Tra i 22 soggetti colpiti, fra società e individui, ci sono anche due aziende turche, una slovacca e una di Dubai
Il governo britannico di Rishi Sunak ha annunciato nuove sanzioni contro l'asserita fornitura di componenti per uso militare alla Russia, nell'ambito di un'iniziativa definita dal ministro degli Esteri, James Cleverly, "senza precedenti" nei confronti della macchina bellica "di Vladimir Putin".
Lo riporta il Foreign Office in una nota precisando che le misure riguardano altri 22 soggetti fra società e individui, comprese due aziende turche, una svizzera e una di Dubai (Emirati Arabi Uniti). Rafforzate inoltre le sanzioni contro Iran e Bielorussia, sotto tiro da tempo per la cooperazione militare con Mosca.
È la prima volta che Londra prende di mira – in funzione antirussa e sullo sfondo della guerra in Ucraina – aziende basate in Paesi alleati in seno alla Nato (due in Turchia e una in Slovacchia), o comunque amici come la Svizzera e gli Emirati.
Oltre ai 22 soggetti di Paesi terzi inseriti in questo ennesimo pacchetto di sanzioni, la lista aggiuntiva odierna comprende tre società specializzate in elettronica con sede in Russia. Vi sono poi nuovi provvedimenti contro produttori iraniani di droni ritenuti legati al corpo della Guardia Islamica Rivoluzionaria iraniana (i cosiddetti pasdaran, già ampiamente sanzionati da Regno Unito, Usa e Ue), nonché contro ulteriori soggetti del complesso militar-industriale bielorusso.
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Armi da guerra durante la parata per il Giorno della Vittoria a Mosca
L'elenco comprende due aziende turche che si occupano di esportazioni nel settore della microelettronica e una con base a Dubai che produce tecnologia per droni (anche civili). Secondo il Foreign Office, si tratta di bersagli "strategici" sul fronte "delle forniture e degli aiuti alla macchina da guerra di Putin a sostegno dell'invasione illegale dell'Ucraina".
"Le cruciali sanzioni di oggi ridurranno ulteriormente – ha dichiarato Cleverly, commentando l'annuncio – il potenziale dell'arsenale della Russia" e mirano a restringere "la rete della catena di rifornimenti diretti alla già affannata industria della difesa di Putin". "Non c'è luogo – ha quindi sentenziato il ministro in relazione al coinvolgimento di Paesi terzi – in cui chi sostiene la macchina militare russa possa nascondersi" dalle ritorsioni.