe un ‘tempo di riflessione’. ‘Il candidato dei Verdi mette in allarme il Ps’, ha poi titolato il ‘Tages-Anzeiger’. Oggi è in grado di rassicurare i ‘cugini’ socialisti?
L’ho già detto in modo molto chiaro: per questi turni [quelli riguardanti i due seggi del Ps, ndr] non sono a disposizione.
Questo non significa che non possa venire eletto. Cosa farebbe nel caso in cui un tale scenario dovesse concretizzarsi?
Risponderò volentieri a questa domanda se e quando si porrà, non a seguito di speculazioni su uno scenario del tutto ipotetico. Lo ripeto: non siamo a disposizione per questi turni. Anche perché non ha alcun senso per noi attaccare il secondo seggio del Ps, che ha tutta un’altra legittimità elettorale rispetto al secondo seggio del Plr.
L’IMPRENDITORE VERDE
Gerhard Andrey siede in Consiglio nazionale dal 2019. Mai prima di allora un ecologista era stato eletto alla Camera del popolo nel canton Friburgo. Il 47enne è stato dal 2016 al 2020 vicepresidente dei Verdi svizzeri. È nato nel distretto tedescofono della Sense, ma vive nella parte francofona del cantone, a Granges-Paccot. Cresciuto in una famiglia di agricoltori, è sposato e padre di due figli. Si è formato come falegname e ingegnere del legno. Poi è diventato imprenditore nel settore It (tecnologie dell’informazione). Nel 2007 ha fondato l’azienda Liip, attiva nello sviluppo di software per il web, che oggi impiega oltre 200 persone in sei sedi in tutta la Svizzera. Inoltre ha cofondato e presiede ‘La Gustav’, un’istituzione che forma giovani musicisti affinché possano creare e divulgare la propria musica.